Con la sentenza n. 784 del 19 gennaio 2016, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno risolto un problema di interpretazione del comma 49 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005). Ecco il testo integrale della disposizione in esame:
49. Nell’ambito del processo di mobilità di cui al comma 48, i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni e che si siano avvalsi della facoltà di cui all’articolo 18 del regolamento di cui al d.P.R. 4 dicembre 1997, n. 465, sono inquadrati, nei limiti del contingente di cui al comma 96, nei ruoli unici delle amministrazioni in cui prestano servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero di altre amministrazioni in cui si riscontrano carenze di organico, previo consenso dell’interessato, ai sensi ed agli effetti delle disposizioni in materia di mobilità e delle condizioni del contratto collettivo vigenti per la categoria.
In altre parole, tale norma prevede che, in caso di mobilità dei segretari comunali o provinciali verso altre amministrazioni, qualora sussistano determinati requisiti, costoro devono essere inquadrati “nei ruoli unici delle amministrazioni in cui prestano servizio alla data di entrata in vigore della presente legge“. A tal riguardo, veniva chiesto alle Sezioni Unite se tale disposizione riguardasse solo i processi di mobilità in corso o successivi alla data di entrata in vigore della legge oppure riguardi anche i processi di mobilità già avvenuti, magari molti anni prima.
Dopo aver inquadrato le disposizioni normative sottese al caso di specie, la Suprema Corte ha in primo luogo chiarito che la formula “nell’ambito del processo di mobilità di cui al comma 48“, che apre il comma in esame, restringe chiaramente il campo di applicazione della norma: detta infatti una disciplina che non riguarda le mobilità già completate, ma guarda al futuro prescrivendo che, “in attesa di nuove norme contrattuali, i processi di mobilità, in deroga a quanto previsto dal contratto collettivo del 1998-2001, potranno comportare il mancato accesso alla dirigenza non solo per i segretari comunali di qualifica C e B (meno elevate), ma anche per le qualifiche A e B (più elevate)”.
E’ evidente, perciò, che la nuova normativa non riguarda il passato, non potendo incidere sulle qualifiche dirigenziali acquisite dai segretari di livello più elevato il cui processo di mobilità si era già completato. A conferma di ciò, la Corte di legittimità ha peraltro evidenziato che sarebbe fortemente contraddittorio interpretare il comma 49 dell’art. 1 L. cit. in maniera così estensiva da imporre una generalizzazione dell’accesso alla dirigenza sulla base dei due requisiti minimali citati.
La Corte di legittimità ha altresì rilevato che la sentenza n. 217/2012 della Corte Costituzionale, statuendo che “la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del pubblico concorso di cui all’art. 97 Cost. deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle”, si estende a maggior ragione anche all’acquisizione delle qualifiche dirigenziali.
In conclusione, alla luce di quanto affermato, è stato dunque affermato il seguente principio di diritto: “il comma 49 dell’art. 1 della Legge 311 del 2004 non si applica alle procedure di mobilità dei segretari comunali e provinciali già concluse alla data di entrata in vigore di tale legge“.
Dopo la sentenza 37 della Corte Costituzionale anche la Cassazione ribadisce il principio dell’art. 97 della Costituzione. Per diventare dirigenti bisogna superare un concorso. Basta con i “nominati”.