Spese processuali: il ridimensionamento delle pretese è giusto motivo per la compensazione tra le parti

Con la sentenza n. 342 del 13 gennaio 2016, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito che in caso di notevole ridimensionamento delle pretese attoree è legittima la compensazione fra le parti delle spese di lite, in deroga al principio della soccombenza.

E’ in primo luogo opportuno evidenziare che al caso di specie, trattandosi di giudizio iniziato nell’ottobre 2006, si applicava il testo dell’art. 92, 2 °co. c.p.c. introdotto dalla l. n. 263/2005. Ai sensi di tale disposizione, il giudice può compensare – parzialmente o per intero – le spese tra le parti “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione“.

Non è pertanto richiesta la ricorrenza delle “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione” previste dalla L. n. 69/2009, applicabile esclusivamente ai giudizi iniziati dopo la sua entrata in vigore (cfr. Cass. n. 11284/2015).

Ciò premesso, la Suprema Corte ha ritenuto che il notevole ridimensionamento della pretesa, verificatosi sia in relazione alla domanda originaria sia in relazione alla differenza reclamata in sede di gravame, costituisca un giusto motivo per legittimare la compensazione delle spese processuali. Una scelta peraltro non sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di valutazione rimessa all’apprezzamento del giudice di merito (ex multis, Cass. n. 15317/2013).

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dunque rigettato il ricorso.

Leggi la sentenza integrale: Corte di Cassazione, sez. III civile, sentenza n. 342 del 13 gennaio 2016

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