Il giudice deve ascoltare tutti i figli minori capaci di discernimento prima di modificare l’affidamento

Le modifiche al regime di affidamento disposte per un figlio possono essere estese anche all’altro senza l’ascolto del minore interessato? La Prima Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 25555/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), ha affrontato la questione, ribadendo che l’ascolto dei minori infradodicenni capaci di discernimento costituisce, nei procedimenti di affidamento, un adempimento prescritto a pena di nullità. Per approfondire, consigliamo il volume “Il nuovo processo di famiglia”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon

Il nuovo processo di famiglia

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Michele Angelo Lupoi
Avvocato del Foro di Bologna e Professore ordinario di diritto processuale civile dell’Università di Bologna, ove insegna diritto processuale civile e altre materie collegate, tra cui un Laboratorio per la gestione dei conflitti familiari.
Direttore della Summer School organizzata dall’Università di Bologna a Ravenna su Cross-border litigation and international arbitration. Partecipa a numerosi convegni e seminari in Italia e all’estero in qualità di relatore. Fa parte del Comitato editoriale della Rivista trimestrale di diritto e procedura civile ed è editor dell’International Journal of Procedural Law. Responsabile della sezione dell’Emilia Romagna della Camera degli avvocati internazionalisti, ha pubblicato monografie, articoli e saggi in materia di diritto di famiglia, diritto processuale civile, diritto internazionale processuale.

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Il caso: la richiesta di modifica delle condizioni di affidamento

La vicenda trae origine da un divorzio pronunciato nel 2018, che aveva previsto l’affidamento condiviso paritario e alternato di due figli minori, con onere per entrambi i genitori di provvedere al loro mantenimento in misura proporzionale ai rispettivi tempi di permanenza. Nel 2020, la madre presentava ricorso per la modifica di tali condizioni, lamentando il mancato rispetto dei turni di visita da parte del padre, l’esistenza di un rapporto conflittuale tra gli ex coniugi e il disagio manifestato dal figlio maggiore. Il Tribunale rigettava il ricorso, ma la madre proponeva reclamo dinanzi alla Corte d’Appello.

Nel frattempo, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni aveva avviato d’ufficio un procedimento ai sensi degli artt. 330-333 c.c., all’esito del quale emergeva che il figlio maggiore, ritenuto capace di discernimento, non manifestava la volontà di intrattenere rapporti con il padre. Il Tribunale per i minorenni archiviava però il procedimento volto alla decadenza della responsabilità genitoriale, avendo entrambi i genitori positivamente concluso i percorsi di valutazione e rafforzamento delle capacità genitoriali.

La Corte d’Appello, pronunciandosi sul reclamo, accoglieva le istanze della madre modificando le condizioni di affidamento mediante collocamento prevalente dei figli presso di lei, ponendo a carico del padre un assegno mensile di 500 euro e la partecipazione al 50% alle spese straordinarie. Il padre proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro, che la Corte territoriale avesse esteso alla figlia minore le modifiche apportate al diritto di visita del fratello maggiore senza procedere al suo ascolto.

La decisione della Cassazione: l’obbligatorietà dell’ascolto

La Suprema Corte ha accolto il secondo motivo di ricorso censurando l’omesso ascolto della minore, che al momento della decisione aveva già compiuto dodici anni.

La Corte ha ritenuto che la Corte territoriale avesse “immotivatamente omesso l’audizione della minore”, adottando nei suoi confronti un provvedimento di rilevante incidenza personale, “in radicale riforma rispetto a quanto statuito in primo grado”. In particolare, la Corte d’Appello aveva modificato le condizioni relative all’affidamento dei figli “a seguito di allegazioni concernenti non direttamente la minore, bensì il fratello”, senza previamente procedere al suo ascolto né fornire alcuna motivazione in ordine alle ragioni per cui ritenesse detta audizione superflua.

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Il parametro dell’età e della capacità di discernimento

La Cassazione ha evidenziato che “l’unica audizione della minore è stata svolta dinanzi al Tribunale per i minorenni ben oltre tre anni fa, quando ella aveva appena otto anni e, dunque, in un contesto temporale e personale che non riflette più la realtà attuale della minore”.

Un ascolto risalente nel tempo, quindi, non può essere considerato sufficiente quando il minore, nel frattempo, ha raggiunto un’età tale da essere presumibilmente capace di discernimento. La Corte richiama espressamente il parametro orientativo dei dodici anni, soglia che la minore aveva ormai superato al momento della decisione della Corte d’Appello.

Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dall’ordinanza:

“In tema di affidamento dei figli, l’ascolto dei minori infradodicenni capaci di discernimento costituisce un adempimento prescritto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l’età del minore si avvicina a quella dei dodici anni”.

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La natura giuridica dell’ascolto e il principio del contraddittorio

La Suprema Corte ha chiarito con precisione la natura giuridica dell’istituto dell’ascolto del minore, qualificandolo come “una tra le più rilevanti modalità di riconoscimento del diritto fondamentale della persona del minore ad esprimere la propria opinione e le proprie opzioni nei procedimenti che lo riguardano”.

L’ascolto integra, quindi, una forma di partecipazione alle decisioni concernenti la sua sfera individuale e uno strumento di tutela e conseguimento del suo interesse nell’ambito del procedimento (Cass. n. 6129/2025). Questa qualificazione consente di predicare l’applicabilità dell’istituto ogniqualvolta il minore, pur non rivestendo la qualità di parte in senso formale giacché la legittimazione processuale non gli è stata attribuita da alcuna disposizione di legge, può tuttavia considerarsi parte in senso sostanziale in quanto portatore di un interesse diverso, se non contrapposto, a quello dei genitori e in quanto il provvedimento giudiziale è in grado di incidere concretamente su tale interesse (Cass. n. 16410/2020).

La conseguenza diretta di questa impostazione è che il mancato ascolto, laddove non sia sorretto da un’espressa motivazione sull’assenza di discernimento tale da giustificarne l’omissione, integra pertanto una violazione del principio del contraddittorio, la quale vizia il provvedimento giudiziale sul piano sostanziale, perché la decisione viene emessa pretermettendo il dato essenziale della valutazione delle opinioni del minore (Cass. n. 16410/2022; Cass. n. 12018/2019).

L’insostituibilità dell’ascolto del minore con la CTU

Un ulteriore profilo di rilevanza nell’ordinanza riguarda il rapporto tra l’ascolto del minore e altri strumenti istruttori, in particolare la consulenza tecnica d’ufficio (CTU). La Cassazione ha ribadito che l’ascolto, finalizzato alla raccolta e alla valutazione dei suoi bisogni e delle sue opinioni, non può essere sostituito dalle risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio, la quale adempie alla diversa funzione di fornire al giudice ulteriori elementi di valutazione per individuare la soluzione più confacente al suo interesse (Cass. n. 9691/2022; Cass. n. 23804/2021; Cass. n. 1474/2021).

L’illegittimità dell’estensione automatica delle modifiche a più figli

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva esteso alla figlia minore le modifiche apportate al regime di affidamento in relazione al fratello maggiore, senza procedere al suo ascolto. La Cassazione non ha condiviso tale estensione, chiarendo come non sia legittimo presumere che le condizioni, le esigenze e le opinioni di un minore possano essere automaticamente riferibili anche ai fratelli.

Ciascun minore è portatore di un proprio autonomo interesse e di una propria individualità, che deve essere specificamente indagata attraverso l’ascolto diretto. Il fatto che un fratello abbia manifestato disagio nei confronti del padre non può essere automaticamente esteso anche agli altri figli senza verificare direttamente la loro posizione e le loro opinioni.

L’ordinanza in sintesi

Ecco infine una pratica e breve checklist per orientarsi nell’applicazione dei principi affermati dalla Prima Sezione Civile della Cassazione con l’ordinanza n. 25555/2025.

L’ascolto del minore è sempre obbligatorio nei procedimenti di affidamento?

L’ascolto è obbligatorio per i minori che abbiano compiuto dodici anni. Il giudice, tuttavia, può non procedere all’ascolto dandone atto con provvedimento motivato nei seguenti casi: se esso è in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo; in caso di impossibilità fisica o psichica del minore; o se il minore manifesta la volontà di non essere ascoltato. Per i minori di età inferiore ai dodici anni, l’ascolto è obbligatorio se capaci di discernimento, con obbligo per il giudice di motivare specificamente l’eventuale omissione, motivazione tanto più stringente quanto più l’età si avvicina ai dodici anni.

Cosa si intende per “capacità di discernimento”?

La capacità di discernimento è la capacità del minore di comprendere il significato della situazione che lo riguarda e di esprimere opinioni consapevoli. Non coincide con la capacità d’agire e deve essere valutata caso per caso dal giudice, tenendo conto dell’età, della maturità e dello sviluppo psico-fisico del minore.

Quali sono le conseguenze del mancato ascolto?

Il mancato ascolto del minore capace di discernimento, se non sorretto da adeguata motivazione, integra una violazione del principio del contraddittorio che determina la nullità del provvedimento.

L’ascolto del minore può essere sostituito da una CTU?

No, l’ascolto del minore e la consulenza tecnica d’ufficio (CTU) assolvono a funzioni diverse e non sono intercambiabili. L’ascolto serve a raccogliere direttamente le opinioni e i bisogni del minore, garantendo la sua partecipazione al procedimento; la CTU fornisce al giudice elementi tecnici di valutazione sulla situazione complessiva e sulla soluzione più confacente all’interesse del minore.

L’ascolto effettuato anni prima può essere considerato sufficiente?

No, come chiarito dalla Cassazione, l’ascolto deve essere attuale e riflettere la situazione presente del minore. Un’audizione risalente nel tempo non può essere ritenuta sufficiente, specie quando nel frattempo il minore ha avuto un’evoluzione psico-fisica significativa o ha raggiunto l’età di dodici anni.

È possibile estendere a più figli le decisioni assunte in relazione a uno di essi senza ascoltarli tutti?

No, ciascun minore è portatore di un proprio autonomo interesse e di una propria individualità. Le condizioni e le opinioni di un figlio non possono essere automaticamente riferite agli altri fratelli senza una specifica indagine attraverso l’ascolto diretto di ciascuno di loro.

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