Con la sentenza n. 11890 del 9 giugno 2015, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito, in tema di diritto minorile, quali sono le condizioni per far venir meno lo stato di abbandono del minore dichiarato ai sensi dell’art. 8 L. n. 184/1983 e qual è il rilievo processuale delle dichiarazioni del minore in sede di audizione.
Nel caso di specie, il Tribunale per i Minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilità di un minore, in conseguenza della ritenuta sussistenza di una situazione di abbandono del medesimo, ex L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 15. La decisione veniva impugnata dai genitori, nonchè dalla zia materna e la Corte d’Appello, ritenendo che quest’ultima, parente entro il quarto grado, aveva mantenuto significativi rapporti con il minore e manifestato la propria disponibilità ad accogliere il nipote ed a prendersi cura di lui, escludeva la situazione di abbandono del medesimo, ai fini della dichiarazione di adottabilità ex art. 8, comma 1, della citata legge. Avverso tale provvedimento, il tutore del minore ricorreva in Cassazione.
La Suprema Corte ha, in primo luogo, rilevato che il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine (art. 315 bis c.c., comma 2) comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità “sia praticabile solo come “soluzione estrema”, quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato con l’esigenza dell’acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l’esigenza del minore stesso“. Peraltro, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e dei parenti, qualora la vita da loro offerta al minore risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8, e la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio (cfr. Cass. 11758/2014; 881/2015).
In particolare, a parere della Corte di legittimità, lo stato di abbandono non viene meno per il solo fatto che al minore siano prestate le cure materiali essenziali da parte di genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, risultando necessario, in tal caso, accertare che l’ambiente domestico sia in grado di garantire al medesimo un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità, senza che la valutazione di idoneità dei medesimi parenti alla sua assistenza possa prescindere dalla considerazione della loro pregressa condotta. L’art. 12 L. n. 184 del 1983, richiede infatti espressamente il mantenimento di “rapporti significativi” con il minore.
Ne consegue, sotto tale profilo, che non è, pertanto, sufficiente la mera dichiarazione di disponibilità proveniente da un parente (nella specie, la zia materna) di tenere con sè il minore in sostituzione dei genitori, essendo altresì necessaria, ai fini dell’adozione, la comprovata esistenza di pregressi e significativi rapporti con il medesimo (Cass. 16280/2014). Ebbene la sentenza impugnata si è limitata, invero, ad affermare che i rapporti tra la predetta zia ed il minore dovrebbero considerarsi significativi “per riflesso”, ossia per una sorta di automatismo o di proprietà transitiva, desumendo tale circostanza dall’ottimo rapporto esistente tra la zia in questione ed il fratello del minore. Manca tuttavia l’indicazione degli altri elementi che la Corte abbia ritenuto sussistenti, in concreto, e con riferimento diretto al minore, tali da provare una significativa relazione affettiva tra quest’ultimo e la zia.
La Corte territoriale avrebbe inoltre omesso di tenere in considerazione l’opinione espressa dal minore, contrario all’affidamento alla zia in questione. Sul punto, la Cassazione ha ricordato che l’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25.1.1996, nonchè degli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies c.c..
Ne consegue che – anche in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità – l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce “una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano”, nonchè elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse. Con l’ulteriore conseguenza che, una volta disposta tale audizione anche in grado di appello, il giudice del gravame non può prescindere dal tenere conto delle relative risultanze (vedi Cass. 19202/2014).
(Corte di Cassazione, I sez. civile, sentenza n. 11890 del 9 giugno 2015)