Sottrazione internazionale di minori, quando ricorre il “rischio grave”

La sottrazione internazionale di minore, il trasferimento o trattenimento illecito di un figlio a opera di un genitore in uno Stato differente da quello di residenza abituale, rappresenta una tra le challenge legali e umane più complesse del diritto di famiglia transnazionale. Il riferimento normativo per affrontare detto fenomeno è la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, ratificata e resa esecutiva in Italia con la Legge n. 64/1994. Tra gli obiettivi della Convenzione vi è quello dell’immediato rientro del minore illecitamente trasferito. Ma, come argomenta la Corte di Cassazione nella sentenza depositata il 23 settembre 2025, tale principio non risulta assoluto.

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Formulario commentato della famiglia e delle persone

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Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022, è attualmente Giudice ordinario di pace.

 

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L’obbligo di rientro immediato

Nella pronuncia n. 25974, depositata il 23 settembre 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione fornisce l’interpretazione delle “clausole di salvaguardia” contemplate dall’articolo 13 della Convenzione dell’Aja, le quali consentono di negare il rimpatrio.

Il Collegio ribadisce la necessità di un accertamento rigoroso e puntuale in ordine alla sussistenza di un “fondato rischio” di pregiudizio per il minore, nonché della doverosa valutazione della sua opposizione, ribadendo la tutela del “the best interest of the child” quale criterio guida.

Il fenomeno della sottrazione internazionale di minori origina dall’implementazione delle famiglie transnazionali e dall’apertura dei confini. L’articolo 1 della Convenzione dell’Aja individua l’obiettivo nell’ “assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente”. L’illiceità del trasferimento ovvero del mancato rientro sussiste quando avviene in violazione di un diritto di affidamento (oppure di custodia) assegnato o esercitato di fatto sulla base della legge dello Stato di residenza abituale del fanciullo.

La residenza abituale non coincide necessariamente con la residenza anagrafica, bensì viene individuata nel “il luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita”, un dato di fatto basato su molteplici elementi concordanti (quali l’integrazione socio-lavorativa del genitore accudente e i legami affettivi del minore). Accertata la sottrazione, l’articolo 12 impone alle autorità giudiziarie dello Stato ove il minore è stato portato (Stato richiesto) di ordinare il ritorno immediato. L’automatismo risulta finalizzato a ripristinare lo status quo ante, quindi a scoraggiare il ricorso all’autotutela a opera dei genitori. Ma la stessa Convenzione prevede talune eccezioni.

Le clausole di salvaguardia

L’articolo 13 della Convenzione dell’Aja individua tre circostanze eccezionali che consentono al giudice di rifiutare l’ordine di rimpatrio:

  • omesso effettivo esercizio del diritto di affidamento, ove il richiedente non esercitava in modo effettivo il diritto di affidamento (oppure aveva acconsentito al trasferimento). La Cassazione ha specificato che l’esercizio deve essere effettivo, continuo e non episodico;
  • rischio grave (grave risk exception), ove sussista un fondato rischio, in capo al minore, di essere esposto, per la circostanza del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o in ogni modo di trovarsi in una situazione intollerabile (articolo 13, par. 1, lett. b);
  • opposizione del minore, se il fanciullo che abbia raggiunto un’età e un grado di maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinione, si oppone al rientro (articolo 13, par. 2).

L’Interpretazione del “rischio grave”

L’eccezione del “rischio grave” (articolo 13, par. 1, lett. b) è stata oggetto di un’interpretazione molto prudente da parte della giurisprudenza, sia italiana che europea. La Cassazione ha in plurime occasioni chiarito che la nozione di “rischio grave” non può essere confusa col “mero disagio psicologico o la semplice sofferenza psicologica per il distacco dal genitore autore della sottrazione abusiva”.

Tali inconvenienti, malgrado naturali, non raggiungono il grado richiesto di pericolo psichico ovvero di effettiva intollerabilità. In linea coi trend della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la giurisprudenza di legittimità italiana ha gradualmente incluso nel concetto di “rischio grave” le ipotesi di violenza domestica e familiare, pure quando l’abuso risulta rivolto primariamente contro il genitore istante, riconoscendo il minore quale vittima indiretta.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in disamina, ha accolto il ricorso, rilevando come la statuizione posta alla sua attenzione si fondasse su una “valutazione circoscritta all’interesse dei minori” che non teneva conto della “latitudine dell’interesse che viene in considerazione in caso di sottrazione internazionale di minore”. Il Giudice del merito è tenuto a un accertamento accurato e non superficiale, nella finalità di verificare che non sia stato offeso l’interesse primario del minore a non essere esposto a pericoli fisici o psichici.

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L’opposizione e l’audizione del minore

Ulteriore highlight è l’opposizione del minore (articolo 13, par. 2). Il diritto del minore a essere udito in tutti i procedimenti che lo riguardano rappresenta un principio fondamentale previsto in ambito internazionale (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, articolo 12) ed europeo (Carta dei diritti fondamentali dell’UE, articolo 24).

La Cassazione ha stabilito che l’audizione del minore e la considerazione delle sue opinioni costituiscono un “passaggio ineludibile” nei procedimenti di ritorno. Il rifiuto al rientro deve essere motivato e fondato su una sufficiente maturità del minore medesimo. Pertanto, l’opposizione non risulta vincolante ove non sia l’esito di un convincimento maturo, bensì il risultato di una manipolazione ovvero di un’immaturità.

Ulteriormente, in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, per i minori in tenera età, la valutazione della residenza abituale e, indirettamente, della situazione intollerabile in ipotesi di rientro, deve tenere in considerazione la “totale dipendenza del minore dalla persona che se ne prende cura in via principale”, collegando l’interesse del bambino all’integrazione del genitore caregiver.

Tra certezza e protezione

L’evoluzione giurisprudenziale in materia di sottrazione internazionale di minori, anche in virtù dell’integrazione col Regolamento UE 2019/1111 (Bruxelles II ter), si orienta a rintracciare un equilibrio, ovvero assicurare la certezza del diritto tramite il ripristino immediato della residenza abituale e, al contempo, garantire la protezione effettiva del minore da pericoli reali. La decisione in disamina manifesta tale trend, richiamando l’attenzione del giudice di merito perché l’applicazione delle eccezioni elencate all’articolo 13, in particolare la clausola del “rischio grave”, sia guidata da una valutazione concreta del “the best interest of child”.

L’interpretazione del rischio grave

In ambito di sottrazione internazionale di minori, la causa ostativa all’ordine di rientro, di cui all’art. 13, comma 1, lettera b) della Convenzione dell’Aja del 1980 (relativa al fondato rischio grave di esporre il minore a pericoli fisici o psichici, o di trovarsi in una situazione intollerabile), deve essere oggetto di rigorosa interpretazione poiché costituisce un’eccezione alla regola generale dell’immediato rimpatrio. Per l’effetto, il diniego al rientro è ammissibile soltanto se:

  • sussiste la prova specifica (e non generica o meramente ipotetica) del fondato rischio grave;
  • il giudice non può dare peso al mero disagio ovvero alla semplice sofferenza psicologica del minore per il distacco dal genitore sottraente, a meno che detti inconvenienti non raggiungano il grado di pericolo psichico o di effettiva intollerabilità richiesto dalla norma convenzionale;
  • nel valutare “the best interest of child” si deve tenere conto pure dell’interesse a non essere sradicato dal relativo contesto originario, e non è sufficiente a integrare il fondato rischio unicamente il convincimento che il rientro non sia “funzionale al perseguimento del preminente interesse” del fanciullo;
  • eventuali circostanze fattuali ipotetiche afferenti a criticità giudiziarie del genitore sottraente nel Paese di residenza abituale, che cagionerebbero la separazione dal figlio, non risultano sufficienti a fondare il diniego, a meno che non sia accertata una certa ed effettiva causa impeditiva al rientro per il genitore, ovvero che l’ipotetica separazione, unitamente a ulteriori circostanze, non raggiunga il grado di pericolo psichico o intollerabilità.

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