Edificio costruito su terreno in comunione: proprietà esclusiva o parte comune? Parola alle Sezioni Unite

in Giuricivile, 2017, 4 (ISSN 2532-201X), Nota a Cass. Civ., Sez. II, 11/04/2017, n. 9316, Presidente: Bruno Bianchini, Relatore: Alberto Giusti

Qual è la sorte di un edificio costruito in un terreno in comunione ordinaria tra il costruttore e un terzo?

Può riconoscersi in favore del comproprietario costruttore la proprietà esclusiva della nuova costruzione edificata sul suolo comune o essa deve invece rientrare nella comunione?

A queste domande dovranno rispondere le Sezioni Unite, a cui è stata rimessa con l’ordinanza n. 9316 del 11 aprile 2017 questa controversa questione in materia di comunione ordinaria e accessione.

Il caso in esame

Nel caso in esame, una società costruiva ex novo dei locali interrati e seminterrati in un fabbricato.

Quest’ultimo era sito in un terreno in comproprietà tra la società e un terzo.

Venuto a sapere della costruzione, il comproprietario pro indiviso del terreno conveniva dunque la società chiedendo lo scioglimento della comunione di tutti i beni realizzati nel sottosuolo di detto terreno dalla convenuta e la conseguente attribuzione delle quote di spettanza di ciascuno, previa individuazione di eventuali conguagli.

La società si difendeva, sostenendo l’attribuzione in proprietà esclusiva ad essa delle porzioni interrate e seminterrate costruite ex novo perché non costituenti parti comuni.

Sia il Tribunale che la Corte d’appello rigettavano la domanda di divisione, negando l’esistenza dei presupposti della cosa comune.

Infatti, la porzione sui due piani in contestazione:

  • risultava essenzialmente incorporata alla proprietà esclusiva della società appellata, che accedeva al piano seminterrato ed interrato solo per mezzo di una scala interna dall’unità abitativa di proprietà della società situata al piano terra dell’edificio condominiale, pagati esclusivamente dalla appellata proprio in quanto porzione esclusiva e non bene condominiale;
  • non era incorporata né funzionalmente legata alla proprietà del terzo comproprietario;
  • era del tutto priva delle caratteristiche (quali un muro maestro o un tetto) tali da indurre a ritenerla essenziale all’esistenza delle proprietà o dei beni comuni;
  • non era nemmeno essenziale per l’esistenza ed il godimento delle proprietà esclusive, non trattandosi, ad esempio, di un vano scala a cui si acceda a più proprietà esclusive.

Il primo orientamento: si applica l’accessione ex art 934 cc

Sulla questione descritta, riguardante la sorte di un edificio costruito in un terreno in comunione ordinaria tra il costruttore e un terzo, sussiste un evidente contrasto giurisprudenziale.

Un primo orientamento sottolinea che per il principio dell’accessione ex art. 934 c.c., la costruzione su suolo comune è anch’essa comune, mano a mano che si innalza, salvo contrario accordo scritto, ad substantiam (art. 1350 c.c.).

Pertanto, per l’attribuzione, in proprietà esclusiva, ai contitolari dell’area comune, dei singoli piani che compongono la costruzione, sono inidonei sia il corrispondente possesso esclusivo del piano, sia il relativo accordo verbale, sia il proporzionale diverso contributo alle spese (Cass., Sez. II, 11 novembre 1997, n. 11120).

Alla luce di tale orientamento:

  1. La costruzione eseguita su un’area in comproprietà da parte di uno dei condomini ricade in comunione pro indiviso a favore di tutti i comproprietari secondo quote ideali proporzionate alle quote di proprietà dell’area stessa, salvo che non si sia costituito nei modi e nelle forme di legge un altro diritto reale a favore del costruttore-condomino (Cass., Sez. I, 12 maggio 1973, n. 1297).
  2. La costruzione eseguita dal comproprietario, sul suolo comune, diviene, per accessione, di proprietà comune agli altri comproprietari del suolo, restando esclusa l’applicabilità degli artt. 936 e ss. c.c., che riguardano la diversa ipotesi di opere eseguite da un terzo (Cass., Sez. II, 11 luglio 1978, n. 3479).

Invero, il principio dell’accessione di cui all’art 934 c.c. implica che, quando il suolo è comune, ricada nella comunione anche l’edificio costruito su di esso.

E ciò salvo che i comproprietari del suolo medesimo abbiano provveduto con atto scritto alla determinazione reciproca del loro diritto sulle singole porzioni del costruendo edificio, destinato a diventare, a costruzione ultimata, di rispettiva proprietà esclusiva (Cass., Sez. II, 10 novembre 1980, n. 6034).

Il secondo orientamento: si applica la disciplina della comunione

Ebbene, sul punto v’è un più recente orientamento, richiamato dalla Corte d’Appello nella sentenza impugnata, che ha invece affermato che la disciplina sull’accessione, contenuta nell’art. 934 c.c., si riferirebbe solo all’edificio costruito su terreno altrui.

In altre parole, alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su terreno comune non si applicherebbe tale disciplina, ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina, cioè con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all’uso delle cose comuni.

Secondo tale tesi, le opere abusivamente create non possono quindi considerarsi beni condominiali per accessione ma vanno considerate appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica (Cass., Sez. II, 22 marzo 2001, n. 4120; Cass., Sez. II, 27 marzo 2007, n. 7523).

La rimessione alle Sezioni Unite

Ciò chiarito, la Suprema Corte ha richiesto l’intervento delle Sezioni Unite suggerendo, in particolare, di rimeditare la portata del più recente orientamento.

Desterebbe infatti perplessità che l’edificazione sull’area comune da parte di uno solo dei comunisti in violazione degli artt. 1102 e ss. c.c., riceva il beneficio dell’assegnazione della proprietà esclusiva della costruzione.

Un’assegnazione peraltro difficilmente inquadrabile in uno dei modi di acquisto stabiliti dall’art. 922 c.c.

Le Sezioni Unite dovranno pertanto trovare una linea interpretativa in grado di coniugare la disciplina dell’accessione e della comunione, facendo convivere l’espansione oggettiva della comproprietà in caso di inaedificatio ad opera di uno dei comunisti (salvo che non si sia costituito nei modi e nelle forme di legge un altro diritto reale a favore del comproprietario costruttore) con la facoltà del comproprietario non costruttore di pretendere la demolizione della costruzione quando sia stata realizzata dall’altro comunista in violazione dei limiti posti dall’art. 1102 c.c. al godimento della cosa comune.

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