Allontanamento dei minori dalla famiglia e affidamento ai servizi sociali: se ingiustificato, il Comune deve risarcire

Con la sentenza n. 20928 del 16 ottobre 2015, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha riconosciuto la responsabilità del Comune e il conseguente obbligo di risarcimento del danno ai genitori, nel caso in cui provveda ingiustificatamente ad allontanare i minori dalla casa familiare, affidandoli ai servizi sociali.

Nel caso di specie, due genitori avevano convenuto in giudizio il Comune per vederlo condannato al risarcimento dei danni ex art. 2049 c.c., in relazione al comportamento illecito degli addetti ai servizi sociali i quali, basandosi solamente sulle dichiarazioni di una maestra d’asilo riguardo alla presunta esistenza di molestie sessuali da parte del padre sulla figlia, avevano ottenuto dal Sindaco un provvedimento di allontanamento della minore dalla casa familiare e di affidamento ai servizi sociali. Ebbene, a seguito di indagini più approfondite sulla minore, nel periodo di allontanamento, si prendeva atto dell’infondatezza delle accuse: non vi erano infatti elementi compatibili con la possibile sussistenza di molestie sessuali nè contenuti atti a far ipotizzare disturbi della personalità o altri aspetti patologici.

La Corte di Cassazione ha in primo luogo evidenziato l’imperizia degli operatori dei servizi sociali e la loro evidente carenza di professionalità: avevano infatti omesso di condurre una rigida e attenta verifica della segnalazione pervenuta da un soggetto privo di competenza in materia che, peraltro, nell’aver condotto per almeno sei mesi una personale e assai discutibile istruttoria sull’ipotesi di molestie sessuali alla minore – senza coinvolgere nè i genitori nè l’autorità deputata alla repressione di tali reati – aveva mostrato un comportamento del tutto inaccettabile, “violando sia i doveri connessi alla funzione educativa che l’obbligo giuridico in capo ai pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, di denunciare reati dei quali siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni“.

Sul punto, la Suprema Corte ha inoltre chiarito che il Sindaco, ai sensi dell’art. 403 c.c., ha effettivamente potere di intervenire direttamente sull’ambiente familiare “nei casi di abbandono morale e materiale ed in genere per situazioni di disagio minorile che siano palesi, evidenti o comunque di agevole e indiscutibile accertamento, al fine di adottare in via immediata i provvedimenti di tutela necessari“. Tuttavia, non sussiste alcun potere di indagine e di istruttoria sul singolo caso in capo all’autorità amministrativa, soprattutto in relazione a vicende delicate e complesse come quella in questione. Invero, in tali circostanze, l’ente amministrativo dovrà rivolgersi urgentemente alle istituzioni competenti in materia, quali il Tribunale dei Minori o il P.M.

Ne consegue, dunque, che il personale del Comune è incorso da un lato in imperizia nel gestire la vicenda, per aver fatto affidamento sui sospetti di persona priva di competenza, anzichè percepire la delicatezza della situazione e la necessità di procedere ad ulteriori ed approfondite indagini da parte degli organi giudiziari competenti, e dall’altro in negligenza e incuria, per aver sollecitato, sulla scorta delle suddette fragili basi, un provvedimento grave e traumatico come l’allontanamento della minore dalla famiglia per vari mesi. Un comportamento colposo che giustifica pienamente la richiesta di risarcimento del danno avanzata dai ricorrenti.

In conclusione, la Corte di legittimità ha inoltre rilevato che, con riferimento al risarcimento dei danni non patrimoniali, il danno morale, pur costituendo pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è compreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente con ricorso alle tabelle del Tribunale di Milano, ritenute preferibilmente applicabili su tutto il territorio nazionale al fine di evitare eccessive disparità di trattamento e di garantire un certo grado di certezza e prevedibilità delle decisioni.

(Corte di Cassazione, sez. III civile, sentenza n. 20928 del 16 ottobre 2015)

2 COMMENTI

  1. Quanto tempo si ha per fare questa richiesta dalla data dell’ allontanamento precisando che durò 2 mesi ma che continuò l’ affido ai servizi in vigilanza?

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