Sono state depositate ieri, 9 novembre 2015, le sentenze della Corte di Cassazione n. 22800, 22803 e 22810 con le quali è stata affrontata la questione degli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale n. 37 del 2015 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, con il quale era stato consentito il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito dell’amministrazione finanziaria senza il previo esperimento di un pubblico concorso.
A seguito di tale declaratoria dei Giudici delle leggi, molti contribuenti hanno dedotto in giudizio la nullità degli avvisi di accertamento sottoscritti da dirigenti o da altri impiegati della carriera direttiva delegati dal direttore provinciale delle Entrate per violazione dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Con le sentenze in commento, tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato i motivi di impugnazione dei contribuenti e confermato la validità degli atti firmati dai dirigenti dell’Agenzia delle Entrate decaduti a seguito della predetta sentenza della Corte costituzionale, enunciando i seguenti principi di diritto.
In prima battuta, ha stabilito che l’esame di tale doglianza è precluso nel giudizio di legittimità trattandosi di eccezione nuova: per le ipotesi di nullità dell’atto tributario opera, infatti, il principio generale di conversione in mezzi di gravame. Le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, non sono rilevabili d’ufficio, né possono essere fatte valere per la prima volta nel giudizio di cassazione.
E’ stato poi chiarito che, l’espressione “impiegato della carriera direttiva” cui fa riferimento l’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973, non equivale a “dirigente” ma richiede un quid minus. Secondo la Cassazione, infatti, in esito alle evoluzioni normative e contrattuali succedutesi dal 1973 in poi, l’“impiegato della carriera direttiva corrisponderebbe oggi al funzionario della terza area”, che avrebbe assorbito la “vecchia” nona qualifica funzionale.
Infine, è stato statuito che, poiché la materia tributaria è governata dal principio di tassatività delle cause di nullità degli atti fiscali e non occorrendo, ai meri fini della validità di tali atti, che i funzionari (delegati o deleganti) possiedano qualifiche dirigenziali, ne consegue che “la sorte degli atti impositivi formati anteriormente alla sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale, sottoscritti da soggetti al momento rivestenti funzioni di capo dell’ufficio, ovvero da funzionari della carriera direttiva appositamente delegati, e dunque da soggetti idonei ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973, non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della censurata disposizione di cui art. 8, 24° comma, del d.l. n. 16 del 2012”.
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