“In merito ai canoni di prefinanziamento, la cui corresponsione è spesso prevista contrattualmente in favore del concedente nel corso della realizzazione o dell’adeguamento dell’opera, essi non si sottraggono alla regola generale della competenza e vanno dedotti dall’utilizzatore, con la tecnica contabile del risconto, pro quota per l’intera durata del contratto a partire dal momento della consegna dell’immobile.”
Così si è espressa la V Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza nr. 8897 dell’11 aprile 2018 ponendo fine, almeno per il momento, all’annosa diatriba che affliggeva il trattamento fiscale di oneri tipici di quella peculiare categoria di locazione finanziaria definita “leasing finanziario immobiliare in costruendo” o, più volgarmente, di leasing-appalto.
Il leasing in costruendo o leasing-appalto
Con tale locuzione deve intendersi quella tipologia contrattuale con cui un locatore si obbliga a costruire un bene, generalmente un immobile, che sarà destinato allo sfruttamento da parte di un utilizzatore il quale, a sua volta, da un lato si impegna a pagare dei canoni periodici (che prendono il nome di canoni di prelocazione o di prefinanziamento) e, dall’altro, si garantisce il diritto di riscatto al fine di divenire proprietario del bene.
In ragione della sempre più vasta diffusione che tale contratto di leasing-appalto sta ottenendo fra le pubbliche amministrazioni per la costruzione di opere pubbliche, esso è entrato di diritto, quale forma di “partenariato pubblico-privato”, nel dettato normativo del Codice dei contratti pubblici ex D. Lgs. nr. 50 del 18 aprile 2016 ove, all’articolo 187, ne è sancita l’utilizzabilità “per la realizzazione, l’acquisizione e il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità”.
Il leasing immobiliare in costruendo si lega a doppia mandata al contratto di leasing futuro atteso che, posto cronologicamente nell’arco temporale che precede il leasing vero e proprio, afferisce la creazione di quel bene che, una volta venuto ad esistenza, formerà oggetto del contratto tipico che segue.
La caratteristica fondamentale del contratto di locazione finanziaria in costruendo risiede nel fatto che, sebbene sia usualmente l’utilizzatore a stipulare il contratto di appalto con il costruttore dell’opera, dovendo il primo indicare nello specifico le caratteristiche necessarie alle esigenze di futuro utilizzo, è la società di leasing che invece finanzia totalmente il costo della predetta costruzione (da qui il doppio vantaggio per le pubbliche amministrazioni che possono fruire immediatamente della disponibilità di opere pubbliche con un limitato sforzo finanziario iniziale).
Proprio in virtù di tale finanziamento garantito dalla società di leasing è sorta la problematica inerente il trattamento contabile e fiscale da riservare ai canoni di prelocazione, costituiti in particolar modo dagli interessi che l’utilizzatore paga alla società di leasing per il capitale da quest’ultima anticipato.
Il contrasto dottrinale e giurisprudenziale
La dottrina al riguardo non ha preso posizione unanime, potendosi di fatti individuare due distinte e contrapposte correnti di pensiero.
Una prima tesi muove nella direzione di scindere l’intera forma contrattuale in due autonome operazioni: il finanziamento prima, ed il contratto di leasing poi. I canoni di prelocazione quindi, totalmente slegati dal leasing, attengono, secondo tale visione, unicamente al rimborso del capitale ed alla corresponsione dei relativi interessi maturati a seguito del finanziamento erogato dalla società di leasing. Pertanto la deducibilità degli stessi deve avvenire, in ossequio al principio di competenza disciplinato dall’articolo 109 del TUIR, nel periodo in cui avviene il predetto finanziamento e non anche nel periodo in cui il bene è ultimato ed inizia ad esplicare la sua vita utile.
Di questo avviso è stata la Commissione Tributaria Regionale per la Toscana che, con sentenza del 4 maggio 2012 aveva statuito come “in un contratto di leasing per un immobile da costruire gli oneri di prelocazione […] non rappresentano il corrispettivo per l’utilizzazione del bene, ma piuttosto il corrispettivo, posto a carico del futuro utilizzatore, dell’erogazione dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione dell’immobile stesso”. In ragione di tale premessa il giudice tributario di secondo grado ha optato per ritenere legittima la deducibilità di tali oneri nei medesimi esercizi in cui sono erogati i finanziamenti
La seconda tesi diffusasi in dottrina, contrapposta alla precedente, propende per una visione di sintesi ed unitaria di detta tipologia contrattuale, in virtù della quale si ritiene imprescindibile una visione d’insieme del contratto di leasing in costruendo. Di fatti la scissione della fattispecie contrattuale de qua nelle sue due parti fondamentali finirebbe per snaturarne la portata complessiva, perdendo in tal modo di vista la reale ed effettiva funzione del finanziamento posto in essere, il quale non deve esaurirsi nell’anticipazione del capitale finalizzato alla mera costruzione del bene, bensì deve essere prodromico del futuro contratto di leasing avente ad oggetto il bene venuto ad esistenza.
Sulla scorta di tale assunto quindi, nel rispetto del più generale principio economico della correlazione fra costi e ricavi, si ritiene che i canoni di prelocazione, alla stregua del trattamento riservato al maxicanone finale (così come stabilito dalla Corte di Cassazione già nel 2000 con la sentenza nr. 10147 del 2 agosto), debbano essere imputati, con il criterio del pro rata temporis, soltanto a partire dal momento della consegna del bene e per tutta la durata del contratto di leasing.
La decisione della Corte
Tale orientamento è apparso risolutore per la Corte di Cassazione che, con l’innovativa sentenza dello scorso 11 aprile, ha ribaltato del tutto il precedente indirizzo della Commissione Tributaria Regionale per la Toscana, chiarendo come i canoni di prefinanziamento debbano ricevere un trattamento contabile e fiscale analogo a quello già previsto per i normali canoni di leasing del bene cui afferiscono. Di fatti, così come i costi inerenti il bene oggetto del leasing, i cd. oneri di diretta imputazione, saranno deducibili, tramite la tecnica di contabilità aziendale del risconto, pro quota per gli esercizi di durata del contratto, alla stessa maniera i canoni di prelocazione “non si sottraggono alla regola generale della competenza” in quanto attengono a ciascun bene che, una volta creato, inizierà ad esplicare la propria vita utile costituendo oggetto del futuro contratto di leasing.
Ponendosi nella solco creato dai sostenitori di tale seconda tesi, la Suprema Corte ha quindi sposato pienamente la teoria della visione unitaria e di sintesi del contratto di locazione-appalto, individuando nella correlazione con il conseguente contratto di leasing l’idonea configurazione contabile dei canoni di prefinanziamento, atteso che “una diversa qualificazione della fattispecie non terrebbe conto dell’unitarietà funzionale del leasing in costruendo”.