Super bonus 110%: quando paga il condominio (nonostante la cessione del credito)

in Giuricivile.it, 2022, 4 (ISSN 2532-201X)

La L. 77/2020 introdotta dal D.L. “Rilancio” 19 maggio 2020, n. 34 prevede una misura di incentivazione che punta a rendere più efficienti e più sicure le nostre abitazioni. Il meccanismo agevolativo prevede che gli interventi possano essere svolti anche a costo zero per il cittadino, ma è sempre vero?

Cenni introduttivi della fattispecie

Il superbonus 110% ha, indubbiamente, consentito una robusta ripartenza dell’economia nel comparto edilizio, permettendo ad un settore in severa crisi di riaccendere i motori e, allo stesso tempo, offerto ai cittadini la possibilità di intervenire sugli immobili di proprietà con importanti lavori di risanamento/miglioramento.

Il cuore degli interventi in materia di efficientamento energetico e di accesso al superbonus 110% ed altre omologhe misure è contenuto negli artt. 119-121 della citata normativa.

Ma, va considerato che, ad una illuminata politica di volano economico fa da contraltare non solo la complessità giuridica delle numerose fattispecie interessate, ma una nutrita serie di criticità giuridiche che meritano puntuale approfondimento per i risvolti che sono destinate a generare, risvolti che per la loro complessa natura risultano spesso, ad analisi non specializzate, difficilmente individuabili.

A mente della procedura in questione, il meccanismo che viene interiorizzato dall’utente si risolve, praticamente sempre, nel ritenere grossolanamente che il condominio che ha deliberato ed eseguito i lavori maturando un pari credito di imposta, con la cessione del ridetto credito all’appaltatore ottenga di fatto e automaticamente la gratuità degli interventi, a seguito della operata cessione del credito.

Ma le cose potrebbero andare diversamente.

La cessione del credito: pro-solvendo e pro-soluto

Ai fini di una corretta lettura della procedura in esame, occorre, preliminarmente, fare luce, in modo particolare, sull’istituto della cessione del credito, con peculiare riferimento alla cessione in luogo di adempimento, ovvero, il caso in cui il condominio ceda il credito all’appaltatore in adempimento dei lavori effettuati.

L’art. 1198 del Codice Civile (Cessione di un credito in luogo dell’adempimento) recita  “Quando in luogo dell’adempimento è ceduto un credito, l’obbligazione si estingue con la riscossione del credito, se non risulta una diversa volontà delle parti. È salvo quanto è disposto dal secondo comma dell’art. 1267”.

A mente del riportato articolo, il codice civile fissa il principio in base al quale il soggetto che cede il proprio credito per estinguere un debito, estingue l’obbligazione a patto che il cessionario riscuota effettivamente il credito.

Diversamente rimarrà comunque obbligato verso il cessionario per il debito contratto e sarà tenuto comunque ad assolverlo.

Tale forma di cessione del credito integra la cd. cessione pro solvendo per cui il cedente, oltre a garantire la sussistenza e validità del credito, si assume la garanzia per l’eventuale inadempimento del debitore.

In definitiva, nella cessione pro solvendo, il cedente potrà dirsi liberato dall’obbligazione esclusivamente quando il debitore ceduto avrà adempiuto.

Nella normalità dei casi, laddove, la cessione sia effettuata ex art. 1198 c.c. è sempre da ritenersi pro solvendo, in assenza di altre e diverse specifiche pattuizioni. (C.C., 28 maggio 2020, n. 10092 “L’art. 1198 c.c. individua la cessione solutoria, ossia la cessione che avviene con lo scopo di estinguere un debito del cedente verso il cessionario. Tale cessione si presume pro solvendo, ossia il cedente non è liberato finché il creditore cessionario non ottiene la prestazione”; ed anche ex multiis C.C. n.3469/2007; Tribunale Napoli Nord, Sez. III,  R.G. n. 17/2019, Dott. A.S. Rabuano, 26.07.2020)

Differentemente, laddove le parti dovessero prevedere nella disposizione pattizia la cessione del credito pro soluto, il cedente sarà liberato da ogni responsabilità in merito all’adempimento da parte del debitore. In siffatta situazione, possiamo affermare che l’unico onere del cedente è provare che il credito esiste e può essere ceduto, nonché non esistono particolari vizi, né tantomeno cause di annullamento o nullità. Di guisa che, nella cessione del credito pro soluto, è il cessionario a farsi carico del rischio dell’inadempimento ed il cedente stesso resta liberato da ogni obbligo di pagare il debito se non vi provveda il debitore ceduto.

La cessione del credito nella 77/2020

Chiarita tale cardinale differenza occorre vedere come le due fattispecie si inseriscano nel meccanismo dei bonus di cui alla L. 77/2020.

La normativa in questione prevede diverse possibilità di fruizione del beneficio che possono identificarsi in:

  1. detrazione fiscale;
  2. sconto in fattura;
  3. cessione del credito,

Lasciando così al potenziale beneficiario (il condominio) la libera scelta sulle modalità di acquisizione dell’agevolazione concessa ex lege.

Giova ricordare sul punto che, tutte le citate ipotesi agevolative sono legate, per potersi vedere realizzate, al positivo controllo che l’Agenzia delle Entrate deve operare successivamente alla realizzazione dei lavori e che esamineremo in dettaglio al successivo paragrafo 5).

Pertanto, in caso di esito positivo verrà dato via libera all’accesso al bonus e il cessionario/appaltatore potrà riscuotere il credito cedutogli. In caso contrario, il beneficio non potrà essere erogato e il cessionario, per ottenere l’adempimento, si rivolgerà al cedente/condominio che dovrà, nel rispetto della normativa, farvi fronte senza eccezioni.

A voler esemplificare il dettato normativo in questione, ipotizziamo il caso in cui un condominio decida di deliberare l’accesso al superbonus 110%, optando per la cessione del credito, il tutto dopo aver avuto il conforto di avere i parametri previsti ex lege, sulla base dello studio di fattibilità.

Giova, sul punto, ricordare che lo studio di fattibilità è l’elaborato tecnico prodromico al superbonus realizzato con lo scopo di valutare caratteristiche, costi e risultati plausibili di un progetto architettonico e la sua realizzabilità, in altre parole, lo studio di fattibilità determina ogni valutazione relativa all’opportunità di adottare determinate scelte rispetto ad altre.

Superata positivamente tale fase, e deliberato l’accesso ai benefici di legge, diventano, così, effettivi gli attori dell’operazione, ossia:

  1. il condominio,
  2. l’Agenzia delle Entrate,
  3. l’appaltatore.

Il condominio candidato destinatario dell’accesso ai benefici di legge, l’Agenzia delle Entrate con funzione di verifica, controllo e placet dell’intera operazione al fine della concessione dell’agevolazione, e l’appaltatore che dovrà realizzare materialmente i lavori.

Tale ultima figura è comunemente inquadrata in quella del cd. “general contractor”, ovvero, il soggetto cui si affida l’appalto delle opere, dalla progettazione alla realizzazione delle stesse.

A tal punto il condominio per dar corso all’operazione deve provvedere alla sottoscrizione del contratto di appalto con il soggetto realizzatore delle opere e provvedere di conseguenza a cedere il credito che gli deriverà dal beneficio legislativo ex L. 77/2020.

L’insidia contrattuale

Nella fase della sottoscrizione contrattuale fra chi richiede il beneficio delle opere e il realizzatore delle stesse deve individuarsi il momento genetico della importante “insidia” gravante sul il condominio, insidia troppo spesso sottovalutata.

Infatti, di norma, il potenziale beneficiario del contributo (il condominio) e l’autore delle opere (l’appaltatore) nel contratto siglato, a presidio delle rispettive incombenze, rappresentano che la cessione del credito deve intendersi pro solvendo, ossia, con liberazione del cedente a condizione che il beneficio nel concreto venga riconosciuto ed erogato dall’Agenzia delle entrate.

Pertanto, in occasione di diniego alla concessione del contributo il cessionario/appaltatore non avrà altra strada che rivolgersi al condominio per richiedere l’integrale e immediato pagamento.

Per completezza va operata una ulteriore sottolineatura.

L’istituto della cessione del credito si rappresenta come un negozio giuridico a causa variabile, laddove, la stessa si identifica con quella che in concreto consente, di volta in volta, di operare il trasferimento del credito o che è idonea a giustificarlo.

Ovvero si verte in tema di istituto a natura “neutra”, che può essere retto da diverse cause.

L’art. 1198 c.c. come detto delinea una cessione con causa solutoria, distinguendosi così dalla cessione con causa di garanzia. In realtà, la cessione pro solvendo realizza anche una funzione di garanzia, evidenziandosi la funzione complessa della cessione del credito in luogo dell’adempimento (C.C. n. 17162/2002 (richiamata da Cass. 15677/2009) per cui “la cessione del credito, quale negozio a causa variabile, può essere stipulata anche a fine di garanzia”).

Nella prassi giurisprudenziale le Corti indicano dei criteri distintivi, seppur indicativi. Tra questi, un ruolo fondamentale è svolto dal criterio cronologico: se la cessione è contestuale o successiva all’assunzione del debito non ancora scaduto, la cessione si presume realizzata con causa di garanzia; qualora invece, la cessione si compia per coprire un debito già scaduto, si presume una causa solutoria.

Laddove si verta in ambito di cessione con causa di garanzia o “in securitatem” deve osservarsi che si è in presenza di un accordo ad effetti obbligatori in virtù del quale il cessionario dovrà chiedere l’adempimento in primis al cedente e, soltanto a seguito del suo inadempimento, potrà rivolgersi al ceduto, facendo così valere la propria garanzia (c.d. pactum de non petendo) (C.C. n. 15677/2009 e C.C. n. 3469/2007 e soprattutto C.C. n. 10092/2020).

Coordinando quanto sopra e tradotto ciò nella pratica, il condominio che andrà a stipulare una cessione di credito ex art. 1198 c.c. pro solvendo la sottoscriverà di norma prima dell’inizio dei lavori e contestualmente al contratto di appalto. Pertanto, si verterà in ipotesi di assunzione di debito non scaduto, ciò facendo slittare il carattere solutorio della cessione verso il carattere di garanzia della stessa. Questo con l’effetto, per quanto visto, che l’appaltatore/cessionario ben potrà rivolgere da subito la richiesta di adempimento al condominio, prima di indirizzarla, in caso di esito infruttuoso, nei confronti del debitore ceduto.

Tuttavia, essendo il condominio ed i condomini prevalentemente solvibili anche in virtù delle proprietà immobiliari si comprende l’esito della vicenda.

In sostanza, in tal caso, non ci sarebbe neppure il labile paravento della preventiva escussione del debitore ceduto. Il quantum verrebbe richiesto subito al condominio e per esso ai condomini.

Il controllo dell’Agenzia delle Entrate e le motivazioni di esclusione dal bonus

Lo scenario delineato mostra, nel contesto in esame, una possibile evoluzione procedimentale, che di certo, può rappresentare un’insidia di notevole spessore, per il condominio e, di conseguenza, per i singoli condomini.

Ciò, anche alla luce, delle operazioni di controllo che l’Agenzia delle Entrate andrà a porre in essere prima di erogare il contributo, operazione quest’ultima che non avviene prima della sottoscrizione del contratto di appalto, come potrebbe ipotizzarsi, ma solo dopo che lo stesso è ormai concluso e addirittura dopo che le opere sono state interamente realizzate, trasferendo, di fatto e indiscutibilmente, sul beneficiario del potenziale contributo, tutto il rischio connesso all’adempimento in proprio.

Va ulteriormente chiarito che qualora il controllo dell’Agenzia delle Entrate si concluda negativamente per il potenziale beneficiario, la posizione non potrà dirsi conclusa sic et simpliciter infatti, il diniego comporterà, in capo a quest’ultimo, anche l’applicazione di sanzioni da parte dell’Ente verificatore.

Infatti, all’art. 121, commi 4 e 5, della legge, in epigrafe, sono previste ipotesi sanzionatorie conseguenti al diniego e mancato accesso al bonus.

A voler scendere nel dettaglio delle normative a presidio dell’istituto analizzato, si apprende che per il credito d’imposta qualificato come “non spettante” l’Agenzia delle Entrate deve operare il recupero entro il termine di decadenza di cinque anni nei confronti del beneficiario, salvo il concorso da parte del cessionario.

Si applicherà la sanzione del 30%, che può essere ridotta ai sensi dell’art. 13 D.lgs. n. 471/1997 nonché l’interesse del 4% annuo (art. 20 DPR n. 602/73), senza dire circa i profili penali che attengono prima di tutto ai delitti di falso e truffa aggravata ai danni dello Stato, previsti per il cessionario, in questa sede, non rilevanti per la presente disamina.

Laddove, invece ex artt. 121, quarto comma, cit. e 27, commi da 16 a 20, D.L. n. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 2 del 28/01/2009 si verta in tema di credito d’imposta “inesistente” l’Agenzia delle Entrate deve operare il recupero, a pena di decadenza entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo sempre nei confronti del beneficiario, salvo il concorso da parte del cessionario con applicazione di una sanzione dal 100% al 200% (art. 13, comma 5, D.lgs. n. 471 cit.), che non ammette la definizione agevolata.

Inoltre, si applicherà l’interesse del 4% annuo (art. 20 DPR n. 602/73) con previsione di iscrizione a ruolo  ai sensi dell’art. 15-bis DPR n. 602/73 (iscrizione nei ruoli straordinari). Previste anche in tale ipotesi profili penali per il cessionario.

Le motivazioni di esclusione dal bonus sono circa una trentina e sono raggruppabili soprattutto in macroaree relative a difformità dei lavori, attestazioni non veritiere, errori tecnici ed amministrativi, omissioni, irregolarità bancarie, fiscali e edilizie, e così via, in un sistema di controllo piuttosto farraginoso e assai complesso e soprattutto impraticabile e non delineabile con certezza aprioristicamente.

Ad esempio, se i lavori realizzati non rispondono ai requisiti tecnici contrattualizzati perché fatti male (intendendosi per tali, ad esempio anche quelli che non comportano per l’immobile la precisa coibentazione termica promessa e contrattualizzata), il contributo non può essere erogato, si pensi ad errori nel computo metrico, all’utilizzo di un prezzario non ammesso, a detrazioni in misura errata, a parti considerate comuni che non sono tali, a scorretta esibizione di fatture, o bonifici effettuati in modo non conforme. E ancora che, il superbonus 110% richiede, nel caso di intervento trainante di isolamento termico delle componenti opache, che i materiali isolanti rispettino i criteri Ambientali Minimi, i cosiddetti CAM, entrati in vigore con decreto ministeriale nel 2017, che di fatto premiano i materiali più sostenibili e più efficienti sotto il profilo energetico.

Questo significa che se si sta pensando di usufruire della maxi-detrazione fiscale per un sistema di isolamento termico a cappotto si deve verificare che i pannelli isolanti dovranno essere rispondenti, secondo il testo relativo ai Criteri Ambientali Minimi riportato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 06.11.17, ai seguenti criteri: non devono essere prodotti utilizzando ritardanti di fiamma che siano oggetto di restrizioni o proibizioni previste da normative nazionali o comunitarie applicabili;

  • non devono essere prodotti con agenti espandenti con un potenziale di riduzione dell’ozono superiore a zero;
  • non devono essere prodotti o formulati utilizzando catalizzatori al piombo quando spruzzati o nel corso della formazione della schiuma di plastica;
  • se prodotti da una resina di polistirene espandibile gli agenti espandenti devono essere inferiori al 6% del peso del prodotto finito;
  • se costituiti da lane minerali, queste devono essere conformi alla nota Q o alla nota R di cui al regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP) e s.m.i. (29)
  • gli isolanti in polistirene espanso (EPS) devono essere costituiti dal 10% al 60% di materiale riciclato e/o recuperato in funzione della tecnologia adottata per la produzione, misurata sul peso del prodotto finito.

Questi solo alcuni dei casi, poi, ci sono i casi dubbi, ovviamente, le famose zone grigie, che sono molto ampie, ovviamente e come si comprende non prevedibili a priori.

Quadro di sintesi e possibili correttivi

Rebus sic stantibus è indiscutibile che l’Agenzia delle Entrate, in tali ipotesi, riconosca come suo unico contraddittore il soggetto potenzialmente beneficiario del bonus: il condominio.

L’accordo contrattuale che quest’ultimo stipula con l’appaltatore è un accordo a latere e squisitamente iure privatorum che rimane estraneo al principale rapporto condominio/Agenzia delle Entrate regolato dalla L. 77/2020.

La, sopra riferita, normativa disciplina l’impianto generale dell’accesso agli incentivi lasciando all’autonomia dei privati come regolare i rapporti tra committente ed appaltatore. Ciò postula il consequenziale effetto che, al venir meno dell’accesso al bonus, il condominio si troverà nella situazione di dover assolvere l’obbligazione, cioè, a pagare direttamente dell’appaltatore, oltre a, dover assolvere le obbligazioni sanzionatorie comminate dall’Agenzia delle Entrate, tutto ciò senza alcuna forma di paracadute.

La cessione di credito con clausola pro soluto appare dunque l’unico schermo valido di tutela per il condominio nei confronti dell’appaltatore di fronte alle eventuali conseguenze negative derivanti dal mancano accesso ai bonus. Tuttavia, è doveroso operare una ulteriore sottolineatura che si vuole solamente accennare quale spunto di dibattuto necessitando separato approfondimento.

Nella cessione pro soluto il cedente non risponde della solvenza del debitore, ma soltanto del c.d. nomen verum, ossia della semplice esistenza del credito al tempo della cessione ex art. 1267 I° co. c.c. Nel caso che ci impegna a buon titolo può parlarsi di credito futuro che sorge con il placet dell’Agenzia delle Entrate.

La cessione di credito futuro avrà efficacia obbligatoria immediata, poiché l’accordo obbliga il cedente a far acquistare al cessionario la titolarità del credito, ed efficacia reale differita in quanto l’effetto traslativo si verificherà al momento della venuta ad esistenza del credito  (C.C., Sez. I, sentenza n. 6442, 22 aprile 2003, in Gius., 2003, 18, 2008).

È piuttosto agevole immaginare cosa potrebbe succedere laddove pur in presenza di detta cessione giunga parere negativo dell’Agenzia delle Entrate all’accesso ai bonus.

Nella pratica l’appaltatore affianca alla stipula contrattuale la sottoscrizione di polizze assicurative per copertura danno a terzi e copertura per errori professionali, allo scopo di tranquillizzare il condominio committente sull’esistenza di uno scudo assicurativo che lo preservi dal versare direttamente le somme che gli vengono richieste.

Ciò è giuridicamente illusorio in quanto valendo inequivocamente nei confronti della Agenzia delle Entrate la clausola solve et repete, il Condominio dovrebbe subito assolvere in denaro ed in proprio le richieste economiche della stessa, e successivamente intentare azione legale avverso i soggetti ritenuti responsabili del mancato accesso al bonus, coperti da polizza assicurativa, per il recupero di quanto versato. Ciò con i tempi biblici di comune esperienza e tutte le prevedibili eccezioni delle compagnie assicurative coinvolte nei diversi gradi di giudizio.

Unico strumento che terrebbe indenne il condominio dall’assolvere subito con propri mezzi quanto venga a richiedere l’Agenzia delle Entrate, ed indi sperare in un recupero successivo, sarebbe la polizza fideiussoria a prima richiesta, strumento dirimente seppur, tuttavia, in ogni caso assai costoso e di impervio rilascio.

Certamente non meglio andrebbe di fronte ad un’azione dell’appaltatore stesso cui il condominio potrebbe resistere chiamando in causa i soggetti ritenuti responsabili e coperti dalle polizze di cui sopra, ugualmente incappando nelle eccezioni esposte alle righe che precedono.

Considerazioni conclusive

In definitiva si è in presenza di un meccanismo estremamente complesso, di fronte al quale, il potenziale beneficiario dovrà premurarsi di approntare adeguato schermo, prima di incamminarsi su un sentiero normativo così intricato e incerto.

Schermo, che potrebbe essere rappresentato dalla cessione del credito all’appaltatore nella forma del pro soluto (formula che difficilmente potrebbe incontrare il consenso dell’appaltatore), pur con le ipotetiche esposte criticità e, quanto alle eventuali sanzioni comminande dall’Agenzia delle Entrate, con una polizza fideiussoria a prima richiesta, formula che come visto non va esente da criticità.

Qualora non si approntasse questo impianto di tutela l’operazione ben potrebbe risolversi in una sorta di roulette in cui chi gioca spera esca il numero giusto che garantisca gli effetti sperati e non certo quelli estremamente dannosi che, in concreto, potrebbero generarsi.

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