La disuguaglianza di genere resta un problema grave nella nostra società, con differenze evidenti nella retribuzione, nella rappresentanza e nelle opportunità.
Nonostante alcuni progressi, rimangono delle lacune significative che impediscono un completo conseguimento della parità[1].
Infatti, sebbene la partecipazione femminile allo sport stia gradualmente aumentando, le donne rimangono sottorappresentate negli organi decisionali delle istituzioni sportive, sia a livello locale e nazionale, sia a livello europeo e mondiale[2].
L’Italia si classifica in ottantasettesima posizione su 146 Paesi per quanto concerne la parità di genere[3], soprattutto per quanto concerne la disuguaglianza economica nello sport. Lo scorso 30 ottobre, in Commissione cultura al Senato, è stata discussa una proposta di legge per dare piena attuazione all’inserimento dello sport nella Costituzione.
Ricordiamo che la presenza dello sport nella Carta è diventata realtà a settembre del 2023 ma necessita, come detto, di un’attuazione vera e propria, inoltre prevede anche l’introduzione in pianta stabile dell’educazione motoria nella scuola primaria e la previsione, a livello generale, di tre ore di educazione motoria a settimana.
Le donne sono poco rappresentate nelle figure di governance dello sport
Secondo una ricerca del Censis del mese di marzo[4], le donne sono appena il 28% degli atleti tesserati nelle diverse Federazioni e, nelle aree tecniche e dirigenziali, la presenza delle donne scende ancora di più: le allenatrici sono solo il 20%, le dirigenti di società il 15%. L’accesso alla pratica sportiva non è, purtroppo, il problema principale: il dato più evidente è infatti la clamorosa sottorappresentazione delle donne nelle figure di governance dello sport. Alla luce della statistica riportata, dovrebbe partire un processo di cambiamento che, inevitabilmente, si rifletterebbe su un migliore accesso e una più consolidata pratica dello sport al femminile[5]. Partendo dal vertice, scopriamo che il Coni riconosce 47 federazioni sportive, 16 discipline associate e 14 enti di promozione sportiva nazionali, per un totale di 77 organizzazioni che dirigono lo sport, tanto di vertice quanto di base[6]. Le donne ai vertici di queste 77 organizzazioni (78 contando il Coni stesso) sono soltanto due: Antonella Granata, Presidente della federazione Gioco Squash, e Laura Lunetta, Presidente della federazione Danza Sportiva[7].
E pensare, che il ministro Abodi propose di inserire negli statuti in ambito elettorale che il vicepresidente con delega fosse di genere opposto a quello del presidente e che il secondo vicepresidente fosse un under 35, per favorire un ricambio generazionale che si costruisce piano piano e con il coinvolgimento[8].
Il numero di donne che fa sport sta aumentando (non fosse che per una banale questione numerica, le donne sono il 51,3% della popolazione residente in Italia contro il 48,7% di uomini)[9], ma il genere femminile resta incredibilmente sottorappresentato negli organi decisionali delle istituzioni sportive a livello locale, nazionale, europeo e mondiale.
Per favorire uno scatto in avanti dello sport, spesso capace di anticipare la realtà, occorrono programmi di formazione, tutoraggio, politiche proattive che incoraggino le giovani donne a rimanere nello sport, magari con ruoli manageriali[10].
Perché al nostro Paese occorrono dirigenti sportive donne[11].
Il cammino verso l’uguaglianza di genere nel tempo
Le limitazioni storiche sui diritti delle donne derivano da norme culturali, sociali e leggi patriarcali che hanno cercato di mantenere una gerarchia di potere.
Di seguito, un piccolo riassunto in merito al lungo e significativo percorso delle conquiste delle donne in Italia:
- 1874 à Accesso all’istruzione superiore;
- 1882 à Donne nel lavoro negli uffici pubblici;
- 1919 à Abrogazione dell’autorizzazione maritale;
- 1945 à Diritto di voto alle donne;
- 1963 à Uguaglianza nell’impiego pubblico;
- 1970 à Legge sul divorzio;
- 1975 à Riforma del diritto di famiglia:
- 1978 à Legalizzazione dell’aborto;
- 1981 à Abolizione delitto d’onore;
- 2009 à Legge contro lo stalking;
- 2010 à Decreti contro le discriminazioni sul lavoro:
- 2011 à Quote rosa nelle società;
- 2013 à Misure contro il femminicidio;
- 2016 à Rappresentanza di genere nelle cariche regionali;
- 2017 à Disposizioni per le elezioni parlamentari.
Articoli della Costituzione Italiana Riguardanti i Diritti di Genere:
- 3: Rimozione ostacoli alla libertà;
- 29: Uguale riconoscimento tra coniugi;
- 37: Uguaglianza nei diritti lavorativi;
- 51: Accesso agli uffici pubblici in eguaglianza;
- 117: Norme per la parità di genere.
L’intervento in materia dell’agenda 2030: la strada da percorrere è ancora lunga
Come sottolineato nel primo paragrafo, In Italia il divario di genere è ancora marcato, con il Paese che si colloca all’87esimo posto su 146 nell’ultimo Global gender gap report. Sebbene tra il 2010 e il 2023, osserva il Rapporto ASviS, il Goal 5 abbia registrato miglioramenti consistenti, alcuni aspetti restano critici[12].
Sebbene dal 2015 l’indicatore composito italiano per il Goal 5 sia complessivamente migliorato, grazie all’aumento della speranza di vita per le donne e della quota di occupate (55% nel 2022, +2,9 punti percentuali rispetto al 2020), alla riduzione del part-time involontario, a un numero più alto di laureate in materie tecnico-scientifiche (13,2% nel 2022) e alla crescente presenza femminile in ruoli apicali, inclusi i consigli di amministrazione, e nei consigli regionali, si tratta di progressi comunque limitati[13].
Nonostante le conquiste ottenute la strada è ancora lunga, ragione per cui è utile menzionare che l’obiettivo 5 dell’Agenda 2030[14] è in perfetta sintonia con questi progressi storici, sottolineando l’importanza di promuovere l’uguaglianza di genere.
Le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà.
Per quanto concerne i tre obiettivi quantitativi analizzati, il Rapporto mostra che, in base alle tendenze attuali, due di questi non saranno raggiunti. Si tratta dell’obiettivo entro il 2026 di ridurre a meno di 10 punti percentuali il divario occupazionale tra donne con figli piccoli e donne senza figli, e quello di dimezzare entro il 2030 il divario occupazionale di genere rispetto al 2019[15].
L’OSM 3 per promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne ha consentito di fare significativi progressi nella scolarizzazione delle ragazze e nell’inserimento delle donne nel mercato del lavoro[16].
Il tema della parità dei sessi ha ottenuto una notevole visibilità ma, considerato il quadro molto circoscritto dell’OSM 3, non è stato possibile affrontare altre tematiche importanti, come la violenza sulle donne, le disparità economiche e la scarsa presenza delle donne negli organismi decisionali a livello politico[17].
L’obiettivo 5 mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze (compresa l’abolizione dei matrimoni forzati e precoci) e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione. Nonostante i risultati raggiunti, ci sono ancora sfide da affrontare, e l’impegno collettivo è essenziale per garantire che ogni donna e ragazza goda dei propri diritti[18].
Cos’è il gender pay gap?
Le disuguaglianze nello sport sono molteplici e comprendono sia aspetti culturali che economici. In primis, è la stessa partecipazione all’attività sportiva ad essere ancora fortemente connotata rispetto al genere, come ben descritto dall’Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere[19].
A livello economico, invece, il problema strutturale più considerevole è il divario salariale, detto comunemente gender pay gap[20]: Il divario retributivo di genere nell’UE è pari al 12,7% nel 2021 ed è cambiato solo in minima parte nell’ultimo decennio.
Ciò significa che le donne guadagnano in media il 13,0% in meno all’ora rispetto agli uomini. Il divario retributivo complessivo di genere, che misura l’impatto combinato della retribuzione oraria media, della media mensile del numero di ore retribuite (prima di qualsiasi adeguamento per il lavoro part-time) e del tasso di occupazione, si è attestato al 36,7% nel 2018. Nel 2022 il divario occupazionale di genere era pari al 10,7%, con il 69,3% delle donne occupate nell’UE rispetto all’80% degli uomini[21].
Qualche numero sui praticanti attività sportiva: il problema del genere resta
Come anticipato, la situazione per quanto concerne i praticanti sportivi è in netto miglioramento ma persistono delle differenze importanti, soprattutto sul genere: secondo la ricerca compiuta da Sg Plus, il 32,9% dei maschi pratica una disciplina sportiva in modo continuativo, contro il 24% delle femmine (un gap di quasi il 9%); questa differenza cresce rapidamente (9% nella fascia 6-10 anni, 14,3% tra 11 e 14 anni) fino a raggiungere il 19,6% nella fascia 15-17 anni (63,5% dei ragazzi praticanti contro il 43,9% di ragazze), per poi calare e arrivare a 4,4% negli over 45; meno importante è la forbice sul genere dei sedentari, pari al 7,8% a sfavore del genere femminile (31% dei maschi vs 38,8% delle femmine); “solo” una ragazza su 5 è sedentaria (tra 6 e 14 anni), la percentuale più bassa per il genere; tuttavia, i pari età maschi inattivi sono ancora meno (13,1%)[22].
Detto questo, nonostante l’aumento generale, la differenza nella sportività tra i generi dal 2014 a oggi è aumentata, segno che maschi e femmine hanno velocità di crescita differenti: in media, i primi sono cresciuti un punto percentuale in più delle seconde (+5,8% verso il +4,8% delle femmine), nonostante nella fascia 18 – 24 le ragazze siano cresciute il 5% in più degli uomini (+9,9% contro, appunto, il +4,9% dei maschi)[23].
Le Olimpiadi di Parigi: un risultato mai visto per la parità di genere
Negli anni il numero delle partecipanti è aumentato sempre di più: dal 38,2 per cento nel 2000 si è passati al 48% alle Olimpiadi di Tokyo del 2021. Qui le competizioni maschili erano più di quelle femminili (165 contro 156), mentre alle Olimpiadi invernali del 2022 le donne sono state il 45 per cento.
Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono state le prime a vedere gareggiare un numero pari di donne e uomini, infatti, hanno partecipato 5.250 atleti e 5.250 atlete, come il Comitato olimpico internazionale (CIO) aveva programmato nel 2014.
Eppure, questa parità nasconde problemi non ancora risolti[24]: anche se il Comitato Olimpico Internazionale ha affermato che le Olimpiadi di Parigi di quest’anno hanno rappresentato la prima volta in cui gli atleti maschi e femmine hanno raggiunto la parità di genere (poiché ci sarà un numero uguale di uomini e donne che parteciperanno alla competizione, competizioni e sport)[25], non dobbiamo dimenticare che le donne non potevano competere fino a dopo le Olimpiadi di Amsterdam del 1928[26].
In effetti, la partecipazione delle donne alle Olimpiadi è iniziata nel 1900, a Parigi, ma la presenza delle atlete (peraltro solo 12) fu in quella edizione limitata a pochissimi sport – tennis, vela, croquet, equitazione e golf – ritenuti i soli adatti alle donne, mentre alle stesse fu precluso di gareggiare, ad esempio, nell’atletica leggera[27]. Con l’eccezione dei Giochi Olimpici e di altri grandi eventi sportivi internazionali (Women’s Sports Foundation 2020), si rileva una generale mancanza di copertura dello sport femminile e delle sportive, con la stragrande maggioranza delle risorse e dell’esposizione concentrata sullo sport maschile. Gli sport ritenuti “adatti al genere” hanno maggiori probabilità di ricevere una copertura (ad esempio, ginnastica femminile e pugilato maschile rispetto a pugilato femminile e ginnastica maschile). Si stanno facendo progressi costanti nel colmare il divario di genere a livello di leadership, comprese le posizioni dirigenziali e tecniche, e all’interno dei media sportivi, ma l’equilibrio di genere non è stato ancora raggiunto.
Nella copertura sportiva, l’attenzione è focalizzata in modo sproporzionato sulle caratteristiche “fuori campo” delle atlete (aspetto, abbigliamento e vita personale), spesso ponendo l’accento sul loro aspetto piuttosto che sulle capacità atletiche, sulle prestazioni e in termini di abilità[28].
Gli sport femminili di solito hanno un aggettivo qualificante, ad es. Calcio “femminile”, mentre lo sport maschile non viene retrocesso: viene semplicemente utilizzato il calcio al posto del calcio “maschile”. Questa speciale “marcatura di genere” degli sport femminili fa sì che gli sport maschili siano la norma[29].
Le sportive sono più spesso definite prima dal loro genere (donne, femmine) o ruolo di
genere (moglie, madre, femminile), e poi come atlete, cosa che non accade quando si tratta di sportivi uomini. Gli atleti sono inquadrati secondo “ideali maschili eroici” eterosessuali che valorizzano forza, resistenza e coraggio.
A prescindere dal genere o dalla sessualità, e a prescindere dall’aspetto di una persona,
l’attenzione dovrebbe essere rivolta soprattutto alle sue capacità e ai suoi risultati[30].
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La violenza contro le donne è una delle sfide più importanti dei diritti umani e nel mondo dello sport
Il rischio è particolarmente alto: una donna su tre è vittima di violenza.
Lo sport cosa può fare al riguardo? Innanzitutto, può promuovere l’uguaglianza di genere migliorando il benessere delle donne e delle ragazze, aumentando la fiducia e la capacità di leadership. Secondo uno studio portato avanti da Sport e Salute, pubblicato dall’UNESCO e da UN Women (l’ente delle Nazioni Unite dedicato all’uguaglianza di genere e all’emancipazione delle donne), è importante perseguire l’obiettivo di creare una conoscenza approfondita del problema e supportare lo sviluppo di politiche efficaci per affrontare la violenza nello sport[31].
Il suddetto documento include testimonianze, casi di studio e raccomandazioni che illustrano la problematica e l’urgenza di agire. Questa necessità non riguarda solo le atlete di alto livello in quanto la violenza può verificarsi in qualsiasi contesto sportivo, come testimoniano alcune statistiche interessanti tratte dal documento: circa il 21% delle donne ha subito abusi sessuali in giovane età nello sport, quasi il doppio rispetto agli atleti maschi (11%)[32].
Tali statistiche evidenziano la necessità di politiche efficaci per affrontare la violenza e la discriminazione di genere nello sport[33].
Raccomandazioni per coinvolgere l’ecosistema sportivo nella lotta contro la violenza di genere
Una delle azioni necessarie da intraprendere, per ottenere qualche risultato concreto, sicuramente sarà impegnarsi con le organizzazioni sportive per garantire i servizi essenziali da fornire a tutte le donne e le ragazze che hanno subito violenza di genere. Elencare i servizi esistenti per le vittime di violenza e stabilire partenariati locali per la fornitura di servizi di supporto (psicologico, giuridico etc.); condurre una revisione periodica del quadro giuridico al fine di individuare e prevenire qualsiasi problema; prevenire la reiterazione della violenza contro le donne attraverso un registro pubblico delle persone sanzionate per abusi e violenze nello sport[34].
Sono solo alcune delle azioni che potrebbero permettere agli organismi governativi di intercettare un comportamento volto all’abuso o la violenza.
Spostandoci invece sul ruolo assegnato agli organismi sportivi nazionali e internazionali, questi dovranno implementare programmi di formazione per allenatori, atleti e personale sportivo su come riconoscere e prevenire la violenza contro le donne e le ragazze; sviluppare e applicare politiche e leggi specifiche per prevenire la violenza e proteggere le vittime all’interno del contesto sportivo; fornire servizi di supporto psicologico e legale alle vittime di violenza, assicurando che ricevano l’assistenza necessaria.
È utile menzionare anche una raccomandazione per i media che tanto incidono sulla società: per esempio aumentare la consapevolezza dei problemi di violenza contro le donne nello sport, portando alla luce casi di molestie e storie di sopravvissute[35].
Oltre lo sport: Perché le donne guadagnano meno degli uomini?
Lo studio realizzato dall’Osservatorio di SDA Bocconi ha analizzato i team executive di 320 grandi imprese italiane, di cui 169 quotate, coinvolgendo 2.920 executive.
Ebbene, solo un executive su sei è donna (il 17%), anche in questi casi la presenza delle donne si concentra nei ruoli di staff, mentre i ruoli legati al core business delle imprese vedono una presenza femminile inferiore[36].
Il divario retributivo di genere misura un concetto più ampio della discriminazione retributiva e comprende un gran numero di disuguaglianze che le donne affrontano nell’accesso al lavoro, nella progressione e nelle ricompense. Facciamo riferimento a questi ambiti[37]:
Segregazione settoriale: circa il 24% del divario retributivo di genere è legato alla sovrarappresentanza delle donne in settori relativamente poco retribuiti come l’assistenza, la sanità e l’istruzione.
Proporzioni diseguali tra lavoro retribuito e non retribuito: il fatto che le donne lavorino più ore settimanali rispetto agli uomini ma trascorrano più tempo in lavori non retribuiti può anche influenzare le loro scelte di carriera[38].
Il soffitto di vetro: la posizione nella gerarchia influisce sui livelli retributivi: meno di un amministratore delegato su dieci delle aziende più importanti sono donne. Tuttavia, l’occupazione con la maggiore differenza di retribuzione oraria nell’UE è quella manageriale: le donne sono pagate il 23% in meno rispetto agli uomini.
Discriminazione retributiva: in alcuni casi le donne guadagnano meno degli uomini per svolgere lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, anche se il principio della parità di retribuzione è sancito dai trattati europei (articolo 157 TFUE) dal 1957[39].
La maggior parte del divario retributivo di genere resta inspiegata nell’UE e non può essere collegata a caratteristiche del lavoratore o del posto di lavoro quali istruzione, occupazione, orario di lavoro o attività economica per cui la persona lavora.
Una maggiore trasparenza nella retribuzione aiuterebbe a scoprire differenze retributive ingiustificate basate sul genere per lo stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e aiuterebbe le vittime di discriminazione retributiva a cercare un risarcimento e a far valere il loro diritto alla parità retributiva[40].
La parità tra donne e uomini è un principio fondamentale dell’Unione europea
La Commissione europea, nella Carta per le donne e nella strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015, ha espresso l’impegno ad affrontare ed eliminare il divario di genere nei processi decisionali.
In seguito alla conferenza dell’UE sulla parità di genere nello sport, svoltasi nel 2013, è stata approvata una proposta riguardante le azioni strategiche da porre in atto nel periodo 2014-2020 per promuovere la parità di genere nello sport.
Riconoscendo che c’è ancora molto da fare, le azioni e le raccomandazioni contenute nella proposta incoraggiano gli organi di governo dello sport e le organizzazioni non governative a elaborare e attuare strategie d’azione nazionali e internazionali per la parità di genere nello sport, con il supporto di misure coerenti e concrete a livello dell’UE.
Le conclusioni del Consiglio sulla parità di genere nello sport esortano le organizzazioni sportive a migliorare l’equilibrio di genere nei consigli e nei comitati esecutivi, nonché nella gestione e negli staff tecnici; inoltre, si esprimono a favore dell’eliminazione delle barriere non legislative che ostacolano l’assunzione di tali funzioni da parte delle donne (20 maggio 2014)[41].
Alcune considerazioni in merito
Etilda Gjonaj, relatrice generale sulla Violenza contro le donne del Consiglio d’Europa, e Carlien Scheele dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, hanno entrambe ribadito l’assenza di rappresentanza femminile nei processi decisionali[42].
Katarzyna Kotula, ministro dell’Uguaglianza della Polonia, ha proposto misure di protezione e riforme educative per contrastare questa piaga.
L’eurodeputato socialista polacco, Robert Biedroń, ha sottolineato che mai come in questo momento storico la Commissione per i Diritti delle donne e l’Uguaglianza di genere ha adottato così tanti atti legislativi, elencando tra questi la ratifica da parte dell’Ue della Convenzione di Istanbul, un fondamentale strumento nella lotta contro la violenza sulle donne[43]. Tuttavia, Biedrón ha riconosciuto il significativo lavoro che ancora deve essere fatto, citando come esempio a disparità nella salute sessuale e riproduttiva tra le donne in Polonia, Slovacchia o Ungheria rispetto a quelle in Francia, Belgio o Germania, per cui, tutti i sacrifici fatti mirano a portarci più vicini ad una vera Unione Europea dell’uguaglianza[44]. Purtroppo, siamo ancora lontani dalla piena realizzazione dell’obiettivo, dato che, quando si parla dei diritti delle donne, non possiamo ancora affermare che tutte le donne europee siano uguali[45].
Il vero progresso richiede una riforma sistemica. Non sono le donne che hanno bisogno di cambiare, ma piuttosto le strutture e le norme che perpetuano l’ineguaglianza[46]
Obiettivi futuri
Il nuovo inquadramento del lavoro sportivo riconosce una serie di tutele delle quali potranno godere anche le lavoratrici, in termini di auspicabile crescita economica e professionale[47]. Non si deve trascurare che la riforma prefigura un necessario salto di qualità che debbono compiere anche le società dilettantistiche, chiamate ad operare in un mondo che, essendo maggiormente regolamentato, richiederà una maggiore professionalità in capo a chi si occupa dei profili gestionali ed organizzativi.
Possiamo quindi aspettarci che si aprano interessanti prospettive di carriera per le donne coinvolte nello sport a vario titolo, ma è importante che vi si possa accedere in condizioni di completa uguaglianza e senza discriminazioni.
Le riforme nelle attività sportive hanno portato anche altri importanti progressi dal punto di vista di genere. Diverse associazioni, ad esempio, adotteranno linee guida quadriennali per affinare i modelli organizzativi e gestionali, i codici di condotta per le attività sportive, la tutela dei minori e prevenzione dalle molestie, dalla violenza di genere e da ogni altra condizione discriminatoria prevista dalla normativa[48]. Ciò comporterà anche l’inserimento di nuove figure professionali all’interno delle società sportive (Safeguarding), che avranno il compito di prevenire e fronteggiare eventuali problematiche legate alla violenza o alla discriminazione[49].
Ci sono diverse iniziative che un’organizzazione sportiva può intraprendere per facilitare
una copertura equilibrata dal punto di vista del genere. Ecco alcuni suggerimenti: Assicurarsi che il calendario delle gare sia equamente bilanciato per gli eventi femminili e maschili; negoziare gli accordi sui diritti di trasmissione in modo che le competizioni femminili e maschili abbiano la stessa copertura e sia garantita una programmazione equa delle trasmissioni; offrire incentivi ai media per promuovere l’ingaggio di personale femminile; Educare il pubblico sui diritti delle donne nello sport e sulle misure di prevenzione e di risposta alla violenza.
Note
[1] In occasione della Giornata Internazionale della Donna (8 marzo) se ne è discusso al Parlamento europeo in un incontro tra legislatori, esperti e atlete che hanno analizzato le molteplici disuguaglianze riscontrate nel mondo dello sport.
[2] https://europa.today.it/unione-europea/ambito-uguaglianza-uomini-donne-sport-difficile.html
[3]https://asvis.it/public/asvis2/files/Rapporto_ASviS/Rapporto_ASviS_2024/Rapporto_ASviS_2024.pdf
[4] https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Lottomatica%20Rapporto.pdf
[5] Le donne che fanno sport sono oltre 8 milioni e mezzo e costituiscono il 43,3% del totale degli sportivi. A queste si aggiungono 9 milioni di donne che fanno almeno qualche attività fisica. Complessivamente fanno attività sportiva e/o motoria il 59,4% delle italiane.
[6] https://www.coni.it/it/federazioni-sportive-nazionali.html
[7] https://www.repubblica.it/rubriche/spycalcio/2024/04/11/news/abodi_donne_vertici_sport-422464921/
[8] https://www.ubitennis.com/blog/2023/12/22/presidenze-federali-abodi-propone-una-riforma-parita-di-genere-e-ricambio-generazionale/; https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/21-12-2023/elezioni-organi-sportivi-abodi-un-vice-presidente-under-35-e-parita-di-genere.shtml.
[9] https://www.istat.it/it/files/2023/12/CENSIMENTOEDINAMICADEMOGRAFICA2022.pdf, Popolazione residente e dinamica demografica Anno 2022, Censimento 2022: ancora in calo la popolazione
[10] https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/lo-sport-italiano-si-scopre-senza-donne-dirigenti
[11] Ibidem
[12]Rapporto 2024 Goal 5 “Parità di genere”, Parità di genere: in Italia serve un Piano sistemico per l’occupazione femminile https://asvis.it/rapporto2024-goal-5-parita-di-genere/
[13] https://francescacrisci.altervista.org/goal-5-parita-di genere.
[14] L’agenda 2030, per uno sviluppo sostenibile, obiettivo 5: Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze; https://www.eda.admin.ch/agenda2030/it/home/agenda-2030/die-17-ziele-fuer-eine-nachhaltige-entwicklung/ziel-5-geschlechtergleichstellung-erreichen-und-alle-frauen.html.
[15]https://asvis.it/public/asvis2/files/Pubblicazioni/Rapporto_di_Primavera/Rapporto_ASviS_Primavera_2024_Scenari_Italia.pdf
[16] Nel 2021, il nostro Paese ha ratificato la Convenzione dell’International Labour Organization (ILO) sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro. Secondo la definizione, sono considerate molestie sessuali tutte le forme di comportamento indesiderato di natura sessuale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, specialmente quando creano un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
[17] Ibidem
[18] Progressi insufficienti su parità di genere, Italia ancora sotto media Ue, https://asvis.it/goal-5-parita-di-genere/
[19] «Tradizionalmente un settore dominato dagli uomini e i progressi compiuti nella parità di genere in questo campo sono frenati dalle concezioni sociali di femminilità e mascolinità, che spesso associano lo sport a caratteristiche “maschili” quali la forza fisica e la resistenza, la velocità e uno spirito molto combattivo, se non addirittura aggressivo. Le donne che si impegnano nello sport possono essere viste come “mascoline”, mentre gli uomini non interessati agli sport possono essere considerati “poco virili”».
[20]https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/policies/justice-and-fundamental-rights/gender-equality/equal-pay/gender-pay-gap-situation-eu_en
[21] dati UE27.
[22] Lo Sport in Italia, l’approccio allo sport per genere, i dati sono stati raccolti da un’indagine di Sg Plus, giugno 2024.
[23] Ibidem
[24] https://lavialibera.it/it-schede-1902-parigi2024_nessuna_parita_ai_vertici_dello_sport
[25] Alle Olimpiadi di Tokyo, il 48,8% dei partecipanti erano donne.
[26] Itlas, Parigi 2024: le Olimpiadi della parità di genere, https://www.itlas.com/it/blog/parigi-2024-le-olimpiadi-della-parita-di genere; https://www.odcecpadova.it/olimpiadi-di-parigi-2024-raggiunta-la-parita-di-genere.
[27] M. Cinquepalmi, Donne e Olimpiadi, la lunga marcia, in http://www.treccani.it, 8 marzo 2020.
[28] https://www.istat.it/it/files/2017/03/PIANO-DI-UGUAGLIANZA-DI-GENERE-2024-2026.pdf
[29] Cambridge University Press 2016; Hanson 2012.
[30] CIO, Linee guida sulla rappresentazione nello sport: parità di genere, equità e inclusione, Ed. 2024, https://milanocortina2026.olympics.com/s3fs-public/documents/2024-09/IOC-Gender-portrayal-guidelines_2024_IT.pdf?VersionId=wk_eUdUZ44T5gIY9620G6Jg3H4xFdz64.
[31] Manuale Unesco per affrontare la violenza sulle donne nello sport, Unesco, 2023, https://www.sportesalute.eu/studiedatidellosport/blog-studi-e-dati-dello-sport/manuale-unesco-per-affrontare-la-violenza-sulle-donne-nello-sport.html
[32] Pensiamo ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020, dove l’87% delle atlete donne sono state bersaglio di messaggi oltraggiosi su Twitter;
[33] Butler, S. CBC Sports commits to gender-balanced coverage across all platforms. CBC, 6
Mar. 2020, Cambridge University Press (2016); Out & Equal. Guía de Comunicación Inclusiva
para la Inclusión Laboral de Personas Trans y No Binarias, https://outandequal.org/spanish-inclusion/
[34] Il safeguarding e il modello di gestione e controllo per prevenire abusi e violenze, Fisco e Tasse, https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/16104-il-safeguarding-e-il-modello-di-gestione-e-controllo-per-prevenire-abusi-e-violenze.html.
[35] https://terredeshommes.it/comunicati/violenza-nello-sport-per-la-prima-volta-in-italia-un-indagine-sul-tema/
[36] https://www.innlifes.com/esg/donne-ai-vertici-analisi/
[37] La situazione del divario retributivo di genere nell’UE. https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/policies/justice-and-fundamental-rights/gender-equality/equal-pay/gender-pay-gap-situation-eu_it.
[38] Ecco perché l’UE sostiene un’equa distribuzione del congedo parentale, adeguati servizi pubblici di assistenza all’infanzia e politiche aziendali adeguate su modalità di lavoro flessibili.
[39] L. Rosti, Soffitto di cristallo o porta di cristallo https://alleyoop.ilsole24ore.com/2019/10/30/soffitto-cristallo.
[40] European Commission, Equal Pay? Time to close the gap! https://commission.europa.eu/document/
[41] https://eige.europa.eu/sites/default/files/documents/mh0215937itn.pdf
[42] https://europa.today.it/unione-europea/ambito-uguaglianza-uomini-donne-sport-difficile.html
[43] L’Unione europea ha depositato lo strumento di approvazione della “Convenzione di Istanbul”, https://www.coe.int/it/web/portal/-/the-european-union-deposited-the-instrument-of-approval-of-the-istanbul-convention.
[44] Ibidem
[45] Language, Gender and Sport. Parte dei Cambridge Papers nella serie ELT. Cambridge: Cambridge University Press, 2016.
[46] Comitato Olimpico Internazionale. P&G champions LGBTQ+ athletes at Tokyo 2020. Olympics.com, 3 Aug. 2021; https:// olympics.com/ioc/news/p-g-champions-lgbtqathletes-at-tokyo-2020.
[47]https://www.fitp.it/media/file_pdf/20231114_la_riforma_dello_sport_e_la_sua_applicazione.pdf
[48] D. lgs. dell’11 aprile 2006 c.d. Norma di Parità: 2. La parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell’occupazione, del lavoro e della retribuzione. 3. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.
[49] https://www.geasport.eu/safaguarding/