Ingiustificato arricchimento senza contratto formale: il rimedio

Con la sentenza n. 7178 del 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso relativo ad uno sviluppo di un software a carico di un professionista per un ente pubblico senza un contratto formale stipulato a tal proposito. Nello specifico, la Corte d’Appello ha annullato una decisione precedente a suo favore, negando il risarcimento basato sull’ingiustificato arricchimento. Questa decisione è stata portata davanti alla Corte di Cassazione, che ha ribadito l’applicabilità dell’azione di ingiustificato arricchimento in virtù dell’assenza di altri rimedi esperibili.

Corte di Cassazione-Sez.Lav. sent. n. 7178 del 18-03-2024

La questione

Il caso di specie ha riguardato un professionista, sviluppatore di un software per un ente pubblico, in assenza di un contratto formale. Nonostante il lavoro svolto, il professionista non è stato compensato adeguatamente rispetto la prestazione svolta. Dopo che il giudice di prime cure ha riconosciuto la presenza di un ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., la Corte d’Appello ha ribaltato tale decisione.

 I motivi di ricorso

Per questi motivi, il ricorrente ha proposto un ricorso per cassazione.
Con il primo motivo, il ricorrente ha asserito la violazione degli artt. 329, 342 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in virtù del fatto che la Corte d’Appello ha esaminato questioni non sollevate dalle parti, riguardanti la sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza giusta causa. La critica principale aveva ad oggetto il fatto che la corte avesse esaminato il fondamento della condanna per arricchimento senza che ci fosse stato un motivo specifico sollevato in appello su questo punto, compromettendo il diritto di difesa. Per quanto attiene la violazione dell’art. 2909 c.c., il ricorrente ha lamentato una violazione del principio di giudicato la corte avrebbe dovuto attenersi ai limiti della questione giudiziale come definito dalle parti.
Con il secondo motivo, il ricorrente ha sostenuto la violazione degli artt. 1218, 2041, 2042 c.c. e artt. 45 e 64 d.lgs. n. 30 del 2005 lamentando che la corte d’appello avesse errato l’interpretazione del rapporto lavorativo e del tipo di prestazione eseguita, classificandola come parte di un rapporto di continuità assistenziale. Altresì, per ciò che concerne gli artt. 45 e 64 del d.lgs. n. 30 del 2005, ha criticato l’applicazione di queste norme relative alla tutela delle invenzioni, argomentando che la corte d’appello avesse errato nel non riconoscere che le norme sulla proprietà intellettuale avrebbero dovuto proteggere la sua creazione di software, una prestazione che non rientrava nei compiti tipici del suo rapporto lavorativo formale.

Le argomentazioni della Corte

la Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il secondo motivo, riconoscendo che la corte territoriale competente avesse mancato di considerare la natura specifica e indipendente della prestazione svolta.
La decisione della Corte di Cassazione nel caso di specie trova largo respiro nell’interpretazione e applicazione dei principi sull contratto, la nullità dello stesso per mancanza di forma prevista dalla legge e l’arricchimento senza giusta causa.
In primo luogo, per i giudici di legittimità, il ricorrente ha sostenuto che la prestazione di sviluppo software non rientrasse nelle sue mansioni ordinarie o nei compiti per i quali era impiegato in via contrattuale, al contrario di quanto stabilito dalla Corte d’Appello. Sul punto, la Corte di Cassazione ha specificato che il lavoro di sviluppo software era una prestazione separata e indipendente, non coperta dal normale ambito del rapporto lavorativo.
Successivamente, la Corte ha chiarito che, data l’assenza di un contratto formale in grado di coprire la mansione legata allo sviluppo del software, e considerando la natura distinta e identificabile del lavoro svolto dal ricorrente, era appropriato considerare l’azione di arricchimento senza giusta causa come l’unica via per ottenere una compensazione adeguata.
La Corte ha posto l’accento sull’assenza di un’adeguata forma contrattuale per lo sviluppo del software, il che rendeva il contratto nullo per mancanza degli elementi essenziali di cui la forma scritta prevista dalla legge (al pari dell’oggetto, causa, accordo).
Altresì, la Corte ha sottolineato che i rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione richiedono una forma scritta specifica per la loro validità e nel caso di specie la nullità del contratto come conseguenza ha eliminato la possibilità di ricorrere a un’azione basata su un contratto valido per reclamare una compensazione, rendendo pertanto applicabile l’azione di arricchimento senza giusta causa.
La Corte ha anche indicato che il giudice può determinare in modo equitativo l’indennizzo dovuto, considerando non solo il lavoro svolto ma anche i costi sostenuti e il tempo investito dal ricorrente, in giusta considerazione delle circostanze del caso concreto.
La decisione dei giudici ribadisce che l’azione di arricchimento senza giusta causa è sussidiaria, applicabile solo quando non esistono altre basi contrattuali o legali per una richiesta di compensazione.
Per la Corte, il ricorrente non avrebbe potuto beneficiare nemmeno della tutela ai sensi della legge n. 633 del 1941 (cd. legge sul diritto d’autore).

    • In primo luogo, perché per le opere create fuori dal rapporto di lavoro, la legge n. 633 del 1941 protegge le opere creative realizzate indipendentemente da un rapporto di lavoro subordinato, attribuendo all’autore il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera. Tuttavia, nel caso del ricorrente, il contesto del lavoro svolto era strettamente connesso al suo incarico professionale, sebbene non formalmente riconosciuto da un contratto adeguatamente strutturato.
    • il ricorrente non poteva rivendicare la protezione come invenzione di servizio, poiché il software non era stato creato come parte delle sue mansioni regolari sotto un rapporto di lavoro subordinato, ma piuttosto come un incarico specifico che avrebbe dovuto essere coperto da un contratto formale.
    • Infine, anche se il ricorrente avesse potuto rivendicare la protezione del diritto d’autore, l’effettivo esercizio di tali diritti in termini di ottenimento di un compenso adeguato per la creazione  del software avrebbe potuto non essere efficace, vista la mancanza di un contratto formale in grado di circoscrivere in maniera esaustiva i termini di utilizzo del software.

La Corte ha ritenuto più appropriato affidarsi all’art. 2041 c.c. come rimedio per la risoluzione del caso concreto.

Funzione dell’Azione di Indebito Arricchimento

Infatti, l’azione di indebito arricchimento mira a eliminare le situazioni in cui una parte si arricchisce ingiustamente a discapito di un’altra (il depauperato).
La Corte ha chiarito che l’applicabilità dell’azione di arricchimento senza giusta causa trova giustificazione specialmente quando non sono disponibili altre azioni contrattuali. Questo accade di solito quando il contratto è nullo o quando non esiste un titolo legale valido che possa giustificare l’arricchimento di una parte. In tali casi, l’azione di arricchimento agisce come un meccanismo di riserva per ristabilire l’equità.
I giudici di legittimità, nella loro decisione, hanno citato la sentenza n. 33954 del 5 dicembre 2023 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in cui è stato affrontato un importante principio in relazione all’azione di arricchimento senza giusta causa, specie riguardo la regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c. Questo principio stabilisce che l’azione di ingiustificato arricchimento è ammissibile solo quando non esistono altre azioni specifiche previste dall’ordinamento per tutelare il diritto violato.
Le Sezioni Unite hanno ricordato che per verificare il rispetto della regola di sussidiarietà, è necessario che non esistano altre azioni legali specifiche a tutela del diritto leso.
Infine, la sentenza ha specificato che l’azione di arricchimento è proponibile se:

      • L’azione alternativa, basata su contratto o legge, si rivela carente ab origine del titolo giustificativo. Questo significa che se un contratto è nullo o non esiste affatto, e non può quindi costituire la base per un’azione contrattuale, l’azione di arricchimento diventa proponibile.
      • Non è applicabile in caso di rigetto di un’altra azione per motivi come la prescrizione o la decadenza del diritto, o per insufficienza di prove relative all’esistenza del pregiudizio subito.
      • È esclusa anche in caso di nullità del titolo contrattuale se questa deriva dall’illiceità del contratto, che può essere in contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico.

Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha stabilito che qualora un professionista svolge una prestazione su incarico di una P.A. e il contratto si rivela nullo per mancanza della forma scritta, il professionista ha il diritto di proporre un’azione di ingiustificato arricchimento. La Corte aggiunge che il giudice ha il potere di determinare in via equitativa l’indennizzo dovuto, che non deve corrispondere automaticamente al compenso comunemente previsto per tale prestazione, ma deve riflettere adeguatamente il valore dell’arricchimento ingiustamente ottenuto dall’ente pubblico.

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Andrea Sirotti Gaudenzi
Avvocato e docente universitario. Svolge attività di insegnamento presso Atenei e centri di formazione. È responsabile scientifico di vari enti, tra cui l’Istituto nazionale per la formazione continua di Roma e ADISI di Lugano. Direttore di collane e trattati giuridici, è autore di numerosi volumi, tra cui “Manuale pratico dei marchi e brevetti”, “Trattato pratico del risarcimento del danno”, “Codice della proprietà industriale”. Magistrato sportivo, attualmente è presidente della Corte d’appello federale della Federazione Ginnastica d’Italia. I suoi articoli vengono pubblicati da diverse testate e collabora stabilmente con “Guida al Diritto” del Sole 24 Ore.

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