La sentenza della Suprema Corte di Cassazione, oggetto di commento, trae origine dal giudizio d’appello promosso, congiuntamente, dal conducente e dal proprietario di una autovettura coinvolta in un tamponamento a “catena”.
Tale giudizio, terminato con la sentenza numero 1953 del 24 settembre 2016, emessa dal Tribunale di Cosenza, si è concluso con il rigetto del gravame proposto e con la conferma della pronuncia del Giudice di primo grado il quale aveva applicato, nell’ipotesi di tamponamento a catena, le disposizioni contenute nell’articolo 2054 c.c. concernente la circolazione dei veicoli.
Di fatto, il tribunale adito ha statuito nella fattispecie di un tamponamento a catena, si presume la colpa, in egual misura, di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli salvo la prova liberatoria volta a dimostrare che è stato fatto tutto il possibile al fine di evitare il danno.
I ricorrenti, mediante ricorso in Cassazione, hanno inteso eccepire che il giudice d’appello avrebbe errato nella qualificazione giuridica della vicenda, avendo proceduto alla applicazione dell’articolo 2054 c.c. anziché la fattispecie dell’articolo 2043 c.c. e discostandosi, inoltre, dalla ricostruzione che la Suprema Corte fa del nesso di causalità nei tamponamenti a catena.
La decisione della Corte
La Suprema corte, nell’analisi compiuta all’interno della suddetta statuizione, ha distinto due ipotesi tra loro difformi:
– una prima ipotesi, caratterizzata dalla inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, in cui viene applicato l’articolo 2054 c.c. con la conseguenza che si ha la presunzione di colpa in ugual misura in capo a entrambi i conducenti (tamponante e tamponato), salvo la prova, liberatoria di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno;
– una seconda ipotesi, caratterizzata da scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, in cui viene applicato l’articolo 2043 c.c. con la conseguenza che l’unico responsabile di eventuali collisioni è il conducente che le abbia determinate attraverso il tamponamento dell’ultimo veicolo della colonna stessa.
La Corte, rilevando che nel caso oggetto di ricorso, l’incidente è stato causato da una autovettura che è sopraggiunta ad alta velocità determinando la spinta meccanica causa del sinistro, ha ritenuto applicabile l’articolo 2043 c.c., a differenza del Giudice del secondo grado.
E ciò aderendo ad un principio già sancito da due sentenze della stessa Corte di legittimità emanate, la n. 8646 del 2003 e la numero 4021 del 2013, per le quali «in tema di circolazione stradale, nell’ipotesi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l’art. 2054, comma 2, c.c., con conseguente presunzione iuris tantum di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull’inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso, invece, di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta, unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate, tamponando da tergo l’ultimo dei veicoli della colonna stessa”.
In conclusione, statuito che in caso di tamponamento a catena, quando non vengono rispettate le distanze di sicurezza tra le automobili incolonnate, l’unico responsabile è l’ultimo veicolo della fila, la Suprema Corte ha definitivamente accolto i motivi di ricorso cassando la sentenza impugnata e rinviando al tribunale anche per le spese del giudizio.