La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 12.09.2018 n. 22219, statuisce che, in materia di affido condiviso, il giudice può stabilire modalità e tempi di frequentazione limitati, nell’esclusivo superiore interesse del minore.
Il caso in esame
Una coppia si separava in maniera conflittuale ed il marito domandava l’addebito della separazione ed il risarcimento del danno patito.
Il Tribunale di Roma respingeva entrambe le domande e disponeva circa l’affidamento della figlia minore, mantenendo l’affido condiviso tra i genitori con collocamento prevalente presso la mamma.
I giudici di secondo grado confermavano i provvedimenti del Tribunale, limitando le visite paterne ad un solo giorno settimanale.
L’uomo ritenendo violato l’art. 337 ter c.c. e l’omessa o insufficiente motivazione da parte dei giudici della Corte di Appello ricorreva dunque in Cassazione.
Secondo la difesa dell’uomo, la Corte territoriale avrebbe disposto un affidamento esclusivo, ledendo così il diritto della bambina di ricevere cure, educazione e istruzione con paritaria presenza di entrambi i genitori.
La decisione della Corte
Secondo la Suprema Corte il minore può essere collocato presso uno dei genitori e può essere stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore (Cass. Civ. n. 18131/2013).
La Corte di appello, nel caso di specie, non ha violato l’art. 337 ter c.c. secondo cui “il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Vista l’elevata conflittualità tra i genitori, i giudici hanno infatti ritenuto di stabilire in maniera rigida tempi e modi di frequentazione tra padre e figlia per evitare che la bambina fosse costretta ad assistere ai continui conflitti.
Ed ancora, il giudice di merito può disporre, nell’esclusivo interesse del minore, differenti modalità di frequentazione con l’altro genitore, con riguardo al caso concreto, così come specificato dal II comma della norma in questione.
La Suprema Corte conferma dunque l’orientamento secondo cui l’affido condiviso non equivale ad affido paritario.
In particolare, nel caso in questione, la bambina appariva in buone condizioni, per cui il regime specifico di visita con l’altro costituisce il regime ordinario di affidamento poiché non pregiudizievole per l’interesse della figlia minore.
“La Corte di appello, nel caso di specie, non ha violato l’art. 337 ter c.c. secondo cui “il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Vista l’elevata conflittualità tra i genitori, i giudici hanno infatti ritenuto di stabilire in maniera rigida tempi e modi di frequentazione tra padre e figlia per evitare che la bambina fosse costretta ad assistere ai continui conflitti.”.
Non esiste neanche nella legge passata (54/2006) alcun riferimento ad una collocazione prevalente dei figli nella casa di un genitore. Nè riferimenti ai conflitti tra genitori che dopo che si separano non vivono più assieme.
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E’ tutto una invenzione del magistrato.