Donazione di cosa altrui: risolto contrasto dalle Sezioni Unite

Con la sentenza n. 5068 del 15 marzo 2016, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, hanno chiarito se la donazione di cosa altrui debba ritenersi nulla ovvero sia valida ancorché inefficace.

Il contrasto giurisprudenziale sulla donazione di cosa altrui

La questione ha, da tempo, diviso gli interpreti: secondo un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità la donazione di bene altrui sarebbe nulla in virtù di una interpretazione analogica dell’art. 771 c.c. il quale prevede espressamente la nullità della donazione effettuata su beni futuri.

La categoria dei beni futuri comprenderebbe quindi anche i beni altrui, nel senso che deve ritenersi vietata la donazione di tutti quei beni che non rientrano nel patrimonio del donante.

Secondo tale tesi, la circostanza che l’art. 769 c.c. contempli l’arricchimento della parte donataria operato “assumendo verso la stessa un’obbligazione” non rileva ai fini della validità della donazione di cosa altrui: in tali ipotesi si configurerebbe infatti una promessa di attribuzione di beni e cioè un contratto preliminare di donazione, che è nullo in quanto con esso si costituisce a carico del promittente un vincolo giuridico a donare, che si pone in contrasto con il principio secondo cui “nella donazione l’arricchimento del beneficiario deve avvenire per spirito di liberalità, in virtù cioè di un atto di autodeterminazione del donante, assolutamente libero nella sua formazione” (Cass. nn. 3315/1979, 11311/1996, 10356/2009, 12782/2013).

In senso difforme, la Corte di Cassazione ha affermato un diverso principio secondo il quale la donazione di beni altrui non può affatto essere assimilata alla donazione di beni futuri, in quanto il requisito dell’esistenza di un titolo idoneo a far acquisire la proprietà (o altro diritto reale di godimento) deve essere inteso nel senso che il titolo deve essere idoneo solamente “in astratto” e non “in concreto” a determinare il trasferimento del diritto reale.

Pertanto, il contratto di donazione di cosa altrui deve ritenersi valido, ma semplicemente inefficace, subordinandosi l’acquisto del diritto alla titolarità del bene in capo al donante.

La decisione delle Sezioni Unite: la donazione di cosa altrui è nulla

Le Sezioni Unite con la sentenza in commento hanno risolto il suddetto contrasto nel senso che la donazione di cosa altrui è nulla; le motivazioni che sorreggono tale conclusione sono tuttavia del tutto diverse da quelle che si ponevano alla base della predetta giurisprudenza che pure aveva statuito per la nullità di siffatta donazione.

Secondo le Sezioni Unite, infatti, la donazione di cosa altrui deve ritenersi nulla non per applicazione analogica della nullità prevista dall’art. 771 c.c. per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione ex artt. 1325 e 1418, secondo comma c.c..

Già dal dato testuale dell’art. 769 c.c. emerge come l’appartenenza del bene oggetto di donazione al donante “costituisca elemento essenziale del contratto di donazione, in mancanza del quale la causa tipica del contratto stesso non può realizzarsi”: la consustanzialità di tale appartenenza alla donazione è delineata in modo chiaro ed efficace da tale disposizione attraverso il riferimento all’oggetto della stessa, individuato in un diritto del donante (letteralmente “un suo diritto”).

In definitiva “prima ancora che per la possibile riconducibilità del bene altrui nella categoria dei beni futuri di cui all’art. 771, primo comma, cod. civ., la altruità del bene incide sulla possibilità stessa di ricondurre il trasferimento del bene non appartenente al donante nello schema tipico della donazione dispositiva e quindi sulla possibilità di realizzare la causa del contratto”.

Ma non solo. Le Sezioni Unite precisano nel prosieguo della sentenza in commento che tale principio varrebbe solo nei casi in cui il donante non sia consapevole dell’altruità della cosa: solo tale circostanza infatti determina l’assoluta impossibilità di realizzazione del programma negoziale e, quindi, la carenza della causa donativa. Ne deriva che la donazione di cosa altrui è valida ove il donante si assuma espressamente l’obbligazione di procurare l’acquisto dal terzo donatario e ciò risulti dall’atto pubblico: in tal caso la donazione di un bene altrui vale come donazione obbligatoria.

Tale principio trova applicazione anche con riferimento ai beni solo in parte altrui, in quanto appartenenti pro indiviso a più comproprietari per quote differenti e donato per la sua quota da uno dei coeredi.

Il principio di diritto

E’ stato così affermato il principio di diritto secondo cui:

La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione da parte del coerede della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi prima della divisione ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, SS. UU. civili, sentenza n. 5068 del 15 marzo 2016

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