
La determinazione delle spese processuali nei giudizi di impugnazione rappresenta un tema di grande rilievo pratico, specie nei casi in cui il valore della controversia risulta ambiguo o dichiarato erroneamente. La Terza Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 13145/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), si è pronunciata su un caso in cui la parte vittoriosa in primo grado, appellando la sola regolamentazione delle spese, si è vista poi condannare in appello a un rimborso superiore rispetto al valore effettivamente controverso. La Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di liquidazione dei compensi, richiamando anche i parametri del D.M. 55/2014 e il c.d. principio del decisum.
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Formulario commentato del nuovo processo civile
Il volume, aggiornato alla giurisprudenza più recente e agli ultimi interventi normativi, il cd. correttivo Cartabia e il correttivo mediazione, raccoglie oltre 200 formule, ciascuna corredata da norma di legge, commento, indicazione dei termini di legge o scadenze, delle preclusioni e delle massime giurisprudenziali. Il formulario si configura come uno strumento completo e operativo di grande utilità per il professionista che deve impostare un’efficace strategia difensiva nell’ambito del processo civile.
L’opera fornisce per ogni argomento procedurale lo schema della formula, disponibile anche online in formato editabile e stampabile.
Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.
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Lucilla Nigro, 2025, Maggioli Editore
94.00 €
89.30 €

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Analisi del caso
Una contribuente aveva ottenuto in primo grado l’accoglimento della propria domanda monitoria nei confronti dell’ente di riscossione. Il Giudice di Pace, tuttavia, aveva disposto una compensazione parziale delle spese, liquidandole solo per la metà. La parte vittoriosa ha dunque proposto appello limitatamente a tale capo, contestando la parziale compensazione e chiedendo il riconoscimento dell’intero importo. Il Tribunale ha rigettato l’impugnazione, confermando la compensazione e condannando l’appellante al pagamento delle spese d’appello.
La contribuente, avverso la decisione di secondo grado, ha proposto ricorso in Cassazione con riferimento all’importo liquidato per le spese del giudizio di impugnazione: il Tribunale, infatti, aveva applicato i parametri di uno scaglione superiore a quello effettivamente rilevante, sulla base della somma (erroneamente) indicata dalla stessa appellante nel proprio atto ai fini del contributo unificato.
Il principio del decisium e la quantificazione del valore della causa
La Suprema Corte, nel motivare la propria decisione, ha affermato un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità: il valore della causa, ai fini della liquidazione delle spese, deve essere determinato sulla base dell’effettivo oggetto dell’impugnazione e non della somma genericamente indicata ai fini del contributo unificato.
Nello specifico, il valore della causa è pari:
- per il giudizio di primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata; e, alla somma accordata dal giudice, se la domanda viene accolta;
- per il giudizio di appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello è rigettato; e, alla maggior somma accordata dal giudice d’appello rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’appellante, se l’impugnazione è accolta.
L’appello, nel caso di specie, verteva esclusivamente sulla richiesta di rimborso per il 50% delle spese di primo grado, corrispondente a poco più di 300 euro. Il giudice di appello, tuttavia, aveva liquidato a favore dell’ente resistente una somma di oltre 1.300 euro, commisurata a un valore che non rifletteva quello effettivamente controverso. La Corte ha ritenuto ciò in contrasto con l’art. 5 del D.M. 55/2014, che impone l’applicazione dei parametri previsti dallo scaglione corretto.
Errore nella dichiarazione del valore e spese del giudizio di legittimità
Un ulteriore profilo interessante riguarda la valenza dell’errore nella dichiarazione del valore ai fini del contributo unificato. La Cassazione ha chiarito che tale dichiarazione, pur non rilevando ai fini della determinazione del valore della domanda ex art. 10 c.p.c., può assumere rilievo ai fini della regolamentazione delle spese, qualora abbia indotto in errore il giudice d’appello nella scelta del parametro da applicare.
Tuttavia, proprio in ragione di tale errore della parte ricorrente, la Corte ha ritenuto equo compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità, riconoscendo che l’errore avrebbe potuto indurre il giudice d’appello a una determinazione non corretta delle spese.
La decisione della Corte
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza del Tribunale limitatamente alla parte relativa alla liquidazione delle spese d’appello. In virtù dell’art. 384, comma 2, c.p.c., ha deciso nel merito, liquidando l’importo dovuto per il grado di appello in 332 euro per compensi, oltre accessori di legge, sulla base dello scaglione effettivamente applicabile (fino a 1.100 euro).
Ha inoltre affermato un principio di diritto destinato a orientare la prassi applicativa:
«La dichiarazione del difensore, attinente alla determinazione del contributo unificato, è ininfluente sul valore della domanda, in quanto è indirizzata al funzionario di cancelleria, cui compete il relativo controllo, ma, ove sia errata, può costituire una grave ed eccezionale ragione di compensazione delle spese processuali dell’impugnazione proposta dalla parte che voglia emendare l’errore in cui ha indotto il giudice adito nella determinazione dello scaglione applicabile per liquidare le spese nel provvedimento da lui emesso».
Conclusioni
La Cassazione, con l’ordinanza n. 13145/2025, ribadisce l’importanza di una corretta individuazione del valore effettivo della causa. La decisione rafforza il principio del decisium e richiama l’attenzione sulla necessità di adottare parametri proporzionati al contenuto reale della controversia. La Corte, allo stesso tempo, riconosce l’equità nella compensazione delle spese quando l’errore originario sia imputabile alla stessa parte ricorrente.