Equa riparazione per irragionevole durata del processo: le novità introdotte dalla Legge di Stabilità 2016

Con la legge di stabilità 2016 è stata introdotta al comma 777, dell’articolo 1, una rilevante modifica in tema di procedura per il risarcimento del danno prodotto dalla irragionevole durata del processo (vedi legge del 24 marzo 2001, n. 89, modificata dalla successiva legge n. 134 del 2012).

Le innovazioni in tema di equa riparazione sono contenute negli aggiunti articoli 1 bis ed 1 ter, rispettivamente rubricati “rimedi all’irragionevole durata del processo” e “rimedi preventivi”, nonché nei commi sostituiti o integrati all’art. 2 della legge del 2001.

A tal riguardo, l’art. 1 bis recita testualmente:

1. La parte di un processo ha diritto a esperire rimedi preventivi alla violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione stessa.
2. Chi, pur avendo esperito i rimedi preventivi di cui all’articolo 1 ter, ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa dell’irragionevole durata del processo ha diritto ad una equa riparazione.

L’espressione “pur avendo esperito i rimedi preventivi” presuppone un rinvio all’art. 1 ter della citata legge n. 89/2001. Secondo tale disposizione, costituiscono rimedi preventivi:

  • l’introduzione del giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui agli articoli 702 bis ss. c.p.c;
  • la formulazione della richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario a norma dell’articolo 183 bis c.p.c., entro l’udienza di trattazione e comunque almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all’articolo 2, comma 2 bis;
  • nelle cause in cui non si applica il rito sommario di cognizione, ivi comprese quelle in grado di appello, costituisce rimedio preventivo la proposizione dell’istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell’articolo 281 sexies c.p.c., almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all’articolo 2, comma 2 bis.

Quale deve essere dunque il comportamento che deve attuare la parte nel processo civile, al fine di evitare che possa esserle preclusa l’azione di danno da irragionevole durata del processo? Alla luce di quanto affermato, in base alla legge di stabilità per il 2016, il danno da durata del giudizio può essere impedito, o limitato, attuando i citati rimedi preventivi. Dunque, la parte che agisce in giudizio è chiamata ad optare tra un rito a cognizione sommaria, con la possibilità di ottenere il risarcimento del danno derivante dalla lunga durata del processo, oppure scegliere la strada della cognizione piena, ma, in tal caso, rinunciare, sin dal momento della proposizione del giudizio, a tale ristoro.

Invece, alla parte convenuta è data l’opportunità del risarcimento solo se essa chiede il mutamento di rito da ordinario a sommario. Il beneficio dell’equa riparazione sembra tuttavia non potersi trasferire all’attore che ha agito con il rito ordinario, anche se accogliendo l’istanza il giudice, valutate le circostanze previste, nell’art. 183 bis c.p.c., trasforma il rito da ordinario in sommario.

Con la modifica del comma 2 quinques, dell’art. 211, sono inoltre stata introdotte quattro ulteriori limitazioni all’ottenimento dell’equa riparazione. E’ infatti totalmente preclusa l’azione risarcitoria:

  • quando la parte ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta della proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all’art. 96 c.p.c.;
  • quando il giudizio presupposto ha accolto la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa (art. 91, comma 1 c.p.c.);
  • nell’ipotesi in cui il provvedimento che definisce il giudizio presupposto corrisponde interamente al contenuto della proposta transattiva formulata dal mediatore (art. 13, comma 1 D. lg. n. 28 del 2010);
  • in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento”;

Sono state altresì individuate alcune fattispecie che non escludono totalmente il risarcimento, ma presumono l’inesistenza del pregiudizio, salvo prova contraria, da fornirsi ad opera della parte che richiede il risarcimento. Tali ipotesi sono:

  • la contumacia;
  • la estinzione del giudizio ai sensi degli articoli 306 e 307 c.p.c.;
  • la irrisorietà della pretesa o del valore della controversia, anche se quest’ultima è da valutarsi, caso per caso, in ragione delle condizioni personali della parte che chiede il risarcimento.

Infine, il comma 2 septies, dell’art. 2, inserisce una nuova ipotesi di presunzione di insussistenza del danno, “quando la parte ha conseguito, per effetto della irragionevole durata del processo, vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto all’indennizzo“.

Prossimamente provvederemo ad illustrare la nuova procedura di liquidazione, con particolare attenzione ai nuovi criteri per determinare la misura dell’indennizzo, nonchè le nuove modalità di pagamento.

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