SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il caso – 3. Sull’accettazione beneficiata e sulla redazione dell’inventario: disciplina generale – 4. Sull’accettazione dell’eredità da parte del minore – 5. La decisione della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 29665 del 16.11.2018).
1. Premessa
Con una recente Ordinanza pubblicata in data 16.11.2018, la Corte di Cassazione è intervenuta, come a più riprese negli ultimi anni, su un argomento molto delicato, al fine di chiarire gli effetti giuridici che si realizzano nell’ipotesi in cui il genitore esercente la potestà sul figlio minore accetti l’eredità per esso, ma non rediga l’inventario e quest’ultimo non venga redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.
La Corte ha stabilito che “qualora il genitore esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore, chiamato all’eredità, faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c. da cui deriva l’acquisto da parte del minore della qualità di erede, ma non compia l’inventario, necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilità, e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, l’eredità resta acquisita da quest’ultimo, che però è considerato erede puro e semplice, mentre il mancato perfezionamento della procedura di accettazione beneficiata mantiene il minore nella qualità di chiamato, sicché una volta divenuto maggiorenne, potrà valutare se conservare o meno il beneficio ovvero rinunciare all’eredità” (Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, Ordinanza del 16/11/2018 n. 29665 – Presidente V. Correnti).
2. Il caso in esame
Il casus decisus su cui verte la decisione della Suprema Corte prende spunto dalla seguente vicenda: a seguito del decesso di D.B.F., succedevano ex lege il figlio minore D.B.A.A. e il coniuge C.C.M. Quest’ultima accettava, per conto del minore, l’eredità paterna con beneficio di inventario, redigendo l’inventario oltre il termine previsto dall’art. 485 c.c.. Raggiunta la maggiore età, il figlio D.B.A.A. rinunciava all’eredità ex art. 519 c.c..
C.C.M., nelle more, aveva continuato a gestire, dopo la scomparsa del marito, l’impresa di quest’ultimo fino alla crisi che aveva interessato l’azienda e che si era conclusa con l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, nell’ambito della quale il complesso immobiliare, comprendente anche il capannone industriale – parte dell’asse ereditario – veniva acquisito da P.M.S.
Con atto di citazione del 21/03/2007 D.B.A.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trani P.M.S., per sentire accertare il suo diritto di proprietà sulla metà del complesso immobiliare e condannare la convenuta al rendiconto dei frutti medio tempore percepiti. L’attore deduceva che, ferma restando l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario compiuta dal genitore esercente la potestà, la successiva rinuncia intervenuta al raggiungimento della maggiore età era da considerarsi inefficace.
Il Giudice di prime cure condivideva la prospettazione dell’attore sull’inefficacia della rinuncia all’eredità, ma riconosceva la proprietà esclusiva del bene in capo a P.S.M. in virtù di usucapione decennale abbreviata, avendo la stessa posseduto il bene in buona fede e sulla base di un titolo astrattamente idoneo al trasferimento.
Avverso tale sentenza D.B.A.A. proponeva appello dinanzi alla Corte d’appello di Bari, ad avviso della quale la rinuncia all’eredità, fatta da D.B.A.A. appena maggiorenne, non doveva ritenersi inefficace in quanto “il minore può accettare l’eredità soltanto con beneficio di inventario, con la conseguenza che al raggiungimento della maggiore età può alternativamente procedere alla redazione dell’inventario entro un anno, ovvero non provvedervi – in tal caso decade dal beneficio e diventa erede puro e semplice – ovvero rinunciare all’eredità”.
Alla luce di quanto sopra, nel caso di specie, i giudici di appello ritenevano pienamente efficace la rinuncia ex art. 519 c.c., legittimando di conseguenza anche l’acquisto del complesso immobiliare da parte di P.S.M. – non più per usucapione abbreviata – in virtù dell’accrescimento della quota ereditaria di C.C.M. che aveva provveduto al trasferimento del bene a favore di P.S.M. quale unica erede.
3. Sull’accettazione beneficiata e sulla redazione dell’inventario: disciplina generale.
Il nostro ordinamento giuridico prevede, quale principio di carattere generale, la possibilità per il chiamato di accettare l’eredità puramente e semplicemente o con il beneficio di inventario (art. 470, 1° comma c.c.). La ratio dell’accettazione beneficiata è da ricercare nella volontà da parte del legislatore di garantire una continuità nei rapporti giuridici, anche nel caso di eredità gravata da debiti, e di evitare, dunque, che la procedura di liquidazione sia demandata allo Stato[1].
L’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario: essa è una fattispecie a formazione progressiva, di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti previsti dall’art. 484 c.c. (accettazione dell’eredità e redazione dell’inventario). La prevista indifferenza della successione cronologica di tali adempimenti, unita alla comune definizione per entrambi di elementi necessari e alla mancanza di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l’attribuzione all’uno dell’autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo venir meno in caso di difetto dell’altro[2].
Ne deriva che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra in universum ius defuncti, compresi i debiti del de cuius, d’altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires, che è condizionata alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, in mancanza del quale l’accettante è considerato erede puro e semplice. Quest’ultimo aspetto si verifica non perché l’accettante perde il beneficio ex post, bensì perché egli non l’ha mai conseguito. Infatti, le norme che impongono il compimento dell’inventario in determinati termini non ricollegano mai all’inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza, ma sanciscono sempre come conseguenza che l’erede viene considerato accettante puro e semplice[3].
L’accettazione con beneficio di inventario è sempre una accettazione espressa, ricevuta dal notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione[4]. Essa deve essere inserita nel registro delle successioni conservato presso il medesimo Tribunale, a cura del cancelliere se la dichiarazione sia stata da lui ricevuta o si tratti di provvedimenti del tribunale ovvero su istanza di parte mediante produzione di copia autentica dell’atto negli altri casi. Entro un mese dalla inserzione, la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario va trascritta, a cura del cancelliere, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione: la trascrizione ha la funzione di pubblicità notizia che serve a rendere edotti gli eventuali creditori.
La dichiarazione di successione deve essere preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, in base alle norme all’uopo previste nel codice di procedura civile (artt. 769-777 c.p.c.) e delle disposizioni attuative del codice di procedura civile (artt. 52, 161 e 192). L’inventario ha natura di mero atto giuridico[5], il cui scopo è quello di individuare i beni facenti parte dell’asse ereditario. Invero, è giuridicamente inammissibile annettere effetti “espansivi” all’inventarioche invece ha una natura meramente ricognitiva, essendo un atto descrittivo del patrimonio del de cuius, redatto da un pubblico ufficiale, facente fede della consistenza di tale patrimonio ed, in quanto tale, utilizzabile anche da soggetti diversi dai richiedenti[6]. Anche l’inventario, come la dichiarazione di accettazione con beneficio, va inserito nel registro delle successioni, mentre non va trascritto nei registri immobiliari.
Questo regime normativo, sommariamente delineato nella presente trattazione, subisce delle deroghe significative laddove si tratti di accettazione dell’eredità da parte del minore, di cui si dirà infra.
4. Sull’accettazione dell’eredità da parte del minore.
Con specifico riferimento all’accettazione dei minori, l’art. 471 c.c., rubricato Eredità devolute a minori o interdetti, sancisce che “non si possono accettare le eredità devolute ai minori e agli interdetti se non con il beneficio di inventario, osservate le disposizioni degli art. 321 e 374 c.c.”.
Trattasi di norma imperativa il cui scopo è evidentemente quello di tutelare i soggetti deboli (minori ed interdetti) dai rischi che potrebbero loro derivare dalla confusione del proprio patrimonio con quello del de cuius ed evitare, dunque, che essi siano chiamati a rispondere dei debiti ereditari ultra vires. L’articolo 471 c.c. esclude, pertanto, che il rappresentante legale dell’incapace possa accettare l’eredità in modo diverso da quello prescritto dall’art. 484 c.c. (che consiste in una dichiarazione espressa di volontà a fare acquistare all’incapace la qualità di erede).
Ne deriva che l’accettazione tacita fatta con il compimento di uno degli atti di cui all’articolo 476 c.c. non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell’incapace, che resta nella posizione di chiamato all’eredità fino a quando egli stesso o il suo rappresentante eserciti il diritto di accettare o di rinunziare all’eredità entro il termine di prescrizione di cui all’art. 480 c.c.[7].
Dalla disposizione normativa in esame, si deduce un ulteriore profilo: la necessaria forma dell’accettazione dell’eredità per il minore con il beneficio dell’inventario comporta, coerentemente, per il medesimo l’inammissibilità della decadenza dal beneficio stesso. Ed invero, tale assunto trova conferma nell’art. 489 c.c., in base al quale i minori, gli interdetti e gli inabilitati non si intendono decaduti dal beneficio di inventario se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dal cessare dello stato di interdizione o di inabilitazione, qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme del Libro II Sezione II del Codice civile.
A questo punto va da sè che il termine previsto dall’art. 485 c.c. (secondo il quale il chiamato all’eredità che, a qualunque titolo, si trovi nel possesso dei beni ereditari deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità; nell’ipotesi di mancato rispetto di tale termine, il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice) non è applicabile alle ipotesi di eredità devolute a minori, posto che per tali soggetti la decadenza dal beneficio di inventario non può avvenire se non con i presupposti di cui sopra.
La Corte ha evidenziato, nella ordinanza in esame, che il regime apprestato dal legislatore per le eredità devolute ai minori è peculiare, giacché è preclusa ogni forma di accettazione diversa da quella beneficiata e ciò comporta una deroga alla scansione cronologica degli adempimenti, con la conseguenza che il mancato rispetto del termine di cui all’art. 485 codice civile non inficia la validità dell’accettazione dell’eredità da parte del minore.
5. La decisione della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 29665 del 16.11.2018)
Alla luce di quanto sin qui detto, appare opportuno capire come si è espressa la Suprema Corte nel caso de quo.
La sentenza d’appello veniva impugnata da D.B.A.A. dinanzi alla Corte di Cassazione. Con il primo motivo di gravame il ricorrente deduceva l’errata applicazione delle norme codicistiche in tema di accettazione con beneficio di inventario da parte del minore. Ed invero, ai sensi del combinato disposto degli articoli 471 e 489 del Codice civile, il minore può, per il tramite del suo rappresentante legale, accettare l’eredità solo con il beneficio di inventario e può provvedere alla redazione dell’inventario (qualora essa non sia stata effettuata medio tempore dal rappresentante) entro un anno dalla maggiore età, conservando gli effetti e i vantaggi del beneficio.
Sul punto la Corte di Cassazione, condividendo la prospettazione del ricorrente, ha evidenziato gli effetti giuridici riconducibili alla redazione o meno dell’inventario. Pertanto, da un lato, la mancata redazione dell’inventario pone il minore, nonostante l’intervenuta accettazione, nella condizione di chiamato all’eredità, con la conseguenza che egli potrà, nel termine di un anno dal compimento della maggiore età, redigere l’inventario, non provvedervi (in tal caso acquista la qualità di erede puro e semplice) ovvero rinunciarvi.
D’altro canto, la redazione dell’inventario perfeziona l’acquisto della qualità di erede in capo al minore, in quanto l’accettazione dell’eredità da parte del minore è una fattispecie a formazione progressiva di cui la redazione dell’inventario rappresenta un elemento costitutivo. Ne deriva che, una volta che si sia perfezionata, prima del raggiungimento della maggiore età, la procedura di accettazione beneficiata, con il realizzarsi degli elementi costitutivi previsti dalla legge, risulta acquisita dal minore la qualità di erede, con la conseguenza che al medesimo, una volta divenuto maggiorenne, è preclusa, in forza del principio della irretrattabilità dell’accettazione ereditaria (semel heres semper heres), la possibilità di una successiva rinuncia.
La Corte di Cassazione ha, dunque, accolto il
ricorso di D.B.A.A. tenuto conto del fatto che, nel caso di specie,
l’accettazione dell’eredità si era già perfezionata con la redazione
dell’inventario predisposta dal genitore esercente la potestà (quando il figlio
era ancora minore sebbene oltre il termine di tre mesi dall’apertura della
successione del de cuius) e la
successiva rinuncia all’eredità è da considerarsi inefficace.
[1] Sul punto G. Capozzi, Successioni e donazioni a cura di A. Ferrucci e C. Ferrentino, Tomo I, Giuffrè Editore, Terza edizione, pag. 263 – “Il fondamento politico, vale a dire la ragione per cui il legislatore consente all’erede di limitare la propria responsabilità, viene dalla dottrina così individuato: si vuole evitare che, in caso di eredità oberata da debiti, il chiamato sia indotto a rinunziare con la conseguenza che il compito della liquidazione venga a gravare sullo Stato. Si vuole, in altri termini, facilitare l’accettazione per l’interesse sociale che vi sia un erede e che i rapporti giuridici siano continuati”.
[2] Secondo alcuni autori (Ferri, Grosso e Burdese) e la giurisprudenza meno recente, la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario sarebbe di per sé sufficiente ad evitare la confusione del patrimonio dell’accettante e del patrimonio del de cuius: pertanto, l’inventario non sarebbe elemento costitutivo della fattispecie ma servirebbe ad indicare ai creditori la consistenza dell’asse ereditario. Tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza più recenti ritengono, a ragione, che l’inventario è elemento perfezionativo dell’accettazione beneficiata, con la conseguenza che la sua mancanza fa venir meno la limitazione della responsabilità dell’erede beneficiato.
[3] “Secondo il disposto di cui all’art. 484 c.c., l’accettazione con beneficio di inventario deve effettuarsi secondo determinate e ben descritte modalità. Tutti gli adempimenti indicati dalla norma, che costituisce per l’appunto una fattispecie a formazione progressiva, devono essere posti in essere dal chiamato (dichiarazione preceduta o seguita da inventario), non potendosi, in mancanza di uno dei due presupposti, aver luogo tale beneficio. La semplice dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario, pertanto, ha l’effetto immediato di far acquistare al chiamato la qualità di erede, che subentra in universum ius defunti, ma non determina ipso iure la limitazione delle responsabilità, essendo necessario a tal fine la presentazione dell’inventario. La mancata presentazione di questo, infatti, non individua una “decadenza” dal beneficio bensì un mancato acquisto dello stesso, cosicché l’erede non potrà, in tal contesto, esperire l’azione di riduzione riservata all’accettante con beneficio di inventario” Cass. Sez. II Civile n. 16739 del 09.08.2005, Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24.
[4] L’uso del termine “ricevuta” fa presumere la necessità dell’atto pubblico, non essendo sufficiente l’utilizzazione della scrittura privata autenticata. È inoltre opinione prevalente in dottrina che, in caso di difetto di forma, la dichiarazione di accettare l’eredità con beneficio di inventario sia nulla e non possa convertirsi, ai sensi dell’art. 1424 c.c. in un’accettazione pura e semplice, in quanto non vi è la certezza che l’accettante, se avesse conosciuto la causa di nullità, avrebbe comunque voluto accettare, rispondendo illimitatamente per i debiti ereditari. Cfr. G. Capozzi, Successioni e donazioni, Giuffrè editore, Terza edizione.
[5] Cariota Ferrara, Le successioni per causa di morte, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011.
[6] Cfr. Cass. Sez. II, Civile n. 1252 del 19.01.2007.
[7] “Qualora il genitore esercente la potestà sul figlio minore chiamato all`eredità faccia l`accettazione prescritta dall`art. 471 cod. civ., da cui deriva l`acquisto da parte del minore della qualità di erede (art.470 e 459 cod. civ.), ma non compia l`inventario – necessario solo per poter usufruire della limitazione della responsabilità – e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, l`eredità resta acquisita da quest`ultimo, che va però considerato erede puro e semplice (art. 489 cod. civ.)”. Cass. Sez. II Civile n. 2276 del 27.02.1995, Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24.