Spese giudiziarie e noleggio di apparecchiature per intercettazioni: rinvio alla CGUE

L’ordinanza interlocutoria della Seconda sezione civile, n. 5134 del 2024, propone di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la questione interpretativa relativa al noleggio di apparecchiature per le intercettazioni, considerate spese giudiziarie. In particolare,  si chiede di chiarire la compatibilità della legislazione nazionale con le direttive europee sulle transazioni commerciali e la liquidazione dei corrispettivi.

Corte di Cassazione- sez. II civ.- ord. interlocutoria n. 5134 del 27-02-2024

La questione

Nel caso di specie, il Tribunale di Venezia emise il decreto ingiuntivo nel 2012, ordinando al Ministero della Giustizia di corrispondere alla GMG S.r.l. un’ingente somma di denaro, oltre interessi e spese, per il servizio di noleggio di apparecchiature elettroniche per intercettazioni telefoniche e ambientali prestato dalla società a numerose procure italiane. Successivamente, il Ministero della Giustizia presentò opposizione, contestando la natura della richiesta di pagamento e negando la sussistenza di interessi moratori secondo il d.lgs. n. 231/2002, sostenendo che il rapporto non aveva carattere commerciale. Il Tribunale accolse l’opposizione revocando il decreto ingiuntivo e condannando il Ministero alle spese di lite. La GMG S.r.l. presentò quindi appello contro questa decisione, sostenendo l’applicabilità del Testo Unico sulle spese di giustizia, l’interpretazione errata dell’art. 168 del d.P.R. n. 115/2002, l’esistenza di un rapporto contrattuale, la natura privatistica del rapporto e l’applicabilità del d.lgs. n. 231/2002 in merito agli interessi moratori.
La decisione della Corte d’appello di Venezia, che ha respinto l’appello e confermato integralmente la sentenza impugnata. In particolare, la Corte ha precisato che non era stato stipulato alcun contratto di natura privatistica tra le parti, anche perché i sostituti procuratori della Repubblica non avevano il potere di impegnare contrattualmente la Pubblica Amministrazione.
Infine, la Corte ha chiarito che il richiamo alla disciplina delle transazioni commerciali riguardava solo il decorso e il calcolo degli interessi, non la fattispecie in esame. Contro questa decisione di appello, la GMG S.r.l. in liquidazione ha presentato ricorso per cassazione con quattro motivi.
 La società ricorrente ha chiesto, in via subordinata, di proporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per chiarire la compatibilità dell’orientamento giurisprudenziale sulla natura del compenso in questione con la Direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

I motivi di ricorso

La parte ricorrente, con il primo motivo, ha contestato la decisione della Corte d’appello in merito alla capacità del P.M.  di impegnare l’amministrazione in negoziati riguardanti il noleggio di apparecchiature.
Nel secondo motivo, la società ha censurato l’interpretazione data dal giudice d’appello al d.P.R. n. 115/2002 riguardante le spese di giustizia, argomentando che la società di noleggio non dovrebbe essere considerata un ausiliario del giudice, poiché il T.U. sulle spese di giustizia ha una portata limitata e non si presta ad interpretazioni analogiche o estensive.
Con il terzo motivo, la società ricorrente ha sollevato l’errore della Corte distrettuale nel non riconoscere l’esistenza di un valido rapporto contrattuale tra le parti.
Infine, parte ricorrente, con il quarto motivo, ha contesta la decisione della Corte d’appello in merito all’applicabilità delle norme sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, sostenendo che, nonostante la mancanza di un rapporto contrattuale formale, i contratti stipulati sarebbero assimilabili a una transazione commerciale ordinaria.

Contesto normativo

Per una migliore comprensione del contesto normativo, è necessario esaminare l’orientamento consolidato della giurisprudenza in materia di spese di giustizia.
La Corte di Cassazione ha stabilito, in molte sentenze, che la liquidazione del compenso per il noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche ed ambientali destinato alle Procure della Repubblica deve avvenire ai sensi dell’art. 168 del d.P.R. n. 115/2002. Siffatta norma considera questa spesa come straordinaria di giustizia, sottraendola alla libera contrattazione e conferendole un carattere pubblicistico.
Inoltre, va sottolineato che la scelta del contraente per il servizio di intercettazione avviene mediante una procedura negoziata. Tale modalità di affidamento, giustificata anche dal Consiglio di Stato, è stata considerata congrua e conforme al dettato normativo, consentendo un’adeguata tutela delle esigenze di riservatezza e sicurezza richieste dalla natura delle attività di intercettazione telefonica.
Questo quadro normativo e giurisprudenziale evidenzia che, nonostante la mancanza di un tradizionale rapporto contrattuale, le transazioni relative al noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche devono essere considerate all’interno del contesto delle spese straordinarie di giustizia.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale, l’autorizzazione all’utilizzo rilasciata dal Pubblico Ministero non costituisce accettazione di una proposta contrattuale del noleggiatore. Tale autorizzazione è emessa da un organo privo della capacità di impegnare contrattualmente il Ministero della Giustizia e ha piuttosto lo scopo di rendere utilizzabili nel processo le intercettazioni effettuate con strumenti privati. Pertanto, la liquidazione delle spese deve avvenire tramite decreto di pagamento motivato del magistrato procedente, conformemente all’art. 168 del Testo Unico sulle spese di giustizia.
Inoltre, poiché la pretesa creditoria rientra nelle spese di giustizia, la sua liquidazione deve seguire il procedimento previsto dal d.P.R. n. 115/2002.
Nel caso di specie, il credito è stato fatto valere attraverso un ordinario giudizio di cognizione anziché tramite il procedimento monitorio, seguito dalla successiva apertura di un procedimento ordinario di opposizione, sollevando una questione di proponibilità della domanda.
La natura della spesa derivante dal noleggio di apparecchiature destinate ad intercettazioni telefoniche presso le varie procure della Repubblica come spesa straordinaria di giustizia, sottratta alla libera contrattazione e non assimilabile a una transazione commerciale, implica l’esclusione dall’applicabilità degli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231/2002. Questo principio è confermato anche dalla Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, la quale si applica esclusivamente alle transazioni commerciali che si configurano come frutto di una procedura di evidenza pubblica.

La Direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo

La Direttiva 2000/35/CE ha posto l’accento sull’importanza di affrontare i ritardi di pagamento come un ostacolo per il mercato europeo. Riconoscendo che i ritardi di pagamento comportano pesanti oneri amministrativi e finanziari per le imprese, specialmente per le PMI, la direttiva ha evidenziato che tali ritardi possono portare persino alla perdita di posti di lavoro.
Inoltre, la Direttiva ha sottolineato che le differenze tra le normative e le prassi in materia di pagamenti tra gli Stati membri costituiscono un ulteriore ostacolo al buon funzionamento del mercato
Nel contesto italiano, la Direttiva 2000/35/CE è stata recepita con il decreto legislativo n. 231/2002, che ha istituito norme specifiche per contrastare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. In seguito, l’Unione europea ha adottato la Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011, che ha introdotto ulteriori modifiche significative al quadro normativo esistente.
Appunto, la Direttiva 2011/7/UE ha evidenziato la necessità di intensificare la lotta contro i ritardi di pagamento, fissando un termine massimo di 30 giorni per il pagamento delle prestazioni e stabilendo sanzioni più severe per i ritardi.
In conclusione, entrambe le direttive hanno contribuito a sensibilizzare sull’importanza di garantire tempestivi pagamenti nelle transazioni commerciali al fine di promuovere la stabilità economica e la competitività delle imprese nell’ambito del mercato unico europeo.

La necessità del rinvio

I giudici poi hanno affrontato la questione relativa alla facoltà delle parti di concordare termini di pagamento a rate, stabilendo che in tali casi, se una delle rate non viene pagata alla data concordata, gli interessi e il risarcimento previsti vengono calcolati solo sugli importi scaduti.
I giudici hanno esaminato la richiesta della società ricorrente di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in relazione alla non corretta applicazione delle norme della direttiva sui ritardi di pagamento (Direttiva 2011/7/UE) dell’Italia.[1]
Nell’ordinamento italiano, la normativa e la prassi giurisprudenziale escludono il noleggio di apparecchiature per le intercettazioni telefoniche dalle disposizioni della direttiva sui ritardi di pagamento, che significa dunque che i prestatori di servizi in questione non hanno la garanzia di essere pagati entro i termini di legge e non possono far valere i loro diritti ai sensi della direttiva in merito al riconoscimento degli interessi di mora nelle transazioni commerciali.
Altresì, nelle loro argomentazioni, i giudici hanno ricordato che La Commissione europea ha deciso di adire l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE, in risposta alla mancata corretta applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento (2011/7/UE). Il 9 giugno 2021, la Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia, evidenziando che la normativa nazionale escludeva dal campo di applicazione della direttiva il noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche nelle indagini penali. Tale esclusione è stata considerata una violazione della direttiva, poiché impediva alle società di noleggio di esercitare i diritti previsti dalla stessa. La Commissione ha richiesto alla Corte di giustizia di dichiarare che l’Italia ha omesso di assicurare il rispetto dei termini di pagamento previsti dalla direttiva, violando così i suoi obblighi. Nonostante ciò, la giurisprudenza italiana non ha ancora ritenuto necessario rimettere alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione della compatibilità con il diritto dell’UE dell’interpretazione della normativa nazionale che esclude l’applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento nei rapporti in questione.
Alla luce di ciò, emerge che l’articolo 168 del D.P.R. n. 115/2002, interpretato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, non include: un termine definito per l’espletamento delle procedure di verifica, il quale deve essere determinato con precisione in relazione alla data di prestazione del servizio e all’emissione della fattura, senza che eventuali ritardi nelle procedure di verifica possano giustificare il ritardo nel pagamento;  la determinazione inequivocabile del momento iniziale per il calcolo degli interessi moratori o legali; l’assegnazione di interessi moratori ai sensi del decreto legislativo n. 231/2002 in caso di ritardo nei pagamenti dovuti; il riconoscimento di un titolo esecutivo per il creditore.

Conclusioni

Di fronte al quadro normativo e giurisprudenziale delineato, con le implicazioni che derivano dalla qualificazione giuridica delle prestazioni di noleggio di apparecchiature elettroniche per intercettazioni telefoniche e ambientali come spese di giustizia, si ritiene opportuno sottoporre la questione interpretativa alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. In particolare, i quesiti sono: se la Direttiva 2000/35/CE, modificata dalla Direttiva 2011/7/UE, osti a una normativa nazionale che escluda la qualifica di transazioni commerciali per i servizi di noleggio di apparecchiature per intercettazioni, sottoponendoli al regime delle spese straordinarie di giustizia e escludendoli dalla disciplina degli interessi prevista dalla Direttiva; se la Direttiva osti a una normativa nazionale che prevede un termine indeterminato per la liquidazione dei corrispettivi dovuti a un prestatore di servizi, impedendo così il pieno e soddisfacente esercizio dei diritti creditori.

Note

[1] La direttiva stabilisce che le autorità pubbliche devono saldare le fatture entro 30 giorni (60 giorni nel caso delle strutture sanitarie pubbliche) per contrastare i ritardi di pagamento nel mondo delle imprese. Tuttavia, l’Italia non ha adeguato la sua normativa alla direttiva, dando luogo a un deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea nel 2023. Questo deferimento segue una lunga disputa che ha portato all’avvio di una procedura di infrazione già avviata nel 2021.

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