Con la sentenza n. 11377 del 3 giugno 2015, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, investite con ordinanza interlocutoria n. 14688 del 27 giugno 2014 per la composizione di un contrasto su una delicata questione di carattere processuale, hanno chiarito se l’inefficacia del contratto stipulato dal falsus procurator sia rilevabile d’ufficio o solo su eccezione di parte.
Inefficacia del contratto stipulato dal falsus procurator: il contrasto giurisprudenziale
Sul punto è stato rilevato un contrasto interno alla giurisprudenza di legittimità: secondo un primo orientamento, l’inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator non può rilevarsi d’ufficio ma solo su eccezione del falso rappresentato (o dai suoi eredi).
Non è invece invocabile dal terzo contraente il quale, ai sensi dell’art. 1398 c.c., può unicamente chiedere al falsus procurator il risarcimento dei danni sofferti per avere confidato senza propria colpa nell’operatività del contratto.
Alla luce di tale interpretazione, il giudice non può pertanto tenere conto dell’inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator se, pur emergendo dagli atti di causa il difetto del potere rappresentativo e la mancanza della intervenuta ratifica, lo pseudo rappresentato non solleva questa eccezione, o la solleva in ritardo rispetto al momento in cui avrebbe dovuto farlo.
Alcune recenti voci dottrinali hanno tuttavia evidenziato la non coerenza di tale principio con il criterio generale in tema di distinzione fra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato: in base a tale criterio, tutti i fatti estintivi, modificativi od impeditivi, siano essi fatti semplici oppure fatti-diritti che potrebbero essere oggetto di accertamento in un autonomo giudizio, sono infatti rilevabili d’ufficio, rappresentando eccezioni in senso lato.
Di contro, la rilevabilità a istanza di parte è confinata ai casi specificamente previsti dalla legge o a quelli in cui l’effetto estintivo, impeditivo o modificativo si ricollega all’esercizio di un diritto potestativo oppure si coordina con una fattispecie che potrebbe dar luogo all’esercizio di un’autonoma azione costitutiva.
Di conseguenza, atteso che sul punto non v’è previsione espressa della legge riguardo ad un’indispensabile iniziativa della parte, tale orientamento ha contestato che l’eccezione di inefficacia corrisponda all’esercizio di un potere costitutivo dello pseudo rappresentato.
Natura giuridica del contratto concluso dal falsus procurator
La Cassazione ha dapprima chiarito la natura giuridica del negozio concluso da un falsus procurator: il contratto stipulato in difetto o in eccesso di rappresentanza non vincola il falsamente rappresentato verso il terzo, perché chi ha agito non aveva il potere di farlo.
Si tratta dunque di un contratto non nullo e neppure annullabile, ma inefficace in assenza di ratifica.
Ne deriva che la questione se l’inefficacia, nei confronti del dominus, del contratto concluso dal falsus procurator, costituisca una eccezione in senso lato o una eccezione in senso stretto, sorge “ove si muova dalla premessa che la mancanza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui rappresenti un fatto impeditivo della pretesa azionata in giudizio dal terzo contraente“.
Invero, il terzo contraente che deduce in giudizio un contratto stipulato con il rappresentante per ottenere il riconoscimento e la tutela, nei confronti del rappresentato, di diritti che da quel contratto derivano, pone a fondamento della propria pretesa, “non solo gli elementi che l’art. 1325 c.c. richiede per il perfezionamento del contratto, ma anche che detto contratto è stato concluso da un soggetto, il rappresentante, autorizzato dal rappresentato a stipulare in suo nome, o che lo pseudo rappresentato, attraverso la ratifica, ha attribuito ex post al falso rappresentante quella legittimazione a contrarre per lui, che gli mancava al tempo del contratto”.
Sezioni Unite: inefficacia del contratto rilevabile d’ufficio
Alla luce di tale ragionamento, la deduzione della inefficacia del contratto stipulato in suo nome da un rappresentante senza poteri rappresenta, pertanto, non una eccezione, ma mera difesa, “con la quale il convenuto non estende l’oggetto del processo al di là del diritto fatto valere dall’attore, né allarga l’insieme dei fatti rilevanti allegati al giudizio“.
Di conseguenza, qualora la mancanza del potere rappresentativo sia acquisita agli atti, di essa il giudice può tenere conto anche in assenza di una specifica deduzione della parte interessata, giacché la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d’ufficio.
Se poi sia lo pseudo rappresentato ad agire in giudizio con una domanda che presuppone l’efficacia del contratto concluso in suo nome dal rappresentante senza poteri, la Corte di legittimità ha rilevato che “né il terzo potrà difendersi opponendo la carenza del potere di rappresentanza, né vi sarà spazio per un rilievo officioso di quella carenza di legittimazione“.
Medesimo superamento delle ragioni per una rilevabilità da parte del giudice si avrà, inoltre, se lo stesso pseudo rappresentato, questa volta convenuto in giudizio, si difenda nel merito tenendo un comportamento da cui risulti in maniera chiara e univoca la volontà di fare proprio il contratto concluso in suo nome e conto dal falsus procurator.
Il principio di diritto delle Sezioni Unite
In conclusione, le Sezioni Unite hanno pertanto formulato il seguente principio di diritto:
“Poiché la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è elemento costitutivo della pretesa che il terzo contraente intenda far valere in giudizio sulla base di detto negozio, non costituisce eccezione, e pertanto non ricade nelle preclusioni previste dagli artt. 167 e 345 cod. proc. civ., la deduzione della inefficacia per lo pseudo rappresentato del contratto concluso dal falsus procurator; ne consegue che, ove il difetto di rappresentanza risulti dagli atti, di esso il giudice deve tener conto anche in mancanza di specifica richiesta della parte interessata, alla quale, a maggior ragione, non è preclusa la possibilità di far valere la mancanza del potere rappresentativo come mera difesa”.
Vuoi leggere la sentenza integrale? Clicca qui
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza n. 11377 del 3 giugno 2015)