Provvigione mediatore: prescrizione e omessa comunicazione della conclusione dell’affare

in Giuricivile 2018, 2, (ISSN 2532-201X)

1. Il mediatore e il diritto alla provvigione

Il mediatore, ai sensi dell’art. 1754 c.c., è “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.

Il mediatore si distingue dall’agente, che è obbligato a promuovere la stipulazione di contratti, proprio per l’imparzialità e l’indipendenza.

L’interposizione neutrale del mediatore, tuttavia, non esclude che lo stesso possa essere incaricato da uno solo dei contraenti, invero, l’indipendenza e l’imparzialità attengono soltanto all’assenza di un rapporto “di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza[1].

Il mediatore, per l’opera prestata, ha diritto a ricevere la provvigione che è posta a carico di entrambe le parti. Ciò che rileva, al fine di far sorgere in capo al mediatore il diritto alla provvigione è il nesso di causalità, che sussiste ogni qual volta “l’affare è concluso per effetto del suo intervento[2].

In merito al diritto alla provvigione del mediatore, la giurisprudenza costante afferma che: “non è richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata[3].

Il diritto alla provvigione del mediatore si prescrive, ai sensi dell’art. 2950 c.c., in un anno, che decorre dalla conclusione dell’affare da intendersi quale “compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo[4]. La conclusione dell’affare, pertanto, si considera, ai sensi dell’art. 2935 c.c., il giorno in cui il diritto alla provvigione può essere esercitato dal mediatore[5].

2. L’omessa informazione delle parti della conclusione dell’affare

Occorre comprendere cosa accade se il mediatore non sia informato dalle parti dell’avvenuta conclusione dell’affare, in particolare, in merito al termine di prescrizione. È necessario cioè verificare se l’omissione generi:

  • un impedimento alla decorrenza del termine di prescrizione per impossibilità di far valere il diritto alla provvigione, ai sensi dell’art. 2935 c.c.;
  • una sospensione del termine di prescrizione, ex art. 2941 c.c.

2.1 L’impedimento alla decorrenza del termine di prescrizione

In termini generali, la giurisprudenza costante riconduce le ipotesi di impedimento della decorrenza del termine di prescrizione alle sole impossibilità (di far valere il diritto) derivanti da cause giuridiche e non da ragioni soggettive o ostacoli di mero fatto, per i quali l’art. 2941 c.c. prevede specifici e tassativi casi di sospensione[6].

In virtù di tale interpretazione, non sussistendo alcun obbligo di informazione in capo alle parti, si può pacificamente escludere la riconducibilità della omessa comunicazione al mediatore dell’avvenuta conclusione dell’affare ad un impedimento alla decorrenza del termine di prescrizione di un anno, in quanto si tratta di una mera impossibilità materiale di esercizio del credito del mediatore, non derivante da una causa giuridica[7].

2.2. La sospensione del termine

L’omessa informazione, contrariamente, potrebbe configurare un caso di sospensione del termine di prescrizione, ai sensi dell’art. 2941 n. 8 c.c., nel caso in cui il debitore abbia “dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”.

In termini generali, l’occultamento doloso opera “solo quando il debitore adotta un comportamento tale da causare al creditore l’impossibilità di ottenere l’adempimento dovuto […]non impone, in altri termini, di far riferimento ad un’impossibilità assoluta di superare l’ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerate l’effetto dell’occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli[8].

L’occultamento doloso, quindi, si configura solo in caso di:

  • attività commissiva del debitore diretta ad occultare intenzionalmente al creditore la situazione di fatto, cui è collegato il diritto;
  • omissione del debitore di un atto dovuto, cioè imposto dalla legge[9].

Da tale precisione, deriva la conclusione che, non sussistendo alcun obbligo di informazione in capo alle parti circa l’avvenuta conclusione dell’affare al mediatore, l’omissione non costituisce un caso di occultamento doloso ex art. 2941 n. 8 c.c., in quanto non attiene ad un atto dovuto[10].

La giurisprudenza, in materia di diritto alla provvigione del mediatore, ha, infatti, più volte affermato che: “In tema di sospensione della prescrizione di un diritto, l’occultamento doloso è requisito diverso e più grave della mera omissione di un’informazione, la quale ha rilievo, ai fini della detta sospensione, soltanto se sussista un obbligo di informare[11].

Inoltre la giurisprudenza ha altresì escluso che possa desumersi in modo automatico e implicito dalla omessa registrazione o trascrizione di un contratto il doloso occultamento, in quanto pur essendo, atti dovuti cui i contraenti sono legalmente obbligati, la loro finalità non attiene ai rapporti tra privati, e sono inoltre inidonei, di per sé, a dimostrare il doloso occultamento della data del contratto o di altri fatti produttivi di diritti altrui[12].

In conclusione, nel caso in cui il mediatore riesca a dimostrare che la sua ignoranza sia attribuibile alle condotte ed omissioni (di atti dovuti) del debitore, dolosamente preordinate a vanificare il diritto alla provvigione del mediatore, il termine di prescrizione di cui all’art. 2950 c.c. decorrerà da quando il mediatore avrà conoscenza e notizia della conclusione dell’affare[13].

Contrariamente, in caso di mero comportamento omissivo del debitore che non abbia ad oggetto un atto dovuto, non opererà né un impedimento alla decorrenza del termine né una sospensione della prescrizione.


[1] Art. 1754 c.c.; Cassazione civile, sez. III, 22/10/2010, n. 21737

[2] Art. 1755 c.c.

[3] Cassazione civile, sez. II, 16/01/2018, n. 869; Cassazione civile, sez. VI, 26/03/2012, n. 4822; Cassazione civile, sez. III, 15/04/2008, n. 9884.

[4] Cassazione civile, sez. VI, 30/11/2015, n. 24399; Cassazione civile, sez. III, 26/09/2005, n. 18779; Cassazione civile, sez. III, 16/06/1992, n. 7400.

[5] Cassazione civile, sez. III, 05/05/1994, n. 4333.

[6] Cassazione civile, sez. lav., 26/05/2015, n. 10828; Cassazione civile, sez. III, 06/10/2014, n. 21026; Cassazione civile, sez. lav., 08/07/2009, n. 15991; Cassazione civile, sez. III, 07/11/2005, n. 21495.

[7] Cassazione civile, sez. III, 13/02/2002, n. 2071.

[8] Cassazione civile, sez. VI, 06/11/2017, n. 26298.

[9] Cassazione civile, sez. III, 11/11/1998, n. 11348; Tribunale Savona, sez. II, 24/11/2006; Corte Conti reg., (Sardegna), 30/09/2002, n. 885.

[10] Cassazione civile, sez. III, 05/02/2014, n. 2616.

[11] Cassazione civile, sez. III, 05/02/2014, n. 2616; Cassazione civile, sez. III, 29/01/2010, n. 2030; Cassazione civile, sez. III, 11/11/1998, n. 11348.

[12] Cassazione civile, sez. III, 05/02/2014, n. 2616; Cassazione civile, sez. III, 29/01/2010, n. 2030; Cassazione civile, sez. III, 11/11/1998, n. 11348.

[13] Cassazione civile, sez. III, 21/11/2011, n. 24444; Cassazione civile, sez. III, 13/02/2002, n. 2071; Tribunale Napoli, 19/10/2004.

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