Coronavirus: effetti su contratti in generale e contratti di viaggio

in Giuricivile, 2020, 3 (ISSN 2532-201X)

La recente normativa introdotta in via di urgenza con una raffica di decreti legge in materia di contagio Covid-19 si è realizzata un’operazione di tecnica legislativa per certi versi innovativa nel nostro ordinamento.

In determinate materie regolate dalle norme anti Covid-19, come diremo nel prosieguo, il legislatore, inseguendo un’opzione di massima chiarezza e semplificazione, ha ritenuto di abbandonare il tradizionale criterio ampiamente utilizzato nel codice civile di descrivere la fattispecie astratta con clausole generali che rimettono la qualificazione giuridica e l’individuazione della fattispecie concreta alla discrezionalità del giudice. Ciò nell’ottica di massimizzare la tutela per il soggetto del rapporto obbligatorio maggiormente danneggiato dagli eventi pandemici.

Indice

1. Lordinaria tecnica normativa in materia di responsabilità: le clausole generali

2. La tecnica normativa utilizzata con la decretazione d’urgenza “Covid-19”
2.1 In particolare: l’art. 91 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18

2.2 Il rilievo dell’art. 91 sulla gestione delle sopravvenienze contrattuali

2.3 segue: l’art. 28 del D.L. 2 marzo 2020 (effetti sui contratti di viaggio)
3. Conclusioni

1. L’ordinaria tecnica normativa in materia di responsabilità: le clausole generali

Ci si riferisce, in prima battuta, in materia contrattuale, alla norma cardine di cui all’art. 1218 che al primo comma impone al debitore di risarcire il danno se “non esegue esattamente la prestazione dovuta”; con tale espressione – che costituisce un evidente esempio di clausola generale [1] – volutamente generica e indeterminata, si è voluto lasciare al giudice il compito di qualificare volta per volta, a seconda del caso concreto, quando un determinato comportamento del debitore possa considerarsi “non diligente” e dunque adempitivo in modo inesatto della prestazione dedotta in obbligazione [2]. Ciò perché è materialmente impossibile o non conveniente regolamentare ex ante tutte le concrete situazione che potrebbero verificarsi in astratto e le conseguenze di avvenimenti imprevisti che possono ritardare o impedire l’adempimento [3]. Impossibile, data la tendenziale infinità dei casi concreti che si possono presentare; non conveniente, perché anche ove ciò fosse possibile i costi contrattuali sarebbero elevatissimi, dovendo predisporre un regolamento negoziale estremamente ed eccessivamente minuzioso.

2. La tecnica normativa utilizzata con la decretazione d’urgenza “Covid-19”

Si è invece scelto, facendo ricorso alla decretazione d’urgenza, di descrivere una determinata fattispecie concreta, legata ad una situazione contingente causata dallemergenza virale Covid-19, predeterminandone, per quanto più possibile, leffetto giuridico. Infatti caratteristica propria della clausole generale è quella di consentire all’ordinamento di adeguarsi alla progressiva evoluzione della realtà sociale affidando al giudice un ampio potere di concretizzazione del contenuto precettivo delle norme giuridiche [4]. Il legislatore con i decreti legge ha al contrario ritenuto di restringere tale campo individuando fattispecie tipiche.

2.1. In particolare: l’art. 91 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18

Tale articolo, rubricato “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse allemergenza epidemiologica da COVID-19” che detta disposizioni, tra l’altro, in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dallattuazione delle misure di contenimento, utilizza una tecnica legislativa opposta. Viene espressamente stabilito, ex ante ed in via legislativa, come l’adeguamento alle disposizioni restrittive connesse alle misure anti COVID-19, deve essere sempre valutato ai fini dell’inesatto adempimento e del conseguente risarcimento del danno.

Vi è dunque un obbligo per il giudice di valutare sempre tale circostanze; permane d’altronde in capo ad egli un (più limitato) margine di giudizio, laddove il rispetto delle misure deve comunque essere valutato. Nella regola generale di cui all’art. 1218 [5], invece, il comportamento non diligente che determina inadempimento e responsabilità contrattuale viene verificato ex post e in via giurisprudenziale.

In particolare l’art. 91 cit. prevede che allart. 3 del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 (recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione  dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il co. 6, sia inserito il comma 6-bis, che recita: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente allapplicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti. …”.

La norma di cui all’art. 3 co. 6-bis D.L. 6/2020 impone una profonda riflessione sulle conseguenze giuridiche di comportamenti che normalmente sarebbero qualificabili come “inadempimenti” ma che, ove verificatesi in conseguenza del rispetto delle misure di contenimento anti Covid-19, possono invece non esserlo.

Si pensi per esempio alla locazione ad uso commerciale di locali aziendali utilizzati per l’esercizio di attività di impresa che – a seguito delle disposizioni di legge – rientrino tra quelle oggetto di chiusura ai sensi dell’art. 1 co. 2 lett. j D.L. 6/2020. In tale ipotesi il conduttore che non dovesse versare i canoni di locazione potrebbe eccepire tale circostanza in un eventuale giudizio promosso dal locatore per ottenere il pagamento dei canoni e, finanche, la risoluzione contrattuale, dovendo comunque il giudice valutare tale circostanza al fine di decidere se il mancato pagamento sia o meno dovuto a colpa del debitore. Data l’indeterminatezza di tale circostanza, nonostante la previsione legislativa, e dunque l’aleatorietà di un eventuale giudizio è sempre consigliabile preventivamente trovare un accordo di rinegoziazione che possa passare, ad esempio, attraverso la sospensione del pagamento per il periodo di tempo interessato dalle misure restrittive [6].

2.2. segue: la rilevanza dell’art. 91 sulla gestione delle sopravvenienze contrattuali

La previsione di cui allart. 3 co. 6-bis D.L. 6/2020 può incidere, inoltre e seppur indirettamente, sotto il profilo dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione e quindi dell’applicabilità alla fattispecie delle ipotesi di cui agli artt. 1463 ss. c.c.; ossia i casi di sopravvenienze incidenti sulla realizzazione del risultato contrattuale voluto dalle parti, vanificandolo, totalmente o parzialmente. Infatti è evidente che se l’applicazione delle misure contenitive può determinare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (art. 1218 ult. parte c.c.), tali misure, del pari, rilevano nei contratti corrispettivi ai fini della definitiva liberazione del debitore per impossibilità sopravvenuta della sua prestazione. Quindi esse operano, non solo per escludere il risarcimento del danno al creditore, ma anche per la risoluzione del contratto; in altre parole il contratto non avrà più ragion d’essere tra le parti dato il mutamento delle circostanze di fatto determinato dalle misure contenitive Covid-19.

Se, ad esempio, era stata convenuta la consegna di merci già pagate per una data successiva all’adozione delle misure e divenga impossibile poiché l’attività di trasporto interessata dal divieto, questa non sarà più dovuta qualora le parti non abbiano interesse a differirne nel tempo l’esecuzione e – correlativamente – il debitore sarebbe definitivamente liberato dalla prestazione, salve le ripetizioni dei pagamenti che a questo punto diventano indebiti (art. 2033 c.c.).

Non diverse le considerazioni nel caso in cui i divieti interessino, non già l’attività del debitore, ma quella d’impresa del creditore; anche qui l’onere probatorio a carico del creditore della prestazione dovrà appuntarsi sulla circostanza che la prestazione diviene inutile a seguito del decorso del tempo interessato dalle misure contenitive. Il problema sussiste laddove tale circostanza non sia stata prevista nel regolamento contrattuale tramite apposita pattuizione di termine essenziale ex art. 1457; in tali ipotesi potrebbe instaurarsi un contenzioso tra le parti in merito al fatto che, dopo il decorso delle misure, la prestazione possa essere ancora effettuata poiché l’interesse del creditore non sarebbe venuto meno. Tenuto conto che l’onere della prova ex art. 2697 c.c., e quindi di dimostrare il contrario, graverà sul creditore, con ogni conseguenza di rischio di soccombenza di quest’ultimo nel caso in cui non riuscisse ad assolverlo in giudizio.

Per tali ragioni, specie in questo periodo in cui “si naviga a vista” nei rapporti commerciali, risulta sommamente opportuno regolamentare con apposite clausole negoziali ogni aspetto afferente le problematiche dell’incidenza delle misure contenitive [7]; pur nella consapevolezza che la mutevolezza della legislazione, anche regionale, in materia, non consente di avere assolute certezze.

2.3. segue: l’art. 28 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9.

Un’ipotesi di regolamentazione specifica ex lege di casi di impossibilità sopravvenuta in ambito Covid-19 si registra, seppur in ambito B2C [8], nella specifica materia dei contratti di viaggio, all’art. 28 D.L. 9/2020 recante “Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici.

Il co. 1 di tale disposizione afferma, in estrema sintesi, che ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilita’ della prestazione dovuta in relazione ai contratti di trasporto stipulati da soggetti risultati positivi al virus, ovvero che hanno programmato viaggi da o verso zone interessate dal contagio. Vengono individuate, per via normativa, specifiche ipotesi di risoluzione contrattuale determinate dall’emergenza pandemica.

Al co. 9 del medesimo articolo è previsto che alla sospensione dei viaggi ed iniziative d’istruzione  disposta dal 23 febbraio al 15 marzo  ai  sensi  degli  articoli  1  e  2  del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, e dei conseguenti provvedimenti attuativi, si applica quanto previsto dall’art. 41 co. 4  D. Lgs. 79/2011 [9], in ordine  al  diritto  di recesso del viaggiatore prima dell’inizio del  pacchetto  di  viaggio nonché l’art. 1463 del codice civile.

Con queste norme il legislatore inserisce quindi nell’ordinamento fattispecie tipiche di impossibilità sopravvenuta, passando dalla tecnica legislativa della clausole generale quella della norma specifica.

L’intento questa volta non è solo la tutela della parte “debole” del contratto (il turista), sebbene anche e soprattutto dell’organizzatore o intermediario del viaggio. Infatti, tali disposizioni del D.L. 9/2020 prevedono che, in deroga a quanto disposto dall’art. 41 cod. tur. che impone il rimborso integrale dei pagamenti effettuati dal turista-viaggiatore, il rimborso può essere effettuato anche mediante l’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione; si tutela quindi l’impresa turistica, permettendole di contemperare l’interesse del turista al rimborso  integrale e immediato, con quello alla tutela della liquidità finanziaria dell’impresa.

3. Conclusioni

Se in materia di rimborso dei titoli di viaggio e dei pacchetti turistici (art. 28 D.L. 9/2020) la decretazione d’urgenza in ambito Covid-19 può risultare efficace e di immediata applicazione, venendo delineate con precisione le ipotesi di impossibilità sopravvenuta che danno luogo a recesso con applicazione della relativa disciplina in deroga al codice del turismo, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda la disciplina recata dall’art. 3 co. 6-bis D.L. 6/2020.

Seppur infatti con essa si impone la valutazione del giudice circa il rispetto delle misure di osservanza Covid-19, altrettanto, il che è ovvio, non accade circa le conseguenze finali di tale valutazione. Nel senso che, altrettanto indubbiamente, sarà sempre e solo il giudice a valutare l’effettiva incidenza di tali misure sull’inadempimento contrattuale, tornando quindi necessariamente a fare applicazione dei criteri della buona fede oggettiva (i.e. correttezza) ex art. 1175 tra le parti nella relazione contrattuale e della diligenza nell’adempimento da parte del debitore ex art. 1176 nell’esecuzione del rapporto.


[1] La clausola generale costituisce una tecnica normativa in base alla quale il precetto della norma, anziché individuare e determinare concretamente la fattispecie come avviene con le norme specifiche, è descritto con una formulazione volutamente generica rimandando per la sua specificazione a materie esterne alla scienza giuridica (es. correttezza ex art. 1175 c.c., diligenza nell’adempimento ex art. 1176, ecc.). Si distinguono sia dai principi generali, che come tali non riguardano settori specifici dell’ordinamento (es. obbligazioni, proprietà, famigli ecc.), ma questo nel suo insieme (principio del divieto di abuso del diritto, principio del giusto processo ecc.), sia dai concetti giuridici indeterminati (importanza dell’inadempimento ex art. 1455, motivo legittimo che autorizza, ai sensi dell’art. 1206 c.c., il creditore a rifiutare l’adempimento) che rinviano a valutazioni giuridiche; v. per tutti, DI MARZIO, Ringiovanire il diritto? Spunti su concetti indeterminati e clausole generali, Giustizia Civile, 2/2014, 339).

[2] L’utilizzo della tecnica delle clausole generali rinvia all’incompletezza delle fonti del rapporto. In particolare la norma redatta con la tecnica della clausola generale delega alla giurisprudenza la selezione della regola di comportamento, quando la complessità delle variabili che intervengono nel rapporto obbligatorio supera la capacità di previsione e di controllo dell’autonomia privata e delle legge (CALDERAI, in Diritto Civile. Nome, questioni, concetti, a cura di AMADIO G. – MACARIO F., Bologna, 2014, pag. 381).

[3] cfr. CALDERAI 2014, 381 cit.

[4] C.M. BIANCA e S. PATTI, Lessico di diritto civile, Milano, 2002, 125.

[5] La norma di cui all’art. 1218, quale disposizione regolatrice della responsabilità del debitore in generale, deve essere letta, secondo la comune interpretazione, in connessione con l’art. 1176 c.c. che individua il quomodo della condotta del debitore nella fase esecutiva dell’obbligazione. Ove si operi un coordinamento tra le due previsioni, la misura della diligenza di cui all’art. 1176 deve intendersi come indicazione dei mezzi e degli accorgimenti che il debitore deve porre in essere per conseguire il risultato od attuare il tipo di attività in cui è ravvisabile la soddisfazione dell’interesse creditorio, consentendo così di distinguere tra inadempimento non dovuto a colpa e inadempimento imputabile a colpa (RODOTA’, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964).

[6] La circostanza dell’indeterminatezza delle soluzioni che il giudice può adottare nonostante la specifica previsione di legge (art. 3 co. 6-bis D.L. 6/2020), denota il motivo per cui il codice civile ha regolamentato la materia tramite l’utilizzo di clausole generali; solo la clausola generale, infatti, è in grado di garantire quella sufficiente elasticità della norma tale da renderla adattabile a tutte le situazioni concrete, anche a seguito del mutamento delle condizioni sociali o della contingenza fattuale; il contraltare di tale impostazione è costituito dall’oggettiva impossibilità di pre-determinare le fattispecie di concreta operatività della norma con una conseguente situazione di “incertezza del diritto” (P. PERLINGIERI e P. FEMIA, Principi e clausole generali, P. PERLINGIERI e altri, Manuale di diritto civile, Napoli, 2002, 17-18; per una disamina completa dell’argomento, V. VELLUZZI, Le clausole generali. Semantica e politica del diritto, Milano, 2010).

[7] Ad es. con clausole sia tipiche (clausole attributive del potere di sospendere l’esecuzione del contratto, clausole di termine essenziale) che atipiche (clausole di rinegoziazione, clausole di aggiustamento prezzo, clausole di recesso, clausole di «forza maggiore», clausole di «hardship», clausola rebus sic stantibus), per una rassegna completa sull’argomento v. M. CONFORTINI, Clausole negoziali – Profili teorici e applicativi di clausole tipiche e atipiche – Vol. I e II, Torino, 2017 – 2019).

[8] Quindi Business-to-consumer ossia riguardante gli scambi commerciali che avvengono tra imprese e consumatori; mentre gli esempi visti in precedenza attenevano agli scambi Business-to-business (B2B) cioè effettuati tra imprese prima che il prodotto arrivi al consumatore finale: ogni attività B2C genera degli scambi di tipo B2B. In questo senso, in termini aziendalistici, gli scambi B2B comprendono tutte le transazioni stabilite tra un’azienda e i suoi fornitori o tra un’azienda e altre aziende dello stesso settore.

[9] Il codice del turismo è stato introdotto nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 2008/122/CE. La norma sul diritto di recesso (art. 41) prevede che il viaggiatore può recedere dal contratto di pacchetto turistico in ogni momento prima dell’inizio del soggiorno, dietro rimborso all’organizzatore delle spese sostenute, adeguate e giustificabili. Inoltre (co. 4), in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati.

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