Mancato riversamento imposte di soggiorno: la giurisdizione è della Corte dei Conti. Ma c’è ancora chi dice no.

La sentenza n. 142/2025 della Terza Sezione giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti (che puoi leggere cliccando qui) rappresenta un contributo di particolare rilievo nella giurisprudenza in materia di mancato riversamento dell’imposta di soggiorno, per aver chiarito in modo sistematico e autorevole la natura polifunzionale del gestore di strutture ricettive, nonché la concorrente giurisdizione contabile e tributaria in caso di omesso riversamento del tributo.

La Corte, attraverso un’analisi approfondita e coerente del quadro normativo e giurisprudenziale, ha affrontato il nodo interpretativo derivante dalla sovrapposizione tra la qualifica di “responsabile d’imposta” e quella di “agente contabile”, risolvendolo a favore del riconoscimento della giurisdizione contabile.

Il caso di specie e la normativa di riferimento per il responsabile di imposta

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un gestore di una struttura alberghiera condannato, in primo grado dalla Corte dei conti per il mancato riversamento dell’imposta di soggiorno riscossa dai clienti negli anni 2015 – 2017.

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La contestazione sulla giurisdizione contabile

Secondo la prospettazione dell’appellante, il Collegio di prime cure avrebbe erroneamente affermato la giurisdizione della Corte dei conti, sul presupposto che il gestore della struttura alberghiera rivestisse la qualifica di agente contabile, ai sensi dell’art. 178 del r.d. 23.5.1924, n. 827, nonostante il regolamento comunale non gliela attribuisse espressamente.

Invece, secondo l’appellante, le novità normative introdotte dal Decreto Rilancio avrebbero determinato la trasformazione della qualifica giuridica del gestore della struttura, cui viene espressamente riconosciuta la funzione di responsabile del pagamento di imposta e non più di sostituto di imposta.

Il nuovo art. 180, comma 3, del D.L. 34/2020

Ed infatti, l’art. 180, comma 3, del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla l. 17 luglio 2020, n. 77 ha introdotto nel d.lgs. n. 23 del 2011 (relativo al federalismo fiscale), ed in particolare alla previsione di cui all’art. 4 (che ha normato l’introduzione dell’obbligo di corresponsione dell’imposta di soggiorno), il comma 1-ter, a mente del quale:

«Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno di cui al comma 1 e del contributo di soggiorno di cui all’art. 14, comma 16, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2010, 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. (…)».

Il diritto di rivalsa e l’interpretazione autentica del 2021

Tale previsione aggiunge, altresì, che il gestore della struttura ricettiva come responsabile del pagamento dell’imposta, può agire con diritto di rivalsa sul soggetto passivo. Successivamente, l’art. 5-quinquies del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito dalla l. 17 dicembre 2021, n. 215, ha attribuito, con norma di interpretazione autentica, efficacia retroattiva alla suddetta disposizione, estendendone l’applicabilità anche ai fatti verificatisi prima del 19 maggio 2020.

Di conseguenza, anche per la fattispecie in discussione, relativa ad omessi versamenti dell’imposta di soggiorno relativa agli anni dal 2015 al 2017, sarebbe venuta meno la giurisdizione della Corte dei Conti, essendo la materia di competenza del giudice tributario.

Il quadro normativo dell’imposta di soggiorno

Sul piano normativo, l’imposta di soggiorno è un tributo locale che i comuni italiani possono istituire per finanziare interventi legati al turismo, alla cultura e alla tutela ambientale. La sua disciplina è contenuta principalmente nell’art. 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che ha reintrodotto questo tributo nell’ambito del federalismo fiscale, dopo una lunga evoluzione storica che risale agli inizi del Novecento.

Secondo la normativa vigente, l’imposta è dovuta da chi alloggia in strutture ricettive situate nei comuni che hanno deliberato la sua applicazione. Il soggetto passivo è quindi l’ospite, mentre il gestore della struttura ricettiva assume il ruolo di responsabile del pagamento, con diritto di rivalsa sul cliente. Il gestore è tenuto a riscuotere l’imposta, rilasciare quietanza, presentare dichiarazioni periodiche e riversare le somme incassate al comune entro termini stabiliti, solitamente entro il 16 del mese successivo alla fine di ciascun trimestre.

La novella del 2020 e la figura del responsabile d’imposta

La novella del 2020 (art. 180, comma 3, del D.L. n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020) ha formalizzato la figura del gestore come “responsabile d’imposta”, introducendo anche un regime sanzionatorio di natura tributaria per l’omesso o infedele versamento e dichiarazione. Tuttavia, come vedremo, questa modifica non ha escluso la giurisdizione della Corte dei Conti, che continua a considerare il gestore come agente contabile di fatto, in quanto maneggia denaro pubblico destinato al Comune.

L’orientamento favorevole alla giurisdizione contabile. La Sentenza didattica della sezione giurisdizionale Emilia -Romagna, n. 325/2021

All’indomani della entrata in vigore della novella, la didattica sentenza n. 325/2021 (clicca qui per leggerla), emessa dalla Sezione giurisdizionale Emilia – Romagna, ha affermato – con solida motivazione – la permanenza della giurisdizione contabile nelle ipotesi di mancato riversamento delle imposte di soggiorno. La modifica normativa citata, infatti, a parere del relatore, riverbera i suoi effetti solo sul piano tributario.

Sostituto d’imposta e responsabile d’imposta: la distinzione

Qualificare il gestore delle strutture ricettive non più come sostituto di imposta (che non né soggetto passivo del tributo, né coobligato solidale e su cui incombe il solo adempimento dell’obbligazione tributaria ex art. 64 del Dpr 600/1973), ma come responsabile di imposta (che presuppone la nascita di una obbligazione solidale di pagamento ex art. 64 comma 3 del Dpr 600/1973), non fa venire meno il rapporto di servizio con il Comune, derivante dal maneggio del denaro pubblico di spettanza dell’ente locale.

La giurisprudenza contabile ha ribadito, infatti, che l’attività di riscossione e riversamento dell’imposta configura sempre un servizio pubblico, con obblighi di rendicontazione e responsabilità contabile in caso di omesso versamento.

In tale prospettiva, il gestore è tenuto alla resa del conto giudiziale e può essere chiamato a rispondere dinanzi alla Corte dei conti per il danno erariale derivante dall’omesso riversamento. Questa tesi ha trovato supporto di diverse pronunce interne alla Corte dei conti.

La sentenza n. 410/2010 della I Sezione di appello

Ex multis, basti citare la sentenza emessa dalla I Sezione di appello, n.410/2010, che ha sottolineato come la giurisdizione tributaria, al pari di quella amministrativa, sia una giurisdizione demolitoria, che presuppone l’impugnazione di un atto. Presupposto procedurale, questo, che manca con riferimento al giudizio erariale e che, quindi, ne lascia impregiudicata la competenza in tutte le ipotesi in cui vi siano condotte attive od omissive non traducibili in un provvedimento direttamente impugnabile, come nel caso dell’omesso riversamento di denaro nelle casse dell’ente pubblico.

Differenza tra sindacato sul tributo e responsabilità da omesso riversamento

In altri termini, un conto è sindacare il presupposto dell’obbligazione tributaria e quindi la ricorrenza o meno degli elementi che consentano di qualificare il soggetto privato come gestore del tributo, e un conto è non adempiere ad un obbligo di riversamento di somme di indubbia finalità pubblica, sulle quali resta impregiudicata la giurisdizione contabile.

Anche la Cassazione, dal canto suo, con la nota pronuncia n. 18320 del 13.10.2020, chiamata a pronunciarsi subito dopo l’entrata in vigore della novella del 2020, richiamando le pacifiche acquisizioni in punto di riconoscimento della giurisdizione contabile per i gestori del servizio gioco – lotto per gli omessi riversamenti dei proventi delle giocate dei loro clienti, ha confermato la legittimità della tesi ora esposta.

La Sezione giurisdizionale Lazio e la tesi della giurisdizione tributaria

Di contro, parte della giurisprudenza e della dottrina ha sostenuto che, a seguito della riforma del 2020 e della successiva interpretazione autentica del 2021, il gestore debba essere considerato solo come responsabile d’imposta, ai sensi dell’art. 64, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

In tale prospettiva, il gestore sarebbe un coobbligato solidale dipendente, soggetto alla giurisdizione tributaria per le controversie relative al versamento del tributo. La responsabilità d’imposta, infatti, implicando l’assunzione di obblighi dichiarativi e di versamento del tributo, anche in caso di mancato pagamento da parte del cliente, determina ora l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie e la possibilità di impugnazione dinanzi alle Corti di giustizia tributaria.

Tale tesi ha trovato avallo della Sezione giurisdizionale Lazio che in diverse pronunce, non ultima quella del 7.11.2025, n. 459/2025, ha dichiarato il difetto di giurisdizione contabile a favore del giudice tributario. Le motivazioni addotte dal giudice sono essenzialmente due: l’una di carattere strettamente dommatico, l’altra di tipo sistematico.

Il nuovo status del gestore: da ausiliario contabile a soggetto passivo d’imposta

Sostiene la Corte dei conti del Lazio che la modifica normativa ha voluto rendere il gestore della struttura recettiva un obbligato “accessorio” all’obbligato principale, che resta il privato turista: questa modifica, tuttavia, non opererebbe solo in funzione di garanzia delle entrate pubbliche ma avrebbe modificato radicalmente lo status di gestore che, da ausiliario custode del denaro pubblico, chiamato solo all’obbligo di riversamento, è divenuto un soggetto solidalmente obbligato al versamento dell’imposta, acquisendo la qualifica di soggetto passivo dell’obbligazione tributaria. Pertanto, non potrebbe più predicarsi di maneggio di denaro pubblico, perché il gestore riversa nelle case pubbliche denaro proprio, di cui è obbligato al pagamento insieme al privato, circostanza, questa, che ne attrarrebbe le condotte nella sfera della giurisdizione tributaria.

Il richiamo alla giurisprudenza penale e l’esclusione del peculato

Per supportare tale assunto la Sezione Lazio cita le statuizioni del giudice penale che, a seguito della citata riforma del 2020, ha escluso la configurabilità del peculato (art. 314 c.p.), in capo al gestore delle strutture alberghiere, che ha perso la qualità di incaricato di pubblico servizio essendo un soggetto privato obbligato al pagamento del tributo in proprio, in forza di una coobbligazione solidale con il turista.

D’altronde – seguendo le conclusioni della Cassazione penale – è la stessa previsione normativa che ha introdotto una depenalizzazione espressa della fattispecie, attraverso la previsione di un regime speciale di responsabilità tributaria, con sanzioni pecuniarie (art. 13 D.lgs. 471/1997), che prevale sulla disciplina penale.

La sentenza n. 142/2025 della III Sezione di appello della Corte dei conti

La pronuncia della III Sezione d’appello della Corte dei conti, affronta, invece, in modo sistematico la questione della giurisdizione, rigettando l’appello proposto dal gestore della struttura ricettiva e confermando la giurisdizione contabile. Il Collegio ha ritenuto che:

  • la qualifica di agente contabile non è incompatibile con quella di responsabile d’imposta;

  • il rapporto di servizio tra gestore e Comune permane anche dopo la riforma normativa;

  • il maneggio di denaro pubblico e gli obblighi di riversamento imposti dalla normativa e dai regolamenti comunali giustificano la giurisdizione della Corte dei conti.

Sia il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, sia l’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021, hanno, dunque, dettato norme di natura esclusivamente sostanziale (l’una relativa alla qualificazione legale del rapporto, l’altra all’efficacia nel tempo della stessa qualificazione), con ricadute indirette sulla attribuzione della giurisdizione.

Il principio della perpetuatio iurisdictionis

La Corte ha richiamato, inoltre, il principio della “perpetuatio iurisdictionis”, sancito dall’art. 13 c.g.c. e dall’art. 5 c.p.c., secondo cui la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda. Poiché l’atto di citazione era stato notificato nel luglio 2020, prima dell’entrata in vigore dell’art. 5-quinquies, la giurisdizione contabile doveva ritenersi sussistente.

La Corte ha evidenziato come la funzione di riscossione e riversamento dell’imposta, anche dopo la riforma, mantenga una natura pubblicistica, tale da giustificare la permanenza della qualifica di agente contabile.

Il contributo delle Sezioni Unite: ordinanze 14028/2024 e 22141/2025

La permanenza della giurisdizione contabile, anche per le condotte successive all’entrata in vigore della modifica normativa, si trae anche dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con le ordinanze n. 14028/2024 e n. 22141/2025, ha affermato che:

  • il comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23/2011 non ha efficacia retroattiva;

  • l’art. 5-quinquies del d.l. n. 146/2021 ha natura sostanziale e non incide sulla giurisdizione già radicata;

  • la qualifica di agente contabile permane anche dopo la riforma, in quanto il gestore continua a svolgere attività contabili funzionali alla realizzazione della potestà impositiva dell’ente locale.

La duplice qualifica del gestore: responsabile d’imposta e agente contabile

La sezione di appello, pertanto, ribadisce, che i mutamenti legislativi riguardanti l’imposta di soggiorno e il regime concernente il suo versamento non abbiano intaccato la qualifica di agente contabile, che assomma in sé due qualifiche, quella di responsabile d’imposta e quella di agente contabile, che assolvono a funzioni diverse, nella misura in cui la prima impone al responsabile d’imposta di intervenire quale coobbligato solidale dipendente in caso di inadempimento del soggetto passivo (il cliente), mentre la seconda impone a chi riceve somme di spettanza pubblica di riversare quanto riscosso e di porre in essere gli altri adempimenti previsti dalla legge e dai regolamenti, in una fisiologica dinamica impositiva e quale autonomo titolo di responsabilità in caso di omesso riversamento (in termini, anche Corte conti, Sez. I, n. 410/2018).

Il rapporto di servizio con il Comune permane dopo la riforma

E ciò anche dopo la riforma più volte citata, in quanto i mutamenti intervenuti nella disciplina di settore, per effetto delle disposizioni sopra richiamate, non hanno intaccato il rapporto di servizio intercorrente tra il gestore della struttura ricettiva e il Comune beneficiario del tributo, discendente anche dagli ulteriori compiti incombenti sul primo in base al comma 1-ter dell’art. 4 d.lgs. n. 23/2011.

Ne è derivato il permanere della qualifica di agente contabile in capo al gestore e della giurisdizione della Corte dei conti a conoscere della responsabilità amministrativo-contabile prospettata nei suoi riguardi, in conseguenza della rilevazione dell’omesso riversamento di quanto riscosso dagli avventori della struttura ricettiva.

La massima ricavabile

«I mutamenti legislativi riguardanti l’imposta di soggiorno e il regime concernente il suo versamento non hanno inciso sul permanere, in capo al gestore della struttura ricettiva, della qualifica di agente contabile derivante dall’incasso di tali somme per conto dell’ente locale o, comunque, non hanno intaccato il rapporto di servizio intercorrente tra il gestore della struttura ricettiva e il Comune beneficiario del tributo, discendente anche dagli ulteriori compiti incombenti sul primo in base al comma 1-ter dell’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011, con conseguente permanere della giurisdizione della Corte dei conti nelle fattispecie di omesso riversamento al Comune di quanto riscosso dagli utenti della struttura gestita, anche nel caso in cui la citazione risulti depositata successivamente all’entrata in vigore dell’art. 4, comma 1-ter del d.lgs. n. 23 del 2011 (in vigore dal 19 maggio 2020) e dell’art. 5-quinquies del d.l. n. 146 del 2021 (in vigore dal 21 dicembre 2021)».

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