Il mutuo dissenso[1] costituisce un negozio di secondo grado attraverso cui le parti di un precedente rapporto contrattuale, per motivi di opportunità (non per anomalie sinallagmatiche) estinguono il medesimo, eliminandone retroattivamente[2] gli effetti.
Il mutuo dissenso quale negozio “risolutorio” trova un riferimento normativo espresso all’art. 1372 c.1 e fondamento normativo implicito all’1321[3], trattandosi di un negozio di secondo grado estintivo di un precedente rapporto contrattuale. Sul piano terminologico vi è da rilevare che parte della dottrina[4] sottolinea che sebbene la prima delle riferite norme si riferisca al “mutuo consenso”, è invalsa in dottrina e in giurisprudenza l’espressione “mutuo dissenso”, idonea ad esprimere la rimozione degli effetti del consenso manifestato in precedenza.
L’elemento che qualifica il mutuo dissenso risiede in un mutato apprezzamento che i contraenti fanno dell’assetto di interessi apprestato con il contratto stipulato. Proprio in quanto fondato sul reciproco consenso in ordine all’effetto risolutivo il mutuo dissenso costituisce un vero e proprio contratto[5]. In tale prospettiva netta è la distinzione dal recesso[6], che pur provocando come il mutuo dissenso lo scioglimento del rapporto contrattuale, ha natura di negozio unilaterale recettizio, in quanto lo scioglimento non promana dalla concorde volontà dei contraenti ma dalla volontà del recedente.
Il mutuo dissenso in ogni caso, stanti le scarne indicazioni legislative, costituisce una figura problematica. In primo luogo discusso è l’inquadramento giuridico di tale fattispecie contrattuale.
Per un primo orientamento[7] si tratterebbe di un contro-negozio, avente contenuto eguale e contrario a quello del precedente rapporto contrattuale che si intende risolvere. Secondo tale teoria la ragione di tale qualificazione è da ravvisare nella irreversibilità degli effetti del precedente contratto una volta che questi si siano realizzati, che giustifica la necessità della loro eliminazione tramite un contro-negozio. Sul piano funzionale il contro negozio in cui si concreta il mutuo dissenso assume causa diversa[8] a seconda del negozio da risolvere. Infatti se i contratti da risolvere sono rispettivamente una vendita ed una donazione, nel primo caso occorrerà una contro-vendita, nel secondo una contro-donazione. Nel primo caso il mutuo dissenso avrà causa di scambio, nel secondo invece causa liberale.
Per un secondo orientamento[9] invece il mutuo dissenso costituisce un negozio risolutorio, che estingue retroattivamente gli effetti di un precedente negozio. Per tale prospettazione ermeneutica prima componente strutturale del negozio de quo é il reciproco consenso delle parti in ordine allo scioglimento retroattivo degli effetti del precedente contratto. Sul piano causale il mutuo dissenso inteso come negozio risolutorio avrebbe causa astratta fissa[10], consistente nella eliminazione degli effetti del precedente negozio. La dimensione causale consente di distinguere la tesi in analisi da quella del contrarius actus in precedenza evocata, per effetto della quale il mutuo dissenso, a seconda del tipo di negozio su cui incide, può assumere causa diversa (liberale, di scambio).
La portata applicativa del mutuo dissenso con particolare riferimento ai negozi ad effetti reali
Ciò premesso, l’adesione all’una o all’altra delle prospettazioni dianzi indicate non è immune da rilevanti ricadute applicative in ordine ad alcune questioni specifiche poste dal mutuo consenso. La prima involge l’oggetto e la portata applicativa di tale figura negoziale. Se non si dubita circa la possibilità di sciogliere tramite mutuo consenso contratti ad effetti obbligatori, discussa è la possibilità di scioglimento, tramite tale fattispecie contrattuale, di un contratto ad effetti reali[11].
I fautori della tesi del mutuo dissenso quale contrarius actus, muovendo dalla suindicata irreversibilità degli effetti (reali) una volta che gli stessi si siano realizzati, ritengono che l’unico strumento che possa comportare l’eliminazione dei medesimi sia il mutuo dissenso inteso come contro-negozio[12]. Il fondamento giuridico di tale conclusione interpretativa risiede nella constatazione che l’eliminazione di un effetto reale già realizzato richiede che lo strumento adoperato a tal fine sia munito di causa traslativa. E in tale prospettiva solo il mutuo consenso inteso come contro-negozio consentirebbe di assolvere a tale esigenza causale.
Per il secondo orientamento[13], in precedenza evocato, anche il mutuo inteso come negozio risolutorio è idoneo alla risoluzione di un precedente contratto ad effetti reali. Per sostenere tale approdo interpretativo l’indirizzo in parola fa leva sull’art. 2655 c.c., che prevede l’annotazione della risoluzione di un precedente atto iscritto o trascritto. In primo luogo si ritiene che nel concetto di atto iscritto o trascritto può essere ricompreso anche un contratto ad effetti reali suscettivo di trascrizione ai fini dell’opponibilità a terzi. In secondo luogo la norma in parola, non distinguendo sul piano tipologico le forme di risoluzione passibili di annotazione, può ricomprendere nel proprio raggio applicativo anche la risoluzione convenzionale tramite mutuo dissenso. In tale prospettiva un valido sostegno argomentativo può trarsi dall’ultimo comma dell’art. 2655, che nella parte in cui consente di operare l’annotazione in base alla convenzione da cui risulta la risoluzione, ammette espressamente la figura del mutuo dissenso risolutorio di contratti ad effetti reali.
Ulteriori argomenti a sostegno della tesi secondo cui anche il mutuo dissenso inteso quale negozio risolutorio può sciogliere un contratto ad effetti reali possono trarsi dal tessuto normativo.
In primo luogo l’art. 1372, nel prevedere il mutuo dissenso, non distingue tra contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori. Il che consente di ritenere che nell’ottica legislativa l’istituto può trovare applicazione rispetto all’una e all’altra tipologia contrattuale. In secondo luogo si può inoltre ritenere che la tesi del contrarius actus travisa[14] la volontà delle parti, che non vogliono controvendere, controdonare, ecc., ma solamente sciogliere un precedente rapporto contrattuale.
La trascrivibilità e l’efficacia del mutuo dissenso
Una questione strettamente connessa a quella in precedenza evocata è quella che involge la trascrizione del mutuo dissenso. Questione rilevante allorquando il negozio di primo grado da sciogliere sia un negozio avente ad oggetto diritti immobiliari. Per la teoria del mutuo dissenso quale contro-negozio la soluzione della problematica non è univoca, ma dipenderà dalla natura e dagli effetti del contro-negozio. Infatti, come rilevato in precedenza, quest’ultima può consistere in una contro-vendita, in una contro-donazione, a seconda del tipo di contratto del quale si vogliono eliminare gli effetti. In generale se viene in rilievo una contro-vendita sorretta da causa ed effetti traslativi, la trascrizione può essere operata in forza dell’art. 2643 n. 1. Per la teoria del mutuo dissenso quale negozio risolutorio invece la soluzione della problematica discende dal già evocato art. 2655 c. 4, che consente l’annotazione di convenzioni risolutive di atti trascritti o iscritti.
Un’ulteriore questione che divide gli orientamenti in parola è quella afferente l’efficacia retroattiva o non retroattiva del mutuo dissenso. Per la tesi del contrarius actus il mutuo dissenso non avrebbe efficacia retroattiva. A medesima conclusione perviene parte della dottrina[15], muovendo dal principio per cui in mancanza di un’espressa previsione legislativa dell’efficacia retroattiva del mutuo dissenso, le parti non potrebbero stabilire che il medesimo possa avere effetti retroattivi. Una eventuale retroattività degli effetti infatti potrebbe ledere i terzi.
In realtà la problematica dell’efficacia retroattiva o non retroattiva del mutuo dissenso va risolta distinguendo tra efficacia inter partes ed efficacia verso terzi di tale figura negoziale. Rispetto all’efficacia verso terzi, l’argomento che esclude la retroattività del mutuo consenso per esigenze di tutela dei terzi non è decisivo. Infatti dalla qualificazione del mutuo dissenso quale negozio risolutorio, consegue la possibilità di applicare analogicamente l’art. 1458 c.2, in forza del quale la risoluzione convenzionale non pregiudica i diritti acquistati dai terzi. In ogni caso, la retroattività[16] del mutuo dissenso inteso quale negozio risolutorio comporta l’obbligo di restituzione delle prestazioni eventualmente ricevute dal tempo dell’accordo risolutorio, e non dall’eventuale sentenza di accertamento.
La forma del mutuo dissenso
Un’ulteriore questione involge la forma[17] che deve rivestire il mutuo dissenso. Ci si domanda infatti se per lo stesso valga il principio di libertà di forme o se invece il requisito formale eventualmente richiesto per il contratto di primo grado si comunichi al negozio risolutorio. Per la teoria del mutuo dissenso quale contrarius actus la risoluzione della questione dipende dalla natura del negozio di primo grado. Se quest’ultimo è un negozio formale, per esempio una vendita immobiliare o una donazione, è indubbio che nel primo caso la forma della contro-vendita sarà quella scritta richiesta dall’art. 1350 c.c., mentre nel secondo la contro-donazione andrà fatta per atto pubblico alla presenza di due testimoni, in applicazione dell’art. 782 c.c.
A soluzioni non dissimili approda la teoria del mutuo dissenso quale negozio risolutorio, la quale ritiene che se il negozio di primo grado concerne diritti reali immobiliari ed attua una vicenda reale, il requisito formale richiesto per lo stesso si comunica al negozio risolutivo di secondo grado. Tale tesi si fonda sia sull’importanza rivestita da tale ultimo negozio, che comunque incide sui diritti reali immobiliari oggetto del negozio di primo grado, sia sul principio di simmetria[18], in forza del quale il formalismo richiesto per il negozio di primo grado investe anche i negozi di secondo grado sullo stesso incidenti.
[1] M.C. DIENER, Il contratto in generale, Milano, 2015, p. 515 e ss.; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2021, p. 621 e ss.; C.M. BIANCA, Il contratto, Milano, 2019, p. 693; L. GUAGLIONE, Il contratto, Torino, 2018, p. 368 e ss.
[2] C.M. BIANCA, op. cit., p. 693.
[3] C.M. BIANCA, op. cit., p. 693.
[4] A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, op. cit., p. 621.
[5] C.M. BIANCA, op. cit., p. 693.
[6] C.M. BIANCA, op. cit., p. 694 e ss; M.C. DIENER, op. cit., p. 526 e ss.; L. GUAGLIONE, op. cit., p. 369.
[7] F. CARRESI, Il contratto, in Tratt. dir. civ. comm., (a cura di) A. Cicu – F. Messineo, Milano, 1987, p. 871 e ss.; G. MIRABELLI, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ., Torino, 1980, p. 290; G. DEJANA, Contrarius consensus, in Riv. dir. priv., 1939, p. 104.
[8] M.C. DIENER, op. cit., p. 518.
[9] M.C. DIENER, op. cit., p. 516 e ss.; A. LUMINOSO, Il mutuo dissenso, Milano, 1980, p. 499 e ss.
[10] M.C. DIENER, op. cit., p. 516.
[11] Evidenzia la questione M.C. DIENER, op. cit., p. 517-518.
[12] R. SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, p. 211 e ss., art. 1321-1352, in Comm. cod. civ., (a cura di) A. Scialoja – G. Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 211 e ss.
[13] M.C. DIENER, op. cit., p. 518.
[14] M.C. DIENER, op. cit., p. 518 e ss.
[15] G. DEJANA, op. cit., p. 104 e ss.
[16] A. LUMINOSO, op. cit., p. 103, nt 6.
[17] M.C. DIENER, op. cit., p. 521.
[18] M.C. DIENER, op. cit., p. 185; L. RAGAZZINI, La forma del negozio risolutorio del contratto preliminare, in Vita not., 1992, p. 841 e ss.; F. GAZZONI, Il contratto preliminare, Torino, 1998, p. 115 e ss.; A. LUMINOSO, Il mutuo dissenso, Milano, 1980, p. 328 e ss.