Corte Costituzionale tutela il diritto dei creditori su immobili abusivi

Con la sentenza n. 160/2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che prevedono l’estinzione dell’ipoteca su immobili abusivi acquisiti gratuitamente dal Comune, senza offrire ai creditori una forma di compensazione. La Corte ha quindi chiarito che il diritto del creditore ipotecario, seppur accessorio al credito, gode di una protezione costituzionale che non può essere sacrificata in modo arbitrario.

Corte Costituzionale-sentenza n. 160 del 03-10-2024


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Il caso di specie

il caso portato dinanzi al Giudice delle Leggi aveva avuto origine da una vicenda giudiziaria che aveva coinvolto una società che vantava un’ipoteca su un immobile abusivo successivamente acquisito dal Comune di Agrigento. Di fronte all’estinzione dell’ipoteca, la società aveva sollevato la questione di costituzionalità, contestando la legittimità delle norme che non prevedevano alcuna tutela per i diritti dei creditori ipotecari in caso di acquisizione del bene abusivo. In particolare, la pronuncia di legittimità riguarda le norme che attribuiscono al Comune la possibilità di acquisire gratuitamente al proprio patrimonio immobili costruiti abusivamente. Le norme in esame, precisamente l’art. 7, co. 3, della l. n. 47 del 1985 e l’art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380 del 2001 T.U. in materia edilizia, stabilivano che, se il responsabile dell’abuso edilizio non provvedeva alla demolizione dell’immobile entro i termini indicati, il bene passava automaticamente alla proprietà del Comune a titolo originario. La giurisprudenza aveva a lungo interpretato tale acquisizione come estintiva di tutti i diritti di garanzia iscritti sull’immobile, comprese le ipoteche.

Il ragionamento della Corte Costituzionale

Un primo aspetto del ragionamento della Corte riguarda il principio di ragionevolezza evocato dall’art. 3 Cost. Secondo i giudici di legittimità, il meccanismo della confisca edilizia, così come disciplinato, risulta irragionevole nella misura in cui prevede l’estinzione del diritto di garanzia anche quando il creditore non ha alcun legame con l’abuso edilizio. Questo automatismo, a giudizio della Corte, opera un sacrificio ingiustificato dei diritti del creditore ipotecario, che non può essere ritenuto responsabile né della realizzazione dell’abuso né dell’inottemperanza all’ordine di demolizione. Il creditore, infatti, subisce un pregiudizio che la Corte definisce come “eccessivo” rispetto alla necessità di garantire l’efficacia della confisca come misura sanzionatoria. I giudici fanno riferimento al parametro di proporzionalità nella valutazione della legittimità della sanzione: il bene confiscato non può essere sacrificato indiscriminatamente senza che vi sia un giustificato motivo di connessione tra l’abuso e il diritto di garanzia.

I giudici hanno poi collegato questa violazione al diritto di difesa, richiamato dall’art. 24 Cost. Nel considerare l’ipoteca come un diritto di sequela, che conferisce al creditore la facoltà di soddisfare il proprio credito anche nei confronti di un terzo acquirente, la Corte ha sottolineato che il creditore ipotecario ha diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sul bene ipotecato. Tuttavia, la confisca per abusi edilizi estingue l’ipoteca in modo irreversibile, privando il creditore della possibilità di rivalersi sul bene e del diritto a procedere esecutivamente contro il Comune. La Corte Costituzionale ha ritenuto che questa conseguenza violi in modo evidente il diritto alla difesa del creditore, il quale non ha modo di partecipare al procedimento amministrativo che ha condotto alla confisca né di opporsi all’estinzione del proprio diritto.

Il terzo principio su cui si sono soffermati i giudici della Corte è il diritto di proprietà, previsto dall’art. 42 Cost. Nel suo ragionamento, la Corte ha evidenziato che l’ipoteca rappresenta, seppur in forma indiretta, un diritto di proprietà, parte integrante del patrimonio del creditore ipotecario. L’estinzione automatica dell’ipoteca in seguito alla confisca determina quindi una perdita patrimoniale per il creditore, privato del proprio diritto reale di garanzia senza alcun risarcimento. La Corte ha contestato che tale privazione avvenga senza una compensazione, giudicando sproporzionato il sacrificio imposto al creditore rispetto all’obiettivo di ripristinare la legalità urbanistica.

Un’ulteriore considerazione che emerge dal ragionamento della Corte riguarda la finalità della confisca edilizia. I giudici hanno riconosciuto che la confisca rappresenta una sanzione con una chiara finalità punitiva, volta ad evitare gli abusi edilizi e a garantire l’ordine urbanistico. Tuttavia, la Corte ha precisato che tale sanzione non può comportare un sacrificio indiscriminato dei diritti di terzi, specie quando questi soggetti non abbiano avuto alcun ruolo attivo nella violazione urbanistica. Dunque, la finalità sanzionatoria non giustifica la perdita automatica di diritti di garanzia preesistenti all’abuso, poiché ciò risulterebbe in una sanzione sproporzionata che colpisce soggetti estranei all’illecito. Il giudice delle Leggi ha così respinto l’applicazione di un rigido automatismo che, se non corretto, rischierebbe di trasformare la confisca in una misura che penalizza anche coloro che non hanno concorso all’abuso.

Conclusioni

La sentenza n. 160/2024 della Corte Costituzionale ha affermato il principio di diritto secondo cui la tutela dell’ordine urbanistico e la lotta all’abusivismo edilizio non possono giustificare il sacrificio automatico dei diritti di terzi incolpevoli. I giudici hanno infatti riconosciuto che il diritto di garanzia dei creditori ipotecari non può essere cancellato per effetto della confisca quando non vi sia un nesso diretto tra la condotta del creditore e l’abuso.

Infatti la Corte ha:

1) “dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire”;

2) “dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con l’ordinanza indicata in epigrafe”;

3) “dichiarato, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire”.

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