Termine per reclamo contro decreto di omologazione degli accordi di ristrutturazione

Nell’ambito della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, la questione del termine per l’impugnazione del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione del debito ha assunto un ruolo primario.
In particolare, con sentenza n.4326 del 2024, la Sez. I della Corte di Cassazione ha formulato il seguente principio di diritto: il termine di dieci giorni per la presentazione del reclamo contro il decreto di omologazione inizia a  decorrere dalla comunicazione integrale del provvedimento da parte della cancelleria.

Corte di Cassazione- sez. I civ.- sent. n. 4326 del 19-02-2024

La questione

Il Tribunale di Catania, con decreto, nel 2018 ha respinto il reclamo presentato dall’INPS avverso il provvedimento di omologa emesso dal giudice monocratico riguardante l’accordo di ristrutturazione del debito del Teatro di Catania. La motivazione sottesa a tale decisione è stato il ritardo nella presentazione del reclamo che è stato depositato oltre dieci giorni dalla pubblicazione in base a quanto previsto dall’art. 12 della legge n. 3 del 2012.
Per questo motivo, l’INPS ha presentato ricorso per cassazione.

Il motivo di ricorso

Il ricorso proposto dall’INPS ha sollevato dubbi circa la corretta applicazione degli artt. 136, 137 e 737 e seguenti c.p.c., nonché degli arti. 10 e 12 della legge 3 del 2012, in connessione con l’art. 111 Cost. L’argomento principale a sostegno dell’assunto, a causa del richiamo previsto dall’art. 12 della legge n. 3 del 2012 all’art. 739 c.p.c., ha ad oggetto il termine per la presentazione del ricorso contro il decreto di omologa che dovrebbe cominciare a decorrere dalla notifica del decreto stesso anziché dalla sua pubblicazione. È stato, inoltre, sottolineato che la pubblicazione del decreto non garantisce che tutti i destinatari siano informati in maniera adeguata, pertanto, il termine d’impugnazione dovrebbe essere calcolato a partire dalla notifica dell’atto.
Nonostante il ricorso sia stato dichiarato ammissibile in base all’art. 111, comma 7, Cost., poiché rivolto contro un provvedimento che regola in modo definitivo lo stato di sovraindebitamento e influisce, dunque, sui diritti soggettivi, è stato dichiarato infondato.
Occorre sottolineare che la questione, considerata di interesse nomofilattico  è stata sollevata con l’ordinanza dell’8 giugno 2023 che ha avuto ad oggetto l’individuazione del termine e del momento in cui il termine inizia a decorrere per l’impugnazione, mediante reclamo, del decreto di omologa d un accordo di ristrutturazione del debito.

Le argomentazioni della Corte di Cassazione

Il ricorso contro il decreto di omologa dell’accordo per la risoluzione della crisi da sovraindebitamento è disciplinato dall’art. 12, comma 2, della l. 3/2012, il quale stabilisce che il giudice procede all’omologazione dell’accordo e ne dispone la pubblicazione mediante tutte le forme previste, previa verifica del raggiungimento della percentuale di adesione dell’idoneità del piano atto a garantire il pagamento completo dei crediti impignorabili e di quelli specificati dall’articolo 7, comma 1.
Se uno dei creditori non aderisce all’accordo, il giudice può omologarlo solo se ritene che il credito possa essere soddisfatto attraverso l’esecuzione dell’accordo “in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria”.
L’art. 739 c.p.c., richiamato dall’art. 12, comma 2, della l. 3 del 2012, stabilisce che il reclamo deve essere presentato entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto se coinvolge una sola parte, oppure dalla notificazione se coinvolge più parti.
Tuttavia, il Tribunale di Catania ha interpretato diversamente la normativa, sostenendo che il termine di dieci giorni dovrebbe decorrere dal giorno della pubblicazione anziché dalla notifica del decreto. Secondo quest’interpretazione, la pubblicazione del decreto sarebbe di fondamentale importanza per garantire a tutti i creditori coinvolti una corretta informazione sulla decisione.
Un approccio divergente, invece, parte dal presupposto che il richiamo alla disciplina dell’art. 739 c.p.c, sia applicabile solo nei limiti compatibili con le norme delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, le quali presentano caratteristiche speciali rispetto alle regole generali dei procedimenti in camera di consiglio. In particolare, la norma individua il momento in cui inizia a decorrere il termine di dieci giorni per presentare reclamo, in linea con la struttura informale e atipica dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento nella comunicazione ai creditori effettuata dall’Organismo di composizione della crisi tramite PEC.
Viene in rilievo anche il Codice della Crisi d’Impresa che nell’art. 70, comma 8, stabilisce che la sentenza di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti del consumatore viene comunicata ai creditori e pubblicata entro quarantotto ore. Mentre, l’articolo 51, comma 1 e 3, prevede che contro la sentenza del Tribunale che si pronuncia sull’omologazione del concordato preventivo o del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione degli accordi di ristrutturazione, le parti possono presentare reclamo presso la Cancelleria della Corte di Appello competente entro trenta giorni dalla notificazione telematica del provvedimento da parte dell’ufficio, mentre per gli altri interessati il termine decorre dalla data di iscrizione nel registro delle imprese [1].
Tuttavia, la Suprema Corte ritiene che la nuova disciplina introdotta dal Codice della Crisi dell’Impresa in merito al reclamo del provvedimento di omologa non sia applicabile nel caso di specie. Infatti, l’articolo 739 c.p.c., richiamato dall’articolo 12, comma 2 della l. 3/2012, menziona solo due modalità specifiche di comunicazione. Inoltre, l’interpretazione opposta sostenuta dal provvedimento impugnato, che fa iniziare il termine di dieci giorni dalla pubblicazione dell’accordo su indicazione del tribunale o dall’avvenuta registrazione nel Registro delle imprese, non trova fondamento normativo.
In via preliminare, i giudici ermellini hanno notato che il decreto di omologa è stato comunicato all’INPS tramite PEC dalla Cancelleria prima della sua pubblicazione sul sito.
Pertanto, occorre valutare se la clausola di compatibilità presente nel rinvio dall’articolo 12, secondo comma, della legge 3/2012 all’articolo 739 del c.p.c. possa permettere un adeguamento della disciplina riguardante la decorrenza del termine per il reclamo.
Questo adeguamento dovrebbe considerare una forma di partecipazione all’atto diversa dalla notifica tradizionale,  tenendo conto delle peculiari modalità della procedura di composizione della crisi.
La Suprema Corte ha valutato che fosse opportuno limitare il rinvio per compatibilità dall’articolo 12 della l. n. 3 del 2012 al solo aspetto dell’articolo 739 c.p.c., il quale stabiliva che il termine iniziasse a decorrere dalla comunicazione del provvedimento alle parti da parte della Cancelleria. La sola notizia del dispositivo e dei dati del deposito non è stata ritenuta sufficiente, poiché la parte soccombente ha necessità di conoscere la motivazione integrale. L’applicazione completa della disciplina dell’articolo 739 c.p.c. avrebbe, invece, imposto al debitore l’onere di notificare l’atto ai creditori, risultando eccessivo rispetto alla struttura dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e alle esigenze di celerità del procedimento. D’altro canto, la comunicazione integrale del provvedimento tramite PEC, resa obbligatoria dalla normativa introdotta dal d.l. n.  179 del 2012, ha assicurato una chiara e completa informazione della decisione ai destinatari, contribuendo alla stabilizzazione del provvedimento qualora non fosse stato oggetto di tempestiva impugnazione.
Secondo l’opinione dei giudici, si è consolidata una pratica che equipara la comunicazione del provvedimento, effettuata dal cancelliere , alla notificazione. Questa tendenza è particolarmente evidente nei casi di procedure concorsuali, dove l’urgenza e la necessità di accelerare i tempi sono delle caratteristiche pregnanti.  Tale approccio bilancia l’esigenza di snellire i procedimenti, come previsto dalla l. n. 3 del 2012, con la necessità di garantire una conoscenza chiara e tempestiva del termine per impugnare il decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, al fine di evitare la decadenza dell’impugnazione.
Infine, va precisato che la normativa che esclude la comunicazione come mezzo per far decorrere i termini per le impugnazioni si applica solo alle sentenze. Tuttavia, se la comunicazione integrale dell’atto da parte della Cancelleria o la notifica da parte del debitore non avviene, si applica comunque la decadenza dall’impugnazione, secondo quanto previsto dall’articolo 327 c.p.c.

Conclusioni

In conclusione, i giudici ermellini hanno affermato il principio secondo cui il termine di dieci giorni per il reclamo contro il decreto di omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento è valido dalla comunicazione integrale del provvedimento da parte della cancelleria.

Note

[1] I giudici  hanno richiamato l’articolo 18, comma 4 della l. fall.,  secondo cui il termine per proporre reclamo varia a seconda che si tratti del debitore o di altri interessati. La giurisprudenza stabilisce che questo termine sia di trenta giorni, applicabile anche all’impugnazione del decreto di omologazione o di diniego di omologazione del concordato preventivo.
Inoltre, La pubblicazione nel Registro delle imprese è considerata il mezzo più idoneo per informare il pubblico della sentenza di fallimento. Senza una norma specifica, i mezzi di diffusione collettivi non sono generalmente sufficienti per far iniziare il termine breve previsto dall’articolo 739 del c.p.c., poiché non sono in grado di garantire una conoscenza effettiva ai terzi dell’atto.

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