L’efficacia erga omnes dei contratti collettivi aziendali

in Giuricivile, 2021, 3 (ISSN 2532-201X), nota a Cass., sez. Lav., sent. n. 26509 del 20.11.2020

Con la sentenza n. 26509 del 20 novembre 2020, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema dell’efficacia soggettiva dei c.d. contratti collettivi aziendali, ribadendo un principio di diritto ormai cristallizzatosi da tempo all’interno del nostro ordinamento.

Prima di entrare nel merito della pronuncia sopra emarginata, al fine di individuare correttamente gli istituti giuridici che interessano il caso segnalato, giova anteporre alcune breve considerazioni sulla natura del contratto collettivo aziendale e il suo regime di applicabilità.

Il contratto collettivo aziendale

Il cd. contratto collettivo aziendale è un contratto di diritto comune, mediante il quale il datore di lavoro da una parte (anche senza la partecipazione della propria associazione di categoria) e le rappresentanze sindacali dei lavoratori dall’altra decidono di regolare diversamente dal CCNL di riferimento aspetti specifici in ordine all’organizzazione del lavoro all’interno dell’azienda; nella sostanza, in ragione dell’esigenza di adeguare alla concreta realtà aziendale determinati istituti normativi – economici, il contratto collettivo aziendale ha il “potere” di derogare a quanto previsto dal CCNL.

L’efficacia derogatoria nei confronti del contratto collettivo nazionale è stata più volte confermata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale ha affermato che anche il contratto aziendale è destinato ad introdurre una disciplina collettiva uniforme dei rapporti di lavoro, sia pure limitatamente ad una determinata azienda o parte di essa (in ultimo Cass. n. 27115/2017; cfr., ex aliis, Cass. n. 3047/85; Cass. n. 1965/82; Cass. n. 5470/81).

Inoltre, sempre la citata giurisprudenza ammette che la contrattazione aziendale possa derogare, anche in peius (per i lavoratori), al contratto collettivo nazionale (fatti salvi, però, i diritti quesiti relativi a prestazioni già rese: cfr., fra le numerose pronunce in tal senso, Cass. n. 19396/14; Cass. n. 11939/04; Cass. n. 4839/01; Cass. n. 2155/90; Cass. n. 3047/85; Cass. S.U. n. 1081/84), non operando a riguardo l’art. 2077 c.c., che concerne esclusivamente i rapporti fra il contratto individuale di lavoro e quello collettivo (cfr., ad esempio, Cass. n. 19396/14, cit.; Cass. n. 6516/02; Cass. n. 8296/01; Cass. n. 2363/98).

La Suprema Corte già da diverso tempo ha statuito che agli accordi collettivi aziendali si debba riconoscere (anche e soprattutto in ragione dei rinvii che plurime disposizioni legislative operano alla contrattazione aziendale) efficacia vincolante analoga a quella del contratto collettivo nazionale, trattandosi pur sempre non già d’una sommatoria di più contratti individuali, ma di atti di autonomia sindacale riguardanti una pluralità di lavoratori collettivamente considerati (cfr., ex aliis, Cass. n. 6695/88; Cass. n. 2808/84; Cass. n. 423/84; Cass. n. 718/83; Cass. n. 300/81; Cass. n. 357/71).

L’area di intervento del contratto collettivo aziendale è stata in ultimo “consacrata” dal D.Lgs. n. 81/2015, ove l’art. 51 ha espressamente chiarito che i rinvii ai contratti collettivi contenuti nel testo del provvedimento devono intendersi riferiti anche ai contratti aziendali, purché stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale oppure dalle rappresentanze sindacali unitarie (RSU).

Il contratto collettivo aziendale negli Accordi Interconfederali

La centralità del livello aziendale della contrattazione collettiva è stata ulteriormente ribadita dalle parti sociali negli Accordi Interconfederali successivi al 2011.

In particolare, nell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 CGIL, CISL e UIL, con l’intervento di Confindustria in rappresentanza delle associazioni datoriali hanno siglato un Accordo Interconfederale che prevede che i contratti collettivi aziendali approvati dalla maggioranza dei componenti delle RSU “sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda” (c.d. efficacia erga omnes)[1].

Tale impostazione è stata confermata anche dal Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, nel quale le stesse parti sociali sopra emarginate hanno statuito che “i contratti collettivi aziendali possono pertanto definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro…. Le intese modificative così definite esplicano l’efficacia generale come disciplinata nel presente accordo”.

I contratti di prossimità di cui all’art. 8 del DL 138/2011, convertito dalla legge n. 148/2011

Come già indicato, il contratto collettivo aziendale gode di un’efficacia derogatoria generalizzata (sempre nel rispetto dei limiti previsti dalla stessa contrattazione nazionale) per le modifiche e integrazione del CCNL di riferimento, mentre ha un’efficacia derogatoria limitata con riferimento alle modifiche dei precetti normativi.

Il contratto collettivo aziendale può derogare alla Legge solo se vi è uno specifico ed espresso rinvio legislativo che ne fissa i limiti e le modalità.

Ciò premesso, con l’entrata in vigore dell’art. 8 del DL 138/2011, convertito dalla legge n. 148/2011, il quadro sopra delineato è stato definitivamente superato.

Infatti, tale normativa ha scardinato completamente il sistema appena descritto, autorizzando talune tipologie di contratti aziendali e territoriali (cd. contratti di prossimità) a derogare direttamente il dettato normativo, anche in assenza di una specifica delega legislativa, nel caso in cui il contratto aziendale venga stipulato da soggetti qualificati e persegua determinate finalità, incidendo su una serie di materie[2]. In generale, la deroga deve rispettare la Costituzione, i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.

La pronuncia della Suprema Corte

Nel caso di specie, alcuni dipendenti con mansioni di autista avevano agito in giudizio per vedersi riconosciuto il diritto ad ottenere il diritto ad ottenere il pagamento di differenze retributive per lavoro straordinario, calcolate secondo le maggiorazioni stabilite dal CCNL di categoria.

Per i ricorrenti il compenso per lavoro straordinario veniva calcolato e retribuito (con circa una riduzione del 20 % del trattamento retributivo per lavoro straordinario), a differenza di quanto statuito dal CCNL di riferimento, in base all’apposita disciplina stabilita dal contratto integrativo aziendale sottoscritto dalle OO.SS. e dalle RSU e applicato, seconda espressa volontà contrattuale, a tutto il personale dipendente della società datrice di lavoro.

I lavoratori soccombenti in entrambi i primi due gradi di giudizio ricorrevano in Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1372 c.c.; art. 39 Cost., avendo i giudici di seconda istanza – a loro dire – ritenuto erroneamente applicabile al caso di cui si discorre gli accordi integrativi aziendale, nonostante un espresso dissenso da parte dei lavoratori.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha confermato la decisione della Corte di merito ribadendo il proprio orientamento secondo cui “i contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell’azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l’unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l’esplicito dissenso dall’accordo”.

Il principio segue un orientamento ormai consolidato in seno alla Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. Lav. n. 10353/2004; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 6044/2012). Anche la Suprema Corte ha ricordato che “la tutela di interessi collettivi della comunità di lavoro aziendale e, talora, la inscindibilità della disciplina che ne risulta, concorrono a giustificare la efficacia soggettiva erga omnes dei contratti collettivi aziendali, cioè nei confronti di tutti i lavoratori dell’azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti (v. tra le altre, Cass. n. 12272/2013, cit.)”.

Pertanto, conclude la Suprema Corte “correttamente, la Corte territoriale ha reputato che, non risultando neppure dedotto che i ricorrenti fossero iscritti ad una organizzazione sindacale diversa da quelle stipulanti, ai medesimi dovessero essere applicati i contratti integrativi aziendali di cui si tratta”.

Con la pronuncia di cui si discorre, dunque, la Suprema Corte ha ribadito – seppur sinteticamente – la parità sostanziale della contrattazione aziendale in luogo di quella nazionale, in ragione della tutela perseguita con gli accordi aziendali di interessi collettivi della comunità di lavoro dell’azienda o di una parte di essa.


[1] Art. 4 Accordo Interconfederale 28 giugno 2011.

[2] Nel rispetto di quanto previsto dall’art. 8 del DL 138/2011, la contrattazione aziendale può derogare al precetto normativo in tema di:

  • impianti audiovisivi e introduzione di nuove tipologie
  • mansioni del lavoratore, classificazione e inquadramento del personale
  • contratti a termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, regime nella solidarietà negli appalti e casi di ricorso alla somministrazione di lavoro
  • disciplina dell’orario di lavoro
  • modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le partite IVA
  • trasformazione e conversione dei rapporti di lavoro
  • conseguenza di recesso dal rapporto di lavoro.

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