Con la sentenza n. 8912 del 4 maggio 2016, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito se, in caso di soccombenza in giudizio, la mancata intimazione di un teste da parte del difensore comporti la sua responsabilità professionale nei confronti del cliente.
Nel caso di specie, una società aveva convenuto in giudizio il proprio difensore, ritenendolo responsabile della sentenza sfavorevole con cui si era concluso il procedimento nella quale era stata da lui rappresentata. Secondo la cliente, l’esito negativo sarebbe infatti conseguito alle sue omissioni nello svolgimento dell’attività difensiva, in particolare con riferimento alla mancata intimazione dei testi e all’omessa articolazione della prova su circostanze decisive per escludere l’inadempimento ascritto.
Riteneva al contrario il difensore che le scelte processuali fossero state coerenti con gli elementi che gli erano stati forniti dalla stessa cliente e che l’espletamento delle prove rispetto alle quali era stato dichiarato decaduto non avrebbero inciso sugli elementi posti dal Tribunale a fondamento della decisione.
In primo luogo, la Corte ha ribadito che l’attività dell’avvocato è un’obbligazione di mezzo e non di risultato: il professionista legale, assumendo l’incarico, si impegna infatti a prestare la propria opera per raggiungere il risultato deliberato, ma non a conseguirlo giacché, chiaramente, il risultato dipende da fattori estranei alla sua condotta.
Ciò chiarito, la Suprema Corte ha rilevato che dovrà di volta in volta verificarsi in concreto se il mancato adempimento da parte del legale di alcune attività difensive ha avuto incidenza causale sull’esito sfavorevole della lite: solo in tale ultimo caso potrà considerarsi sussistente una responsabilità professionale del difensore.
Ebbene, nel caso di specie, confermando quanto già statuito dal giudice di secondo grado, la Cassazione ha ritenuto che “sia la mancata escussione del teste sia la mancata articolazione delle prove menzionate dalla ricorrente non avrebbero potuto incidere sull’esito del giudizio, secondo una prognosi probabilistica“.
Alla luce di quanto affermato, la Corte ha pertanto rigettato il ricorso con condanna alle spese del giudizio di legittimità.
(Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza n. 8912 del 4 maggio 2016)