La questione della distribuzione presunta di utili extracontabili nelle società a ristretta base partecipativa è stata oggetto della sentenza n. 26473/2024 della Sezione tributaria della Corte di Cassazione. Quest’ultima ha approfondito i limiti e le modalità di applicazione di tale presunzione, ponendo l’accento sugli oneri probatori che gravano sul contribuente. La sentenza chiarisce i rapporti tra la presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati e la possibilità di fornire una prova contraria.
Per approfondire questo tema , il libro Prova e onere probatorio nel nuovo processo tributario offre un’analisi dettagliata e aggiornata su come affrontare efficacemente tali presunzioni nel contesto del processo tributario.
La vicenda processuale
Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un socio di minoranza di una società a responsabilità limitata con base partecipativa ristretta. Tale società non aveva presentato le dichiarazioni fiscali per l’anno 2008, risultando pertanto inadempiente rispetto agli obblighi tributari. Il contribuente era infatti imputato di aver percepito un maggior reddito di capitale pari a €161.285, relativo agli utili non dichiarati per l’anno d’imposta 2007. L’Agenzia delle Entrate, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, aveva fondato l’accertamento sulla presunzione semplice secondo cui, in presenza di società a ristretta base partecipativa, gli utili non contabilizzati vengono distribuiti proporzionalmente tra i soci. Tale presunzione è radicata nella “massima di comune esperienza” per cui i soci di una piccola società partecipano attivamente alla gestione e ne condividono gli utili, anche quelli non contabilizzati. Il principio alla base di questa presunzione è che, data la stretta compagine sociale, vi sia un elevato grado di controllo reciproco tra i soci, rendendo improbabile che eventuali utili non vengano distribuiti. Il contribuente, opponendosi all’avviso di accertamento, ha sostenuto di non aver percepito alcun utile extracontabile, cercando di vincere la presunzione attraverso la dimostrazione della propria estraneità alla gestione della società.
Prova e onere probatorio nel nuovo processo tributario
Il presente volume ha l’obiettivo di rendere accessibile agli operatori del diritto tributario il regime di ricerca e formazione della prova e della suddivisione dell’onere probatorio nell’ambito del processo.
L'opera è aggiornata alle ultime novità legislative in tema di contenzioso tributario e Statuto del contribuente, accertamento tributario e concordato preventivo biennale, fino alle recenti Risposte del MEF in occasione dei quesiti di Telefisco.
Il testo è suddiviso in tre parti: la prima approfondisce le nozioni di procedimento, processo e prova prima della riforma del processo tributario; nella seconda, oltre ad affrontare l’impatto sul giudizio tributario dei nuovi istituti introdotti dalla legge di riforma, si analizza quali siano i mezzi di prova ammessi, quali quelli esclusi e come circoli la prova tra i processi penale, civile e tributario, anche alla luce dei decreti attuativi della Riforma fiscale (Legge delega 111/2023).
La terza parte approfondisce i primi arresti giurisprudenziali, sia di merito, che di legittimità, con uno sguardo alla recente Sentenza dell’11 gennaio 2024 della CGUE in tema di onere della prova e di primato del diritto europeo.
Flavio Carlino
Avvocato, Dottore Commercialista, Revisore Legale e Giornalista Pubblicista. Founder dello Studio legale-tributario Carlino dal 1991, ha un’esperienza ultratrentennale nel campo della consulenza nel settore tributario. Nel 2022 ha fondato l’Associazione Italiana Avvocati Commercialisti (A.I.A.C.), di cui è attualmente Presidente, ed ha creato una rete di professionisti con 20 sedi su tutto il territorio nazionale. CTU e perito presso il Tribunale di Lecce, è difensore tributario di enti pubblici e privati.
La presunzione di distribuzione di utili extracontabili
La Corte di Cassazione ha più volte confermato la legittimità della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili nelle società a ristretta base. Tale presunzione, pur essendo semplice e quindi superabile con la prova contraria, poggia su basi logiche: le società di capitali con pochi soci tendono, nella normale esperienza pratica, a distribuire gli utili prodotti tra i partecipanti, in assenza di specifiche operazioni di accantonamento.
Nel caso in esame, l’accertamento fiscale si fondava sulla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi della società per l’anno 2008 e sul rilievo, confermato da fatture e documentazione bancaria, che la società aveva prodotto consistenti ricavi non dichiarati. La presunzione operava quindi a favore dell’AdE, che imputava proporzionalmente tali utili ai soci della società, in ragione della loro partecipazione al capitale sociale.
L’elemento centrale di questa presunzione è la “ristrettezza” della base partecipativa, che implica un coinvolgimento diretto dei soci nella gestione dell’impresa. In tale contesto, la Cassazione ha più volte ribadito che è legittimo ritenere che gli utili non contabilizzati siano stati distribuiti, salvo prova contraria fornita dal contribuente.
L’onere della prova contraria
La Corte ha chiarito che, pur essendo ammissibile la possibilità per il socio di dimostrare la propria estraneità alla gestione della società e quindi alla percezione degli utili, tale prova deve essere rigorosa, specifica e documentata.
Nel caso di specie, il contribuente ha cercato di vincere la presunzione sostenendo la propria estraneità alla gestione della società e l’inattività della stessa, dichiarando che il suo ruolo era puramente formale e che la sua unica occupazione era di natura artistica. A sostegno di tale affermazione, ha presentato documenti bancari dai quali, a suo dire, non emergeva alcuna traccia della distribuzione degli utili.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto che tale prova fosse insufficiente. In particolare, la sentenza impugnata è stata cassata per difetto di motivazione: la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto convincenti le dichiarazioni del contribuente, ma senza fornire una adeguata argomentazione sul perché si ritenesse superata la presunzione di distribuzione. La Corte ha sottolineato che la semplice produzione di documenti bancari non può essere considerata sufficiente, laddove, invece, l’Amministrazione finanziaria aveva dimostrato, tramite fatture e altre prove, l’operatività della società e la produzione di utili non dichiarati.
Conclusioni
La sentenza n. 26473/2024 offre un’importante conferma dei principi che regolano l’onere della prova in tema di presunzione di distribuzione di utili extracontabili. In particolare, essa sottolinea come la prova contraria che grava sul socio di una società a ristretta base partecipativa debba essere precisa e rigorosa, in modo da contrastare efficacemente una presunzione che, pur essendo semplice, si fonda su una logica di stretta connessione tra soci e gestione societaria.