L’introduzione delle società Benefit in Italia. Cosa sono e come funzionano

La legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 28 dicembre 2015) ha introdotto una nuova forma di esercizio dell’attività di impresa che, accogliendo lo spirito della Corporate Social Responsability, propone di conciliare il tradizionale fine di lucro perseguito dalle società di derivazione codicistica con l’interesse a produrre un beneficio sociale proprio degli enti del c.d. terzo settore.

Le società denominate benefit si prefiggono lo scopo di migliorare l’ambiente naturale e sociale nel quale operano senza, tuttavia, essere vincolate dal divieto di produzione degli utili (e di una loro distribuzione tra i soci) che l’ordinamento impone, invece, alle associazioni e agli enti no-profit.

Il legislatore ha, dunque, inciso sulla causa societaria in favore di quelle imprese che, rispondendo ai requisiti di cui ai commi 376 ss. L. 208/2015, contemplano nel loro oggetto sociale una finalità di beneficio comune ulteriore allo scopo di lucro soggettivo.

Rimasti così invariati i modelli societari vigenti, la disciplina in esame andrebbe ad integrarsi con le norme del Codice Civile che riguardano il tipo di organizzazione prescelto.

La qualifica di impresa benefit

Ai sensi del comma 377, può assumere la qualifica di impresa benefit ciascuna tra le società previste al libro V, titoli V e VI c.c., fatta eccezione per le società consortili e quelle di diritto speciale.

La menzione dello scopo di dividere gli utili, come riportata al comma 376, non parrebbe affatto escludere dal novero delle società benefit alcuni tipi di organizzazione che perseguono un fine mutualistico e non lucrativo (prime fra tutte, le società cooperative).

La norma, al contrario, mira a stabilire una serie di obblighi per la società affinché l’obiettivo di beneficio comune operi congiuntamente alle finalità dell’attività economica «in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse».

Costituzione della società e diritti dei soci

La società che intende assumere dopo la sua costituzione una o più finalità di carattere sociale deve modificare, per il disposto di cui al comma 379, l’atto costitutivo e lo statuto.

Allo stesso modo le modifiche statutarie tese a sopprimere gli scopi di cui sopra vanno depositate, iscritte e pubblicate nel rispetto degli artt. 2252, 2300 e 2436 c.c.

Non viene, tuttavia, precisato alcun diritto di recesso per i soci che hanno manifestato una volontà contraria alla conversione dell’impresa in una società benefit ovvero alla dismissione di tali finalità dall’oggetto sociale.

Ne deriva che particolari maggioranze per la delibera e/o meccanismi a tutela dei soci dissenzienti dovranno essere pattuiti in maniera specifica all’interno del contratto sociale.

Non può, infatti, sostenersi in tutti i casi la circostanza secondo la quale l’introduzione, la modifica o l’abbandono del fine sociale rappresentano un cambiamento significativo dell’attività d’impresa ovvero costituiscono una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai singoli soci.

Per tali motivi, anche il mancato perseguimento dell’obiettivo di beneficio comune potrebbe, a seconda delle circostanze, essere intesa come una causa di scioglimento della società o, al contrario, determinare la riespansione del fine di lucro senza particolari conseguenze sulla vita della impresa.

Il fine sociale e la responsabilità degli amministratori

Il comma 380 prevede che l’amministrazione debba «bilanciare l’interesse dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi delle categorie indicate nel comma 376, conformemente a quanto previsto nello statuto».

Il metro per valutare la legittimità del sacrificio del fine sociale in ragione del guadagno della società è determinato dalla diligenza professionale adottata dagli amministratori i quali, a norma del comma 376, sono tenuti ad attuare una ponderazione concreta degli interessi suesposti in modo “responsabile, sostenibile e trasparente”.

L’amministratore che abbia bilanciato in maniera negligente e disinformata l’interesse lucrativo e quello di beneficio comune può, in alcuni casi, ritenersi responsabile ai sensi del comma 381 per la violazione dei doveri attribuitigli dalla legge e dallo statuto.

L’azione proposta dai terzi e dai singoli soci avverso gli amministratori deve, infatti, osservare i presupposti sanciti dall’art. 2935 c.c.

La cattiva gestione ai danni della società non è, pertanto, suscettibile di sanzione diretta se questa non ha comportato alcuna lesione specifica e immediata di un diritto e/o di una aspettativa legittima in capo ai soci o alla categoria di soggetti terzi che ha confidato nel perseguimento degli obiettivi di beneficio collettivo.

Il totale disinteresse dell’amministrazione verso le finalità di carattere sociale determina, invece, una responsabilità esclusiva della società che, in forza del comma 384, è soggetta alle disposizioni di cui al d.lgs. 145/2007 in materia di pubblicità ingannevole e alle disposizioni del codice del consumo relative alle pratiche commerciali scorrette.

La Commissione Nazionale per la Società e la Borsa (CONSOB) è tenuta a vigilare sull’operato delle società benefit.

Obblighi di pubblicità e trasparenza

Da ultimo sono previsti alcuni specifici obblighi di pubblicità e trasparenza tra i quali, per assurdo, rientra la sola facoltà (e non l’obbligo) di includere la sigla “società benefit nella denominazione sociale, nella documentazione interna e, soprattutto, nelle comunicazioni verso i terzi.

Il comma 382 stabilisce, altresì, il dovere per l’amministrazione di redigere una apposita relazione annuale da allegare al bilancio e da pubblicare, eventualmente, sul sito internet della società.

Tale documento deve poter rappresentare sia ai soci che ai terzi interessati lo stato attuale di realizzazione del beneficio comune, secondo i criteri e i contenuti fissati al comma 382.

La mancata redazione comporta una responsabilità degli amministratori suscettibile di una loro revoca e/o del risarcimento dei danni nei confronti della società.

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