La scrittura privata contenente diverse pattuizioni ad effetti obbligatori da realizzare in futuro attraverso un contratto di donazione costituisce un’ipotesi di preliminare di donazione.
Come tale, tale operazione è inammissibile e la relativa nullità insanabile.
Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 14262 dell’8 giugno 2017.
Il caso in esame
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il tema del preliminare di donazione. Il caso da cui muove la decisione in commento può essere riassuntivamente descritto nei seguenti termini.
Un locatore intimava sfratto per morosità alla società conduttrice di un immobile locato ad uso ufficio; la predetta società si opponeva allo sfratto, affermando di essere creditrice nei confronti del locatore. Tra le parti era infatti sorta nel 2005 una scrittura privata che prevedeva un vitalizio irrevocabile a favore del locatore, il quale a fronte di tale prestazione avrebbe dovuto cedere la proprietà dell’immobile alla società conduttrice.
Il giudice previo mutamento del rito respingeva dunque la domanda di risoluzione del contratto di locazione in forza di tale scrittura privata e per lo stesso motivo condannava la società conduttrice a corrispondere euro 4.000,00 al locatore a titolo di vitalizio.
Quest’ultimo proponeva gravame avverso la sentenza del Tribunale e la società conduttrice resisteva proponendo a sua volta appello incidentale.
La Corte di Appello accoglieva le domande di entrambe le parti, dichiarando risolto il contratto di locazione per inadempimento con relativa condanna al pagamento dei canoni e revocava la corresponsione della società conduttrice al pagamento di euro 4.000 a titolo di vitalizio nei confronti del locatore.
Il preliminare di donazione
Il contratto preliminare di donazione è sempre stato considerato affetto da nullità sia in giurisprudenza che in dottrina; osta all’ammissibilità di questa figura contrattuale lo spostamento al futuro della determinazione dello spirito di liberalità.
Nell’istituto della donazione lo spirito di liberalità si manifesta invece in modo istantaneo senza che la sua determinazione sia rinviata nel tempo.
Soltanto in una pronuncia della giurisprudenza di merito, rimasta isolata, il Tribunale di Bergamo ha ravvisato oltre la legittimità del contratto preliminare di donazione anche la possibilità di stipulare un contratto di donazione obbligatoria.
Nella sopra richiamata pronuncia di merito il preliminare di donazione è caratterizzato dallo spostamento delle parti nel futuro della manifestazione dell’animus donandi; mentre nella donazione obbligatoria lo spirito di liberalità è definitivo fin da subito.
La decisione della Cassazione: l’inammissibilità del contratto preliminare di donazione
Come accennato, la scrittura privata in esame prevedeva un vitalizio irrevocabile a favore del locatore, il quale a fronte di tale prestazione avrebbe ceduto la proprietà dell’immobile alla società conduttrice e affidatole a vita la gestione e l’amministrazione dei diritti di usufrutto e di pertinenza. Veniva inoltre specificato che tale trasferimento sarebbe avvenuto attraverso l’istituto della donazione.
Ebbene, la Corte di legittimità ha negato la qualificazione di contratto preliminare di donazione della scrittura privata, in quanto siffatta ricostruzione giuridica trascura altri aspetti rilevanti del caso in questione quali l’accordo vitalizio, il rilascio della procura e della donazione.
Ad ulteriore sostegno di tale tesi la Corte sottolinea che il contratto preliminare di donazione è affetta da nullità insanabile; perciò osservando la scrittura privata alla luce del principio di conservazione degli atti giuridici si nota che questa integra piuttosto un’ipotesi di collegamento negoziale.
La scrittura privata conteneva infatti un insieme di pattuizioni diverse tra loro ed i successivi atti realizzati dopo la scrittura hanno avuto soltanto lo scopo di riprodurre soltanto accordi validi già compiuti.
I negozi contenuti nella scrittura privata perseguivano due scopi, il primo di assicurare una rendita vitalizia al locatore; ed il secondo consentire alla società conduttrice l’amministrazione e il godimento degli utili dei beni in usufrutto.
Sulla base di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha dunque cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di Appello in diversa composizione.