Annullabile atto di accertamento emesso senza previa instaurazione di contraddittorio con il contribuente

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza n. 19667 del 18 settembre 2014, hanno definitivamente sancito l’operatività del principio del contraddittorio endoprocedimentale nei confronti dei procedimenti posti in essere dall’amministrazione finanziaria.

Tale sentenza statuisce infatti che la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una “decisione partecipata” mediante la promozione del contraddittorio (che sostanzia il principio di leale collaborazione) tra amministrazione e contribuente (anche) nella “fase precontenziosa” o “endoprocedimentale”, al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell’obbligo di comunicazione degli atti imponibili.

Ciò in quanto “il diritto al contraddittorio, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall’art. 24 Cost., e il buon andamento dell’amministrazione, presidiato dall’art. 97 Cost.“.

Conseguentemente, l’atto di accertamento emesso senza la previa instaurazione di un contraddittorio con il contribuente, è un provvedimento illegittimo e, in quanto tale, merita di essere annullato.

Val la pena ricordare che il principio dell’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale si ricava, innanzitutto, dall’art. 10, comma 1 dello Statuto del contribuente, dove è stabilito che “i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e buona fede”.

Tale previsione costituisce espressione del principio costituzionale di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione sancito all’art. 97, la cui ratio fondante è ravvisabile, da un lato, nella tutela dell’interesse dei destinatari dell’atto a partecipare attivamente al procedimento, dall’altro, nella tutela dell’interesse pubblico a porre in essere un “buon procedimento” che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti per la fattispecie, così da consentire all’amministrazione procedente di effettuare una compiuta valutazione giuridico-fattuale.

Proprio alla luce delle predette disposizioni, la Giurisprudenza di legittimità ha affermato più volte che “il contraddittorio deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile (anche in assenza di un’espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa” (così, ex multis, CASS. SS.UU., 18 dicembre 2009, n. 26635).

E ciò anche (e soprattutto) con specifico riferimento alla materia tributaria, dove il contraddittorio procedimentale è diretto “non solo a garantire il contribuente, ma anche ad assicurare il migliore esercizio della potestà impositiva, il quale, nell’interesse anche dell’ente impositore, risulterà tanto più efficace, quanto più si rivelerà conformato ed adeguato – proprio in virtù del dialogo tra le parti, ove reso possibile – alla situazione del contribuente, con evidenti riflessi positivi anche in termini di deflazione del contenzioso (se non, ancor prima, nel senso di indurre l’amministrazione ad astenersi da pretese tributarie ritenute alfine infondate)” (CASS. SS.UU., 29 luglio 2013, n. 18184).

Tutto quanto sopra affermato trova il pieno conforto della Corte di Giustizia, secondo la quale “il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione di cui il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento costituisce parte integrante […]. In forza di tale principio, che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione.” (sentenza del 3 luglio 2014 cause riunite C-129/13 e C-130/13, dove si ribadisce quanto già affermato nella nota pronuncia “Sopropè” del 18 dicembre 2008, in causa C-349/07).

(Cass. Civ. SS. UU., 18 settembre 2014, n.  19667)

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