Con la sentenza n. 6860 del 3.4.2015, la prima sezione civile della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di spese processuali, confermando il principio in base al quale la parte vittoriosa non può subirne la condanna al pagamento.
In effetti, in conformità alla giurisprudenza consolidata sul punto, la parte che all’esito finale della lite risulti vittoriosa per effetto dell’accoglimento anche non integrale della sua domanda, non può subire la condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte soccombente, salva l’ipotesi della trasgressione al dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c.
Secondo la Corte di legittimità, il parziale accoglimento della domanda non può giustificare la condanna a pagare parte delle spese in favore dell’altra parte, perfino nel caso in cui vi sia una riduzione anche sensibile della somma richiesta con la domanda giudiziale.
Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva infatti erroneamente rilevato la soccombenza reciproca proprio sul presupposto della riduzione della somma richiesta da parte attrice. Come già più volte chiarito dalla Suprema Corte, il principio della soccombenza reciproca sottende tuttavia una pluralità di pretese contrapposte, rigettate dal giudice a svantaggio di entrambi gli istanti, mentre “la resistenza del convenuto alla pretesa attorea perché eccessiva o comunque solo in parte fondata, anche quando trova successo nella statuizione del giudice che accolga solo in parte la domanda, non per questo si trasforma in pretesa (riconvenzionale) rispetto alla quale sia ravvisabile nell’attore una posizione di reciproca soccombenza“.
La Corte, in accoglimento del ricorso, ha pertanto cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha liquidato le spese processuali ponendole a carico della parte soccombente.
(Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, sentenza n. 6860 del 3/04/2015)
