Adozione e genitore d’intenzione: il no della madre biologica è davvero insuperabile?

La sentenza n. 16242 del 17 giugno 2025 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione) apre un ulteriore spiraglio verso una lettura più concreta e meno formale del concetto di genitorialità, specialmente in quei contesti in cui la famiglia si allontana dai pattern tradizionali. Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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PMA e crisi di coppia

La vicenda origina da una relazione sentimentale tra due donne che decidono di diventare madri in virtù della procreazione medicalmente assistita (PMA) effettuata all’estero. A seguito della nascita del bambino, però, la coppia si separa e i rapporti si deteriorano fino a diventare altamente conflittuali.

Nonostante la distanza e l’interruzione dei contatti per circa due anni, la madre non biologica, la quale comunque aveva condiviso il progetto genitoriale sin dall’inizio, chiede di poter adottare il bambino ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184/1983. L’istanza è stata inizialmente rigettata dal Tribunale per i Minorenni di Roma e in seguito dalla Corte d’Appello, che hanno considerato il dissenso espresso dalla madre biologica come ostativo all’adozione.

La stessa vicenda era già stata oggetto di un primo intervento della Corte di cassazione che, con ordinanza dell’agosto 2023, aveva cassato la sentenza d’appello del 2022 e rinviato il giudizio alla stessa Corte territoriale. In quella pronuncia, la Cassazione aveva sentenziato, in linea con le Sezioni Unite (sentenza n. 38162/2022), il diritto del minore al riconoscimento giuridico dei legami affettivi costruiti con il genitore d’intenzione, anche in presenza di un dissenso del genitore biologico non conforme all’interesse del minore.

Nel giudizio di rinvio, la Corte territoriale aveva accolto l’appello dell’aspirante adottante, riconoscendo l’effettività e la stabilità della relazione affettiva col minore, quindi disponendo l’adozione ex art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184/1983.

Il secondo intervento di legittimità

Contro questa nuova decisione la madre biologica proponeva di nuovo ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, questa volta con la sentenza in disamina, ha confermato l’impostazione della Corte territoriale, evidenziando che l’interesse del minore rappresenta il criterio dirimente. In dettaglio, ha ribadito che il dissenso della madre legale può essere superato laddove non sia motivato da ragioni connesse al benessere del minore e che la discontinuità nei rapporti, se dovuta a comportamenti ostativi della stessa madre biologica, non può pregiudicare la valutazione positiva del legame instaurato col genitore d’intenzione.

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Quando la legge incontra la realtà affettiva

La Suprema Corte è partita dal principio, ormai consolidato dalla giurisprudenza, come nella storica sentenza n. 38162/2022 delle Sezioni Unite, che l’interesse superiore del minore può fondare un rapporto di filiazione giuridica, pure in assenza di legami biologici. È sufficiente che vi sia un rapporto affettivo effettivo e stabile, costruito nel tempo con continuità e cura, anche se la relazione con il genitore intenzionale si è interrotta per ragioni non imputabili a quest’ultimo.

Non sono dunque i calendari né il numero dei giorni di frequentazione a stabilire la bontà di un legame genitoriale, ma la qualità profonda di quella relazione, misurata tramite l’empatia, la capacità di cura e la percezione che il minore ha della figura in questione. Nella fattispecie concreta, i giudici rimarcano come il rapporto tra il minore e la madre intenzionale sia riemerso con forza ed evidenza alla prima occasione utile, dopo la riattivazione dei contatti: un elemento che, secondo la Corte, comprova la solidità del legame preesistente.

E se c’è conflitto tra i genitori?

Uno degli argomenti focus del ricorso afferisce alla conflittualità tra le due madri e la mancanza di una convivenza stabile. La Cassazione replica in modo chiaro: il diritto del bambino a mantenere rapporti significativi con ambedue le figure genitoriali prevale sulla necessità di una famiglia unita e armoniosa. In presenza di una relazione autentica e rispondente ai bisogni evolutivi del minore, l’adozione rimane possibile anche in situazioni familiari segnate dalla disgregazione.

Una decisione che fa scuola

La Cassazione ha in tal modo convalidato la legittimità dell’adozione disposta dalla Corte d’Appello di Roma, ritenendo infondati i rilievi della madre biologica. Non solo, ha anzi ribadito che, in mancanza di evidenti profili di pretestuosità, non sussistono i presupposti per la condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Pertanto, in tema di adozione in casi particolari ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184/1983, il dissenso del genitore biologico all’adozione da parte del genitore d’intenzione non costituisce un limite assoluto, bensì deve essere valutato esclusivamente in relazione alla conformità all’interesse superiore del minore.

I requisiti di effettività e stabilità del legame affettivo non possono essere intesi in senso meramente cronologico o quantitativo, ma alla luce della qualità della relazione instaurata e della percezione soggettiva del minore. L’eventuale interruzione dei rapporti, se non imputabile al genitore sociale, non preclude l’adozione.

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