Sezioni Unite: l’errore di diritto del giudice non è sempre illecito disciplinare

Le Sezioni Unite Civili della Cassazione, con la sentenza n. 29201 del 5 novembre 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione) sono tornate a pronunciarsi sul tema complesso della responsabilità disciplinare dei magistrati, chiarendo i confini tra errore giudiziario e illecito disciplinare. Al centro della decisione, la vicenda che ha coinvolto due magistrate della Corte d’assise di Taranto per la liquidazione abnorme dei compensi agli amministratori giudiziari dell’Ilva, poi corretta d’ufficio. La Corte ha colto l’occasione per ridefinire i criteri che rendono l’errore “grave” e quindi sanzionabile.

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Formulario commentato del nuovo processo civile

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Lucilla Nigro
Autrice di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.

 

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La vicenda dei compensi milionari dell’Ilva

Tutto ha origine nel 2021, quando la Corte d’assise di Taranto, presieduta da due magistrate, aveva disposto la liquidazione di oltre 139 milioni di euro (a titolo di acconto) a favore di alcuni amministratori giudiziari dei beni dell’ILVA, applicando in modo errato le percentuali previste dall’art. 3 del d.P.R. 177/2015.
Invece di calcolare le percentuali per scaglioni progressivi, le giudici avevano applicato ciascuna percentuale sull’intero valore aziendale, stimato in due miliardi di euro, generando compensi manifestamente sproporzionati.

Accortesi dell’errore, le stesse magistrate avevano emesso, pochi mesi dopo, nuovi provvedimenti “correttivi”, riducendo drasticamente gli importi a circa 1,9 e 1 milione di euro. Tuttavia, la procedura utilizzata, la correzione di errore materiale ex art. 130 c.p.p., non era quella prevista per modifiche sostanziali, e il Ministero della Giustizia aveva quindi promosso azione disciplinare, imputando una grave violazione di legge e l’uso improprio dello strumento processuale.

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La decisione delle Sezioni Unite: errore di diritto sì, ma non grave

Le Sezioni Unite hanno innanzitutto chiarito che l’errore commesso non poteva qualificarsi come “errore di calcolo”, bensì come errore di diritto, poiché aveva riguardato il criterio giuridico applicato alla liquidazione dei compensi.
L’art. 3 del d.P.R. 177/2015, infatti, stabilisce che le percentuali vanno applicate per scaglioni progressivi sul valore dell’azienda, e non sull’intero ammontare: una differenza sostanziale, che le magistrate avevano interpretato in modo errato.

Tuttavia, la Corte ha ritenuto che l’errore, pur giuridicamente scorretto, non fosse “grave” ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. g), del d.lgs. 109/2006, perché privo di intento deviato o negligenza inescusabile.
Le magistrate, infatti, avevano agito in un contesto processuale eccezionalmente complesso (44 imputati, oltre 1.400 parti civili e una sentenza di 3.700 pagine) e avevano tempestivamente adottato misure per correggere l’errore, evitando un grave danno per l’Erario e per le parti.

Il Collegio ha valorizzato la condotta riparativa delle incolpate, sottolineando che l’adozione di provvedimenti di autotutela, anche se tecnicamente impropria, era ispirata alla tutela dell’interesse pubblico e non aveva prodotto alcun danno effettivo.
Le Sezioni Unite ribadiscono così che la violazione di legge assume rilievo disciplinare solo se accompagnata da un comportamento deontologicamente deviante, idoneo a compromettere il prestigio dell’ordine giudiziario o la credibilità del magistrato.

Il principio di diritto e la portata della pronuncia

La Corte ha formulato un principio destinato a orientare la futura giurisprudenza disciplinare:

«L’errore di diritto commesso dal magistrato nell’esercizio della funzione giurisdizionale non è di per sé idoneo a integrare l’illecito disciplinare di cui all’art. 2, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 109/2006. Occorre una valutazione complessiva della vicenda e della condotta del magistrato, tenendo conto della gravità della violazione, delle conseguenze prodotte e dell’eventuale iniziativa riparativa volta a eliminare o prevenire pregiudizi per le parti o per l’Erario».

Non ogni errore giuridico, quindi, integra una responsabilità disciplinare, ma solo quello che denota disinteresse, superficialità o dolo, incidendo sul decoro e sulla fiducia nell’istituzione giudiziaria. L’orientamento mira a salvaguardare l’indipendenza del giudice, evitando che la responsabilità disciplinare si trasformi in uno strumento di pressione sull’attività interpretativa o valutativa del magistrato.

Conclusioni

Le Sezioni Unite riconoscono che l’errore è connaturato all’attività giurisdizionale, ma solo quando si accompagna a negligenza grave o dolo può tradursi in illecito disciplinare.
La decisione chiude una vicenda di forte impatto mediatico, quella dei compensi milionari dell’Ilva, ma apre una riflessione più ampia sul rapporto tra diritto, responsabilità e fiducia nel magistrato.
L’errore di diritto, se onestamente riconosciuto e corretto, non è colpa; diventa colpa solo quando tradisce il dovere di diligenza e il rispetto del ruolo giudiziario.

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