Sulla legittimità della autotutela sostitutiva in malam partem

Con riformato orientamento, la Corte di Cassazione con sentenza n. 30051 del 22 novembre 2024, resa a Sezioni Unite, ha esteso i confini della autotutela cd. sostitutiva prevedendo quale unico limite vigente in capo all’Ufficio il rispetto del termine di decadenza per esercitare l’azione modificativa; scelta, quest’ultima, che è ragionevole pensare possa incidere, in peius, sulle garanzie incastonate nello Statuto a tutela del contribuente.

Nel dettaglio, in forza del potere di autotutela sostitutiva, l’Amministrazione finanziaria, ove non sia decorso il termine di decadenza per l’esercizio del potere accertativo, potrà legittimamente annullare, sia per vizi formali sia per vizi sostanziali, l’atto impositivo previgente ed emettere, appunto in sostituzione, un nuovo atto eventualmente contenente una pretesa impositiva maggiore.

Ciò in quanto il potere di autotutela viene assimilato al potere di esazione del tributo che, in quanto tale, può essere esercitato anche reiteratamente, salvo il rispetto dei termini decadenziali.

Concludendo, ferme restando le approfondite motivazioni che sorreggono l’enunciazione di questo nuovo indirizzo, in concreto, non vengono più posti limiti alle correzioni degli errori realizzati dall’Ufficio rischiando di vanificare alcune importanti modifiche apportate allo Statuto dei diritti del contribuente in tema di duplicazione degli atti impositivi, indicazione degli elementi di prova, imposizione partecipata, parità delle armi, solo per citarne alcune a titolo esemplificativo; il tutto, rendendo sfuocata l’applicazione dei principi contenuti negli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost.

Rimane, dunque, la speranza di un ulteriore revirement della Suprema Corte che correttamente riconduca il rapporto tra autotutela sostitutiva ed esercizio dell’azione impositiva nella dimensione della parità (non solo processuale) tra le parti involte.

Corte di Cassazione-Sez. Un.Civ.-sent. n. 30051 del 21-11-2024

I fatti di causa

Alfa proponeva ricorso per impugnare l’avviso di accertamento (y) emesso dall’Agenzia delle Entrate in sostituzione dell’avviso di accertamento (x), originato da accertamenti bancari integrativi ed annullato in autotutela previa comunicazione notificata al contribuente.

In particolare, il primo avviso di accertamento (x) veniva emesso sulla scorta delle movimentazioni bancarie rilevate attraverso il PVC della GdF, solo in parte giustificate dalle dichiarazioni rese dal contribuente.

L’Ufficio, nelle more del giudizio avverso il primo accertamento opposto, ritenendo viziata la ricostruzione reddituale, esercitando il potere di autotutela sostitutiva, annullava l’avviso previgente ed emetteva un nuovo avviso di accertamento (y) contenente una maggiore pretesa impositiva.

La CTP rigettava il ricorso, ritenendo legittimo l’operato dell’Amministrazione.

La CTR, confermando la sentenza del giudice di prime cure, ha ritenuto che l’Ufficio avesse legittimamente emendato l’errore inficiante l’originario avviso, stante l’assenza di obblighi circa l’esperibilità dell’autotutela integrativa.

Avverso tale sentenza il contribuente Alfa adiva alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso

Alfa proponeva ricorso per la cassazione della sentenza tributaria di appello affidando a due motivi la precisazione delle censure opposte.

Così, procedendo in ordine:

  • con il primo motivo, il ricorrente contestava la violazione e/o falsa applicazione degli  43, comma 4 DPR 29 n. 600/1973, e 57, comma 4 DPR n. 633/1972– recanti il divieto di integrazione dell’accertamento in mancanza di nuovi elementi – anche in relazione all’ art. 10 della L. n. 212/2000.

Nello specifico lamentava l’erroneità della decisione impugnata che ha ritenuto legittimo il nuovo avviso, emesso in autotutela sostitutiva del primo, con cui era stato determinato un maggior imponibile pur in assenza di nuovi elementi ed in base ai medesimi già conosciuti al momento dell’emissione dell’originario avviso, ostandovi i principi di unicità dell’atto impositivo e i presupposti richiesti per l’emissione di un accertamento integrativo.

Deduceva che l’autotutela sostitutiva dovesse ritenersi consentita per sanare l’illegittimità dell’atto per vizi formali o, in taluni casi, per vizi di motivazione ma non anche per vizi sostanziali.

Reputava, infine, la condotta dell’Amministrazione lesiva dell’affidamento generato nel contribuente dall’emissione del primo avviso (x) in ordine alla valutazione già compiuta sugli elementi acquisiti in forza del contraddittorio endo-procedimentale;

  • con il secondo motivo, il ricorrente eccepiva l’omessa motivazione circa la configurabilità di un accertamento integrativo, essendosi la CTR limitata ad affermare che l’Ufficio non aveva proceduto ad integrare ex post l’avviso (y), avendo solo emendato ad un errore commesso.

Le questioni oggetto dell’ordinanza interlocutoria

I motivi che precedono sollevano le questioni poste alle Sezioni Unite attraverso l’ordinanza interlocutoria n. 33665/2023, concernenti la natura, i presupposti e le condizioni per l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva tributaria da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Più nello specifico, i motivi devoluti investono i seguenti aspetti:

  • se l’esercizio del potere di autotutela, in forza dell’ 1 D.m. n. 37/1997, presupponga la sussistenza di soli vizi formali nell’atto impositivo e non anche i vizi a carattere sostanziale e, di conseguenza, se sia diretto alla tutela dell’interesse individuale del contribuente, con esclusione del potere dell’Amministrazione finanziaria di annullamento in malam partem, ovvero sia finalizzato alla tutela dell’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi con gli unici limiti della decadenza dei termini accertativi e di giudicato.
  • Se l’esercizio del potere di autotutela tributaria correlato alla sussistenza di vizi sostanziali sia riconducibile ad un accertamento che, quanto meno limitatamente al maggior imponibile accertato, costituisca un accertamento integrativo e configuri una ulteriore deroga al principio dell’unicità dell’accertamento tenuto conto della diversità strutturale e funzionale del potere di autotutela rispetto al potere di accertamento integrativo.

I principi di diritto resi dalla Cassazione a SS.UU

L’ordinanza interlocutoria ha evidenziato che l’orientamento (prevalente) della Suprema Corte in merito alla natura e all’esercizio del potere di autotutela trova fondamento nei seguenti principi:

  1. il potere di autotutela ha carattere generale e può essere legittimamente esercitato sino a che non sia decorso il termine di decadenza per l’accertamento o non si sia formato il giudicato sull’atto;
  2. costituisce un potere-dovere dell’Amministrazione finanziaria, la quale è onerata, in virtù del principio di perennità, a sostituire l’atto viziato – che deve essere espressamente annullato nel rispetto del principio del divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto – con nuovo atto emendato dai vizi;
  3. il potere permane e non si consuma anche dopo il suo (primo) esercizio e può essere sempre rinnovato;
  4. può essere esercitato per rimuovere non solo vizi formali ma anche per emendare vizi sostanziali, trovando il suo fondamento nell’interesse pubblico a reperire le entrate fiscali legalmente accertate;
  5. è legittimo l’esercizio in malam partem: può essere annullato anche un atto favorevole al contribuente con emissione in sostituzione di un nuovo atto con effetti a lui pregiudizievoli “anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell’ufficio”, senza che, a differenza dell’accertamento integrativo ex  43 DPR n. 600/197357 DPR n. 633/1972 , sia necessaria la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi;
  6. infine, il potere di autotutela costituisce un mezzo a tutela non del contribuente ma dell’interesse pubblico alla percezione dei tributi, da cui l’ammissibilità del sindacato giurisdizionale sul rifiuto di autotutela avuto riguardo “alle ragioni di rilevante interesse generale alla rimozione dell’atto” e non alla fondatezza della pretesa;

In conclusione, l’autotutela nel diritto tributario costituisce un potere dell’Amministrazione finanziaria che trova il suo fondamento nelle stesse norme che giustificano l’esercizio delle potestà attive per la esazione dei tributi.

Ne deriva che la possibilità del suo esercizio (anche reiterato) permane inalterata per il principio di perennità dell’azione, salvi solo i limiti derivanti dai termini di decadenza per l’esercizio delle attività di accertamento per i singoli tributi ovvero dall’avvenuto passaggio in giudicato di sentenza favorevole all’Amministrazione finanziaria.

È, inoltre, un procedimento di secondo grado, poiché investe l’atto già adottato in quanto illegittimo, di cui è operato un riesame al fine del suo annullamento, sostituzione, modifica o conferma.

L’Amministrazione finanziaria in sede di autotutela ha la medesima posizione che ricopriva rispetto al primo atto: la valutazione, in fatto e diritto, in base alla quale l’atto viene annullato, sostituito o modificato (o convalidato) è, quindi, omogenea (ma con un esito diverso) a quella originaria. Inoltre, proprio la natura doverosa dell’imposizione fiscale impone che, in sede di riesame per l’autotutela, siano suscettibili di considerazione, per valutarne la coerenza rispetto all’obbligo di legge, tutti gli elementi formali e strutturali che avevano dato origine all’atto impositivo di primo grado.

Ne deriva che, in termini generali, la rinnovata valutazione di conformità dell’atto impositivo ai requisiti formali e sostanziali necessari per la sua adozione (e conservazione) non incontra alcun limite, salvo che non sia espressamente previsto.

Alla luce dei principi sopra esposti, dunque, i motivi del ricorso sono stati rigettati.

  • L’esercizio del potere di autotutela si è fondato sulla rilevata illegittimità del primo atto ed è stato esercitato a poco più di un anno di distanza dal momento dell’emissione di questo, neppure divenuto definitivo in quanto autonomamente impugnato dal contribuente.
  • La diversità tra autotutela sostitutiva e accertamento integrativo e la ricorrenza, nella specie, dei presupposti per l’esercizio del potere di auto-annullamento escludono l’applicabilità degli  43, comma 4, DPR n. 600/197357,comma 4, DPR n. 633/1972.
  • Infine non sussiste la dedotta violazione dell’affidamento del contribuente, chiaramente ancorato nel ricorso alla sola esistenza del precedente atto illegittimo e al vizio che lo inficiava.

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