Ripetizione dell’indebito nel diritto commerciale, societario e finanziario

L’articolo 2033 del Codice Civile prevede e disciplina l’istituto della ripetizione dell’indebito. Nello specifico, l’istituto regolato dall’art. 2033 c.c. rappresenta un meccanismo fondamentale nella prevenzione dell’ingiustificato arricchimento e di conseguenza nella rilevanza di ristabilire l’equilibrio patrimoniale originario tra le parti. Questo breve studio si concentra esclusivamente sul primo periodo del dettato normativo ex art. 2033 c.c., che racchiude le condizioni, il presupposto e le possibili implicazioni pratiche riguardanti l’indebito oggettivo e la sua ripetizione alla luce dei settori del diritto societario, commerciale e finanziario ai sensi dell’art. 2086 comma 2 c.c. e il d.lgs. n. 231 del 2001.

Introduzione

L’istituto della ripetizione dell’indebito, previsto e disciplinato dall’articolo 2033 del Codice civile, riveste un ruolo cardinale nell’ambito del diritto civile. Questo istituto, oltre a fungere da presidio contro l’ingiustificato arricchimento, funge anche come strumento per il ripristino dell’equilibrio patrimoniale tra le parti precedentemente esistente[1]. La norma che è oggetto di analisi si colloca nel più ampio contesto delle obbligazioni nascenti dal fatto illecito. Il legislatore ha voluto prevedere e costituire un meccanismo correttivo idoneo volto a sanare quelle situazioni in cui, quando una prestazione patrimoniale sia stata eseguita in assenza di una causa giuridica legittimante, la parte che ha elargito la somma non dovuta ovvero la somma in eccesso abbia il diritto alla sua ripetizione integrale ovvero parziale[2].

L’importanza della norma in analisi la si evince dalla sua capacità di poter assicurare che il trasferimento patrimoniale avvenga solo in presenza di una valida causa, la cosiddetta causa debendi. La ratio consiste nel fatto che il soggetto che abbia ricevuto la prestazione, il cosiddetto accipiens, non possa indebitamente trattenere integralmente la somma ricevuta a danno del soggetto che ha effettuato il pagamento, il cosiddetto solvens. In parole più semplici, l’istituto in esame non solo tutela il solvens ma contribuisce a garantire la trasparenza e la correttezza che si richiedono nei rapporti contrattuali, prevenendo ex ante dei potenziali abusi e comportamenti opportunistici.

Sia la giurisprudenza che la dottrina hanno delineato nel tempo dei precisi contorni applicativi dell’istituto de quo. L’istituto, altresì, opera quale rimedio sussidiario rispetto ad altre forme di tutela che sono state normativamente previste e disciplinate. Nondimeno, l’istituto della ripetizione interviene laddove il pagamento sia stato eseguito in difetto di un’obbligazione valida, andando così a configurare un’ipotesi di arricchimento conosciuto più come arricchimento senza causa, per il quale la restituzione diviene l’unica via per ricomporre l’assetto patrimoniale delle parti coinvolte.

Nel diritto societario, commerciale e finanziario, l’articolo 2033 c.c. assume così una particolare rilevanza[3]. La peculiarità è derivata dal fatto che viene considerata la frequenza con cui si verificano quei trasferimenti patrimoniali che possono risultare come indebiti a seguito di errori contabili, fraintendimenti contrattuali o altre cause che possono portare alla nullità dell’azione posta in essere. Per quanto riguarda le operazioni societarie, commerciali e delle negoziazioni finanziarie, queste, sono state maggiormente caratterizzate dalla complessità che potrebbe dar luogo all’erogazione di determinati pagamenti che nella realtà dei fatti, essi, non dovuti. Questo rischio comporta, di fatto, di acquisire una conoscenza – seppur non approfondita – ma astrattamente idonea nell’applicazione alquanto rigorosa dei principi sottesi alla ripetizione dell’indebito.

Nel contesto giuridico attuale, pertanto, con l’elaborato proposto, si prefigge come unico obiettivo principale quello di analizzare in dettaglio i presupposti delle normative vigenti, le condizioni e le relative implicazioni pratiche dell’istituto previsto dal 2033 del c.c. in correlazione con il comma 2 dell’art. 2086 c.c. e del d.lgs. n. 231 del 2001, nella loro applicazione nei settori del diritto societario, commerciale e finanziario.

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La definizione del 2033 c.c.

Preliminarmente, nell’ordinamento italiano l’istituto dell’indebito oggettivo, previsto e disciplinato dall’art. 2033 del Codice Civile, riguarda l’esecuzione di una prestazione o controprestazione di natura patrimoniale che non sia eretta da una causa legittima, obbligando chi l’ha ricevuta alla sua ripetizione.

Il 2033 c.c. è stato rubricato come “Indebito oggettivo” proprio per distinguerlo dall’altro istituto – sempre previsto e disciplinato dal Codice civile – denominato “Indebito soggettivo”. La differenza tra i due istituti è che nel primo caso abbiamo un pagamento non dovuto, ovvero un pagamento parzialmente non dovuto, che è stato effettuato al proprio creditore; nel secondo caso il debitore ha erroneamente individuato il proprio creditore, convincendosi della sua posizione[4]. La norma in analisi prevede come propria causa scatenante dell’istituto riguardante l’indebito oggettivo un pagamento non dovuto, e quindi, di una fonte indebita totale o parziale delle obbligazioni nascenti in carico al proprio creditore che ha ricevuto la somma.

La ratio è semplice: chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha il diritto di ripetere ciò che ha elargito. Nel contesto italiano, questo, oltre a porre le basi contro l’ingiustificato arricchimento[5], crea uno strumento idoneo nel ripristinare l’equilibrio patrimoniale originario tra le parti in causa.

Analizzando il primo periodo dell’art. 2033 c.c.: “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato”, individuiamo già quali siano i diversi presupposti per poter trovare la sua applicazione al caso concreto[6]: il pagamento, la causa dell’indebito oggettivo e l’errore sul debito.[7].

La sua applicazione nel Diritto societario, commerciale e finanziario (Rinvio)

Nel complesso panorama che riguarda il diritto societario, commerciale e finanziario, l’istituto in oggetto assume una particolare rilevanza. Le operazioni che vengono concluse in questi settori possono – e sono – spesso caratterizzate sia da una notevole complessità che da un alto numero di transazioni. Questa variabile indefinita incide sulla probabilità di poter aumentare il rischio quale quella di elargire dei pagamenti non dovuti.

Le variabili possono essere errori contabili, fraintendimenti contrattuali o nullità totale ovvero parziale delle obbligazioni contrattuali[8] che possono portare a dei veri e propri trasferimenti patrimoniali non giustificati, ovvero dei trasferimenti patrimoniali in eccesso al dovuto, rendendo così indispensabile un’applicazione rigorosa dei principi sottesi dell’istituto in oggetto.

Elementi costitutivi dell’indebito oggettivo

Come già precedentemente individuato, gli elementi costitutivi dell’istituto in oggetto sono: il pagamento e l’assenza della giusta causa. Questi due elementi rendono il pagamento effettuato un indebito oggettivo. Il pagamento effettuato può trovare la propria origine anche nell’errore del debito (si pensi al pagamento di una somma maggiorata quando in realtà non doveva essere pagata la sua maggiorazione)[9].

E in effetti, la dottrina del 1865, così come per quella attuale[10], sostiene che ci debba essere un ulteriore requisito a supporto, un requisito che tuttavia è implicito, ovvero l’errore del solvens sul pagamento effettuato[11].

Il pagamento non dovuto

Affinché l’accipiens sia obbligato alla restituzione del tutto o in parte della somma che egli ha ricevuto indebitamente, preliminarmente deve sussistere la condizione del trasferimento. Deve sussistere il trasferimento della somma dalla sfera giuridica del solvens nella sfera giuridica dell’accipiens. In difetto[12] non può trovare applicazione il 2033 c.c.

In questo contesto concorrono due orientamenti: l’orientamento restrittivo e l’orientamento espansivo.

Per quanto riguarda l’orientamento restrittivo, la dottrina analizza la terminologia letterale del pagamento che consiste nella semplice dazione del denaro[13]. Tale interpretazione restrittiva esclude di fatto tutte quelle prestazioni che hanno la natura del “facere” che non possono essere suscettibili di una restituzione integrale e parziale della prestazione stessa.

L’orientamento estensivo invece include nell’alveo anche quelle prestazioni che abbiano la natura del “facere” non dovuta.[14].

La ratio che trova fondamento nell’orientamento estensivo riguarda sia la naturale esigenza di dover apprestare una maggior tutela sia nel termine utilizzato della “prestazione” ivi contenuta nel contesto del Titolo VII rubricato “Del pagamento dell’indebito” del Libro IV rubricato “Delle obbligazioni” e dagli artt. 2034 e 2035 del c.c. che, in alcuni casi specifici e nel loro combinato disposto, fanno sorgere il diritto alla ripetizione indebita al verificarsi del trasferimento da una sfera giuridica all’altra, soddisfando così l’esigenza creditizia dell’art. 1174 c.c. che richiama “l’interesse non patrimoniale” della prestazione[15].

L’indebito oggettivo e il diritto alla restituzione

Affinché possa instaurarsi il meccanismo del 2033 del c.c., come preliminarmente accennato, deve sussistere un pagamento non dovuto che giustifichi uno spostamento patrimoniale. La causa solvendi può trovare la sua mancanza all’origine ovvero in un momento successivo.

Tuttavia, il Codice civile prevede espressamente delle ipotesi speciali in cui non è possibile richiedere la ripetizione. Queste ipotesi sono le obbligazioni naturali del 2034 c.c. e le prestazioni contrarie al buon costume del 2035 del c.c.

Nello specifico e in sintonia con l’interpretazione estensiva che si basa sul termine “prestazione[16], il 2034 c.c. tutela l’incapacità del solvens. In questo senso, le obbligazioni naturali che sono state adempiute nella sua spontaneità saranno ripetibili solo per quel il soggetto incapace, individuato e tutelato dalla norma, escludendo quindi il solvens che era capace di intendere e di volere.

In riferimento alle prestazioni contrarie al buon costume, la deroga individuata consiste nella definizione che prende di volta in volta il sostantivo maschile “buon costume” in correlazione con l’evoluzione della società nel tempo e nel luogo in cui l’obbligazione è nata ed è stata adempiuta, secondo i canoni dettati dal senso del pudore e della morale[17].

Nondimeno, ai sensi della Cassazione civile Sez. III Sentenza n. 11294 del 12 giugno 2020, la ripetizione dell’indebito oggettivo della somma versata, che risulti eccedente all’importo dovuto, all’interno del quadro della corresponsabilità nei confronti dei propri contraenti tra due diversi soggetti giuridici di cui un soggetto riveste la qualifica di proprietario e l’altro soggetto riveste la qualifica di gestore di un impianto di depurazione idrica, sancisce al punto 4.3 della sentenza il principio di diritto che “(…) in presenza di una temporanea inattività del servizio di depurazione acque la condotta del proprietario dell’impianto nonché gestore del servizio di depurazione integra un concorso nell’inadempimento ascrivibile nei confronti degli utenti al soggetto che abbia concluso con gli stessi il contratto di utenza sicché il medesimo convenuto in giudizio da co]]storo per la restituzione della quota del corrispettivo del servizio dovuta a titolo di depurazione acque ha diritto ad agire in via di regresso nei confronti del predetto proprietario dell’impianto e gestore del servizio (…)” nondimeno nel successivo punto 5, la Cassazione ha enunciato il principio fondamentale riguardante l’onere probatorio ribadendo che “(…) chi allega di avere effettuato un pagamento dovuto solo in parte e proponga nei confronti dell’accipiens l’azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza ha l’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta (…)” con questo principio la Cassazione richiamando i suoi precedenti orientamenti[18], ha ribadito che chi volesse allegare come elemento probatorio un pagamento dovuto non solo per quello intero ma anche solo in parte, azionando quindi il meccanismo dell’indebito oggettivo, ha l’onere di provare l’insussistenza della causa giustificativa che possa giustificare il pagamento della somma totale o parziale in eccedenza non dovuta.

L’indebito oggettivo nel diritto commerciale in correlazione con l’art. 2086 comma 2 c.c. e D.lgs. n. 231 del 2001

Un indebito oggettivo che si viene a creare, può trovare il proprio fondamento all’interno del diritto commerciale, nei seguenti – e vari – contesti, scenari:

  1. a) Contratti commerciali: Nelle obbligazioni contrattuali si possono verificare dei pagamenti non dovuti a causa di un errore nella fatturazione, di un pagamento ripetuto per errore umano o per errore informatico, o dall’erogazione di anticipi su forniture o servizi che solo successivamente, non sono stati erogati. In questo contesto, il solvens ha il pieno diritto alla ripetizione di quanto versato[19].
  2. b) Fatturazione: Come accennato nel precedente punto a), anche le attività commerciali possono incorrere negli errori di fatturazione. Questo errore, infatti, ha alla base un’erogazione di pagamenti che non sono dovuti nella sua totalità o parzialità. Anche in questo caso, il solvens ha il diritto di richiedere la ripetizione delle somme che egli ha erroneamente versato[20]. In quest’ottica, una corretta implementazione dei sistemi di controllo contabile all’interno dell’azienda – come previsto dall’art. 2086 c.c. comma 2 – aiuta ad attuare una concreta prevenzione di tali errori, potendo identificare tempestivamente quali siano le eventuali discrepanze.
  3. c) Anticipo sui pagamenti: È prassi comune nelle transazioni commerciali elargire determinati importi come anticipo sul prezzo finale del prodotto o servizio finito. Tuttavia, come spesso accade nel commercio internazionale, se il bene o servizio non viene consegnato (ad esempio, a causa di un naufragio dei beni) e salvo determinate clausole contrattuali che prevedono la sostituzione del bene o servizio stesso in determinate circostanze o modi, il solvens ha il pieno diritto alla restituzione della somma versata come anticipo.[21].

L’istituto disciplinato dall’art. 2033 c.c. ha una particolare rilevanza nel contesto del diritto societario. La ripetizione dell’indebito può trovare applicazione in tre contesti principali. In questi scenari, intervengono in perfetta sincronia sia il comma 2 dell’art. 2086 c.c. che il d.lgs. n. 231 del 2001. L’imprenditore, ai sensi del dettato normativo, ha l’obbligo di dover adottare determinati assetti organizzativi, amministrativi e contabili sia nell’ottica di prevenire la crisi dell’impresa che nell’ottica di poter garantire la continuità aziendale, ed è anche vero che, il dettato normativo in analisi, si traduce nell’adozione e attuazione di tre pratiche fondamentali quali:

  1. a) Sistema di controllo interno: L’adozione di un idoneo sistema di controllo aziendale interno è cruciale. Il controllo delle varie operazioni commerciali, in particolare per prevenire errori riguardanti i pagamenti. Un idoneo assetto amministrativo e contabile prevede procedure di verifica e controllo delle fatture attive e passive, l’approvazione dei pagamenti tramite l’assetto organizzativo in sinergia con quello amministrativo e contabile, e la relativa riconciliazione nella contabilità.
  2. b) Formazione del personale: L’investimento nella formazione del personale addetto a determinati ruoli è di fondamentale importanza. La comprensione delle procedure adottate dall’azienda riduce drasticamente il margine di errore e permette di porvi immediatamente rimedio.
  3. c) Tecnologia: Grazie all’evoluzione tecnologica, l’utilizzo di software specifici riduce drasticamente il margine di errore. Questa riduzione si traduce in un vantaggio competitivo da reinvestire nell’attività imprenditoriale.

Di questi tre contesti che possono concretamente realizzarsi nell’area commerciale, nessuno può esimersi dalle implicazioni derivanti dal d.lgs. n. 231 del 2001, che introduce la responsabilità amministrativa per le persone giuridiche in caso di violazione e consumazione di determinati reati individuati dal legislatore nazionale.

Tutte le aziende che operano come società, incluse quelle a carattere unipersonale, ai sensi del comma 2 dell’art. 2086 c.c., hanno l’obbligo indiretto di adottare un modello di organizzazione e gestione idoneo e adeguato alla propria realtà imprenditoriale, includendo quindi:

  1. a) Codice Etico e Modelli Organizzativi: Redigere e implementare un codice etico e modelli organizzativi che stabiliscano le procedure per la prevenzione dei reati, inclusi quelli che possono portare a pagamenti indebiti.
  2. b) Organismo di Vigilanza: Istituire un organismo di vigilanza incaricato di monitorare l’efficacia dei modelli organizzativi e di segnalare eventuali irregolarità.
  3. c) Audit Interni ed Esterni: Effettuare audit regolari per verificare la conformità alle normative e l’efficacia delle misure preventive adottate.
  4. L’indebito oggettivo nel diritto societario in correlazione con l’art. 2086 comma 2 c.c. e d.lgs. 231/01

L’istituto disciplinato dall’art. 2033 del c.c. ha una particolare rilevanza nel contesto del diritto societario. La ripetizione dell’indebito può trovare applicazione in tre contesti principali:

  1. a) Distribuzione degli utili non dovuti: Un classico esempio si verifica quando una società elargisce erroneamente degli utili non dovuti. Un caso concreto è quando la distribuzione viene attuata in violazione dello statuto. In questo scenario, i soci sono tenuti a restituire quanto ricevuto indebitamente.[22].
    1. a) Codice Etico e Modelli Organizzativi: La redazione e l’implementazione del codice etico e dei modelli organizzativi devono essere concepite alla base per individuare e stabilire quali siano quelle procedure che possono essere astrattamente e concretamente idonee nel compimento della prevenzione alla consumazione di reati che possono portare, come conseguenze, a pagamenti indebiti.
    2. b) Organismo di Vigilanza: Istituire un organismo di vigilanza incaricato di monitorare l’efficacia dei modelli organizzativi e di segnalare eventuali irregolarità è di essenziale rilevanza per poter garantire il corretto funzionamento delle procedure interne e prevenire comportamenti illeciti.
    3. c) Audit Interni e Esterni: Effettuare audit regolari per verificare la conformità alle normative aiuta a comprendere l’effettiva efficacia delle misure preventive adottate.b) Versamento dei soci: Può capitare che dei soci effettuino dei versamenti senza una delibera assembleare che giustifichi tale azione. In questo caso, ai sensi dell’art. 2033 c.c., i soci che hanno versato del denaro senza giusta causa hanno il diritto alla ripetizione della somma[23].Anche in questo scenario, il comma 2 dell’art. 2086 c.c. e il d.lgs. n. 231 del 2001 intervengono in perfetta sincronicità, in quanto il comma 2 dell’art. 2086 c.c. impone all’imprenditore di dover istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato allo scopo e alla natura della prevenzione aziendale in cui la società opera, potendo così garantire, oltre alla continuità aziendale anche il tempestivo intervento nei primi segnali della crisi d’impresa.Nel contesto societario, questo si traduce in:
      1. a) Sistema di controllo interno: L’attuazione di un idoneo sistema di controllo interno è di essenziale rilevanza. Infatti, il monitoraggio delle operazioni societarie permette di prevenire errori nei vari pagamenti. Tale sistema include la procedura di verifica delle delibere assembleari, l’approvazione dei compensi e la gestione dei versamenti di ciascun socio.
      2. b) Formazione degli amministratori: Così come nel contesto del diritto commerciale, anche nel contesto del diritto societario l’investimento nella formazione dei soggetti che ricoprono il ruolo di amministratori è necessario per garantire la comprensione e l’attuazione delle procedure di controllo interno e la capacità di identificare e correggere tempestivamente eventuali errori di pagamento.

      Per quanto riguarda le implicazioni derivanti dal d.lgs. 231/01, sono le stesse nell’ambito commerciale con una leggera differenziazione in quanto:

L’indebito oggettivo nel diritto finanziario in correlazione con l’art. 2086 comma 2 c.c. e D.lgs. n. 231 del 2001

Nel contesto del diritto finanziario, l’istituto previsto e disciplinato dall’art. 2033 del c.c. ha una particolare rilevanza, in quanto i pagamenti che non sono dovuti possono derivare da errori nelle transazioni finanziarie o da azioni illecite. In questo contesto e con il riformato comma 2 dell’art. 2086 c.c., in piena attuazione del d.lgs. 231/2001, nasce l’obbligo di dover implementare i sistemi di controllo interni in maniera efficace, anche e soprattutto nell’ottica prevenzionistica.

Nello specifico, seguendo lo schema redazionale dei paragrafi 4 e 5, la ripetizione dell’indebito trova la propria finalità nei seguenti possibili scenari:

  1. a) Transazioni finanziarie erronee: Consiste nell’erronea transazione finanziaria, come per esempio un bonifico duplicato o l’erroneo trasferimento di capitale societario in favore di un’altra sfera giuridica. In questi casi, il solvens ha il pieno diritto di richiedere la ripetizione delle somme che sono state indebitamente trasferite[25].
  2. b) Rimborso dei titoli: Può capitare che determinati titoli finanziari vengano rimborsati erroneamente, ovvero in eccesso rispetto al dovuto. In questo caso, l’investitore che ha ricevuto tale somma deve restituirla[26].
  3. c) Interessi non dovuti: Così come per il rimborso dei titoli, anche l’erroneo calcolo degli interessi maturati su un conto corrente o su prestiti finanziari può portare al pagamento di una somma non dovuta, che dovrà essere restituita al legittimo debitore[27].

In questo contesto esiste una forte correlazione con il comma 2 dell’art. 2086 c.c. e il d.lgs. 231/2001 in quanto:

  1. a) Controllo interno: Un sistema di controllo interno, astrattamente e concretamente idoneo, si traduce automaticamente in procedure concretamente idonee a verificare le transazioni finanziarie e approvare i trasferimenti di fondi, così come a gestire adeguatamente gli interessi.
  2. b) Idonea formazione del personale: Come per i paragrafi 4 e 5, una formazione adeguata del personale favorisce la comprensione delle procedure di controllo interno adottate e la capacità di identificare e correggere eventuali errori di pagamento.
  3. c) Codice Etico e Modelli Organizzativi: Un codice etico e un modello organizzativo adeguati sono ideali per stabilire le procedure da adottare per la prevenzione dei reati finanziari e tributari.
  4. d) Organismo di Vigilanza: Istituire un organismo di vigilanza incaricato di monitorare l’efficacia dei modelli organizzativi e segnalare eventuali irregolarità è uno degli scopi principali del d.lgs. n. 231/2001.
  5. e) Audit Interni ed Esterni: Effettuare periodicamente degli audit per verificare la conformità delle disposizioni alle normative vigenti e testare l’efficacia delle misure preventive adottate è essenziale.

La cerniera tra il 2033, 2086 comma 2 e il D.lgs. n. 231 del 2001

Nei paragrafi n. 4, 5 e 6, abbiamo constatato che il diritto commerciale, il diritto societario e il diritto finanziario si fondano su una serie consequenziale di principi e obblighi giuridici capaci di integrarsi efficacemente fra loro. Quando questi sono integrati, possono garantire la trasparenza e la correttezza delle operazioni aziendali.

Tra questi, vi troviamo l’articolo 2033 del Codice Civile, l’art. 2086 c.c. comma 2 e il d.lgs. n. 231 del 2001 che costituiscono un insieme di dettati normativi interconnessi che vanno a formare una cd. “cerniera” per la gestione aziendale.

L’art. 2033 c.c., come analizzato nel primo capoverso, disciplina la ripetizione dell’indebito oggettivo, offrendo così un rimedio legale per i pagamenti che non sono dovuti o per intero o nella sua parzialità; l’art. 2086 c.c. comma 2 impone in capo alla figura dell’imprenditore l’obbligo di dover adottare e istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato a prevenire e rilevare tempestivamente errori e crisi aziendali; mentre il d.lgs. n. 231 del 2001 introduce la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati che sono stati consumati nel loro vantaggio o interesse, richiedendo così ai fini della prevenzione l’adozione di idonei modelli organizzativi nella prevenzione dei reati.

Nonostante sia stata redatta una breve analisi, abbiamo potuto notare che, se queste norme venissero applicate sinergicamente, assicurerebbero un approccio integrato e coerente nella gestione delle imprese, riducendo così il rischio d’impresa, compreso il rischio di pagamenti indebiti, e migliorando la conformità alle normative vigenti.

Nello specifico, la cerniera derivata da questa breve analisi è così composta:

  1. a) Prevenzione e gestione dei pagamenti indebiti: L’art. 2033 c.c. fornisce la base legale per la ripetizione oggettiva dei pagamenti non dovuti, mentre l’art. 2086 c.c. comma 2 impone agli imprenditori di istituire sistemi di controllo interno che possano prevenire e rilevare pagamenti non dovuti, e il d.lgs. n. 231 del 2001 impone l’adozione di modelli organizzativi che prevengano reati e comportamenti illeciti inclusi quelli che possono portare a pagamenti indebiti.

Per il punto a), quindi, la presenza di un adeguato sistema di controllo interno così come richiesto dall’art. 2086 c.c. comma 2 facilita l’applicazione dell’art. 2033 c.c. in quanto aiuta l’identificazione e la correzione alquanto tempestiva dei relativi pagamenti oggettivi non dovuti. Congiuntamente, l’adozione di modelli organizzativi conformi al dettato del d.lgs. n. 231 del 2001 assicura che vi possano essere delle procedure idonee e controlli specifici per prevenire tali errori.

  1. b) Compliance e Modelli Organizzativi: L’art. 2033 c.c., come sappiamo, impone la ripetizione dell’indebito oggettivo. Per farlo, richiede che vi sussistano appositi e idonei meccanismi che aiutino a rilevare e di conseguenza aiutino a correggere i pagamenti oggettivamente non dovuti. Anche se l’art. 2086 c.c. comma 2 stabilisce che questi meccanismi debbano essere parte integrante dell’assetto organizzativo dell’impresa, il d.lgs. n. 231 del 2001 impone che i modelli organizzativi debbano includere idonei controlli interni e idonee procedure che prevengano la consumazione dei reati presupposti, garantendo al contempo la corretta transazione finanziaria.
  2. c) Responsabilità degli Amministratori: Ai sensi del primo capoverso dell’art. 2033 c.c., chi ricopre la carica di amministratore deve garantire che la società possa recuperare pagamenti oggettivamente non dovuti. Qui interviene l’art. 2086 c.c. comma 2 che impone un adeguato assetto organizzativo (chi è che fa che cosa?). Tuttavia, ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, chi ricopre la carica di amministratore automaticamente ricopre un ruolo cruciale nell’assicurare che la società sia conforme a tutte e tre le normative. Nel senso che egli deve garantire che vi siano adeguati controlli interni (art. 2086 c.c. comma 2), che la società possa recuperare i pagamenti non dovuti (art. 2033 c.c.) e che vi siano modelli organizzativi efficaci nella prevenzione dei reati presupposti (d.lgs. n. 231 del 2001).

Conclusioni

Dall’analisi comparata, abbiamo compreso che esiste una stretta interconnessione tra la norma vigente e la gestione aziendale all’interno dell’ottica prevenzionistica legale e quindi anche nell’ottica concernente il risparmio del tempo e di denaro.

Da questo studio abbiamo compreso che l’integrazione degli strumenti normativi di cui il legislatore nazionale ci ha messo a disposizione, consentono alle imprese societarie (e non) di poter sviluppare un approccio interdisciplinare per quanto riguarda la gestione aziendale interna e al contempo attuare una garanzia alle conformità delle normative vigenti, migliorando così la propria trasparenza e l’efficienza aziendalistica.

In parole più semplici, l’adozione di quei idonei sistemi di controllo interni, in stretta correlazione alla formazione continua sia del personale che degli amministratori, pongono le basi per una perfetta sinergia sia con l’impiego che con l’utilizzo delle tecnologie più avanzate e moderne. Tale azione oltre a permettere un’implementazione degli audit regolari, rappresentano degli elementi chiave per poter prevenire e correggere in maniera del tutto automatica e tempestiva di quei pagamenti che sono oggettivamente non dovuti che delle altre attività illecite.

Questo si traduce in un risparmio dal punto di vista stragiudiziale e giudiziale del recupero delle somme, recuperi che richiedono comunque sia degli investimenti che dei tempi necessariamente impegnativi (in termini di costo e durata).

In questo contesto, chi ricopre la carica di amministratore gioca un ruolo fondamentale. Oltre a garantire l’efficacia dei controlli interni sia da parte di appositi assetti organizzativi, amministrativi e contabili, che da parte dell’ODV e dei relativi modelli organizzativi, deve assicurarsi che la società sia in grado di poter recuperare i pagamenti non dovuti e di prevenire determinati reati aziendali.

NOTE

[1] P.FRANCESCHETTI, Responsabilità Civile. Pagamento dell’indebito, AltalexPedia, voce aggiornata al 02/05/2016, pubblicato il 02/05/2016. Disponibile su: https://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2016/04/22/ripetizione-dell-indebito.

[2] CAMPAGNA, I negozi di attuazione e la manifestazione dell’intento negoziale, Milano, 1958, 204 ss; ANDREOLI, La ripetizione dell’indebito, Milano 1940, 60;

[3] BRECCIA, Il pagamento dell’indebito, in Trattato di diritto privato, diretto da Pietro Roscigno, I, Obbligazioni e contratti, 1986, 758 e ss.; MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, V, 508 ss.; BARBERO, Sistema del diritto privato italiano, II, Torino, 1965, 803 ss.; MOSCATI, Fonti legali e fonti private delle obbligazioni, Padova, 2002

[4] Così in Trib. Milano, sent. n. 3574 del 15 marzo 2014

[5] Art. 2041 c.c. – Cassazione civile Sez. III sentenza n. 29672 del 22 ottobre 2021: “(…)L’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 c.c., per la sua natura complementare e sussidiaria, può essere proposta solo quando ricorrano due presupposti: a) la mancanza di un titolo specifico idoneo a far valere il diritto di credito; b) l’unicità del fatto causativo dell’impoverimento sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito e lo spostamento patrimoniale non risulti determinato da fatti distinti, incidenti su due situazioni diverse e in modo indipendente l’uno dall’altro, con conseguente esclusione dei casi di arricchimento cd. “indiretto”, nei quali l’arricchimento è realizzato da persona diversa rispetto a quella cui era destinata la prestazione dell’impoverito. Tuttavia, avendo l’azione di ingiustificato arricchimento uno scopo di equità, il suo esercizio deve ammettersi anche nel caso di arricchimento indiretto nei soli casi in cui lo stesso sia stato realizzato dalla P.A., in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito (…)” Massima n. 1 di https://www.brocardi.it/massimario/74338.html. Cassazione civile, sez. III, 13 dicembre 2016, n. 25503: Punto n. 2.6 della sentenza: “(…) la prestazione compiuta in esecuzione d’un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo, regolato dall’art. 2033 c.c., e non dall’art. 1458 c.c.; l’eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., od al pagamento dell’ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.(…)”.

[6] Si rinvia al § 3

[7] G. CHINE’, A. ZOPPINI, Manuale di diritto civile, Neldiritto Editore, Collana: I manuali superiori, 2019, p. 1027 ss., 11ª edizione, ISBN 9788832705171; V. ROPPO. Diritto privato. 5a ed., Giappichelli, 2016, pp. 624 – 632. Codice EAN: 9788892104518.

[8] Si pensi ad esempio a quanto stabilito dalla Cassazione civile Sez. II sentenza n. 2993 del 31 gennaio 2019: “(..)Nell’ipotesi di nullità di un contratto, la disciplina degli obblighi restitutori tra le parti è mutuata da quella dell’indebito oggettivo, poiché viene a mancare la causa giustificativa delle rispettive attribuzioni patrimoniali. Ne consegue che, ai fini della decorrenza degli interessi, rileva la condizione soggettiva dell'”accipiens” al momento in cui ha ricevuto la prestazione, essendo lo stesso tenuto a restituirli dal giorno del pagamento, se in mala fede, e da quello della domanda giudiziale, se in buona fede. (…)” Massima n. 1 di https://www.brocardi.it/massimario/68659.html;  Cassazione civile Sez. III sentenza n. 7749 del 19 aprile 2016: “(…)In caso di nullità di un contratto per impossibilità giuridica originaria del suo oggetto, l’azione di ripetizione dell’indebito, esperibile in relazione all’avvenuto versamento del corrispettivo, deve essere esercitata entro dieci anni dalla data del pagamento, non ostando al decorso della prescrizione l’assenza di un giudicato in ordine alla nullità contrattuale (…)” Massima n. 1 di https://www.brocardi.it/massimario/44576.html; Cassazione civile Sez. III sentenza n. 13207 del 28 maggio 2013: “(…)L’azione di ripetizione di indebito, prevista dall’art. 2033 c.c., ha per suo fondamento l’inesistenza dell’obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto, o perché venuto meno successivamente, a seguito di annullamento, rescissione o inefficacia connessa ad una condizione risolutiva avveratasi. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha escluso l’operatività dell’istituto “de quo”, atteso che la controversia, investendo la restituzione di corrispettivi versati per trasporti di merce per un chilometraggio effettivamente coperto diverso da quello oggetto di fatturazione, era stata correttamente inquadrata dal giudice di merito nell’alveo contrattuale, con conseguente applicazione, quanto alla prescrizione del diritto, dell’art. 2951 c.c.) (…)”. Massima n. 1 di https://www.brocardi.it/massimario/54841.html

[9] Trib. Bari, Sent. n. 591 del 1° febbraio 2017: “(…) In tema di ripetizione dell’indebito, va qualificata come ripetizione di indebito, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., qualunque domanda avente ad oggetto la restituzione di somme pagate sulla base di un titolo inesistente, sia nel caso di inesistenza originaria, che di inesistenza sopravvenuta (…)”.

[10] DEJANA, Sul requisito dell’errore nella ripetizione dell’indebito, in Rivista Diritto Privato, 1937, II, 1 ss

[11] Cassazione civile Sez. II ordinanza n. 27372 del 8 ottobre 2021: “(…)Allorché una parte, provata la consegna di una somma di denaro all’altra, ne domandi la restituzione omettendo di dimostrare la pattuizione del relativo obbligo, e la controparte non deduca alcuna causa idonea a giustificare il suo diritto a trattenere la somma ricevuta, il rigetto per mancanza di prova della domanda restitutoria va argomentato con cautela e tenendo conto di tutte le circostanze del caso, onde accertare se la natura del rapporto e le circostanze del caso concreto giustifichino che l’accipiens trattenga senza causa il denaro ricevuto dal solvens. (Nella specie, la S.C. ha riformato la sentenza della Corte di appello osservando che, a fronte di un’espressa imputazione del versamento da parte dell’attrice, documentata dalla causale del bonifico, il giudizio in ordine alla carenza di prova dell’esistenza del rapporto di mutuo invocato dalla ricorrente, non si era attenuto al criterio di particolare cautela valutativa, specie in presenza di un’allegazione difensiva della controparte che si fondava unicamente su documenti unilaterali predisposti in epoca successiva alla dazione della somma). (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO MILANO, 23/06/2016)(…)” Massima n. 1 di https://www.brocardi.it/massimario/68666.html.

[12] Cassazione Civ. Sent. n. 19631 del 3 ottobre 2016: “(…) Nella ipotesi di azione di ripetizione di somme per indebito oggettivo, fondata sull’affermazione che, pur nella sussistenza di uno specifico rapporto obbligatorio tra le parti, le somme richieste in ripetizione non sono dovute per mancata giustificazione del pagamento eccedente la causa di scambio (…)”.

[13] Cit. G. CHINE’, A. ZOPPINI, Manuale di diritto civile, Neldiritto Editore, Collana: I manuali superiori, 2019, p. 1030 § 7.1., 11ª edizione, ISBN 9788832705171.

[14] Cassazione, Sent. n. 2029 del 24 gennaio 1982 in Mass. Giur. It., 1982

[15] Cassazione, Sez. Unite Sent. n. 26972 del 11 novembre 2008: “(…) che interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza nell’ambito delle obbligazioni contrattuali, è confermato dalla previsione dell’art. 1174 c.c., secondo cui la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore (…)”.

[16] Cassazione, Sent. n. 888 del 5 maggio 1962: “(…) Quando a proposito delle obbligazioni naturali, si parla di prestazione, si intende questo termine nello stesso senso in cui lo si usa a proposito delle obbligazioni civili, e, quindi, come prestazione di natura patrimoniale nell’accezione larga e comprensiva di prestazione positiva o negativa di qualsiasi specie, da cui derivi per il soggetto cui è fatta un’utilità di natura patrimoniale (…)”.

[17] Cassazione, Sent. n. 9441 del 21 aprile 2010: “(…) Ai fini dell’applicabilità della “soluti retentio” prevista dall’art. 2035 c.c., la nozione di buon costume non si identifica soltanto con le prestazioni contrarie alle regole della morale sessuale o della decenza, ma comprende anche quelle contrastanti con i principi e le esigenze etiche costituenti la morale sociale in un determinato ambiente e in un certo momento storico; pertanto, chi abbia versato una somma di denaro per una finalità truffaldina o corruttiva non è ammesso a ripetere la prestazione, perché tali finalità, certamente contrarie a norme imperative, sono da ritenere anche contrarie al buon costume(…)”

[18] Cass. 7501/2012; Cass. 1557/1998.

[19] Cassazione, Sent. n. 20383 del 11 ottobre 2016: “(…) In materia contrattuale, la mancanza di una “causa adquirendi” – a qualunque titolo accertata – determina la possibilità di avvalersi dell’azione di ripetizione dell’indebito anche quando la controprestazione non sia a propria volta ripetibile, stante l’eccezionalità, e conseguente non estensibilità, delle ipotesi legislative di irrepetibilità delle prestazioni eseguite, potendo ottenersi, in tali casi, la reintegrazione dello squilibrio economico determinatosi tra le parti attraverso la diversa azione ex art. 2041 c.c. nei limiti della operatività della stessa(…)”.

[20] Cassazione, Sent. n. 19902 del 6 ottobre 2015: “(…) Nel giudizio di indebito oggettivo l’attore può invocare sia l’invalidità, sia l’inesistenza d’un titolo giustificativo del pagamento. Nel primo caso, ha l’onere di provare che il titolo del pagamento sia invalido; nel secondo caso ha il solo onere di allegare (ma non di provare, essendo impossibile) l’inesistenza di qualsiasi titolo giustificativo del pagamento, e sarà onere del convenuto dimostrare che il pagamento era sorretto da una giusta causa. Nell’uno come nell’altro caso, tuttavia, deve escludersi che l’attore possa limitarsi a dichiarare di ignorare se il pagamento abbia o non abbia un titolo giustificativo, giacché in tale ipotesi l’atto di citazione sarebbe nullo per mancanza della causa petendi(…)”.

[21] Ibidem.

[22] Cass. civ. sez. I, 20/01/2021, n.979: (…) In proposito è subito da annotare che, nell’operatività attuale, non sono infrequenti le prassi intese a qualificare i detti prelievi, seppur riferiti a esercizi ancora in corso, nei termini di “percezione di utili”; e altresì a ritenere le attribuzioni patrimoniali, che questi prelievi producono, come senz’altro definitive e quindi intangibili: all’unica condizione che consti il previo consenso di tutti i soci. Tale valutazione – così si afferma in letteratura – trae elemento di decisivo supporto nella sentenza emessa da questa Corte in data 9 luglio 2003, n. 10786 (non massimata). Questa pronuncia ha ritenuto, in particolare, che “quanto alla possibilità, in una società in nome collettivo, di imputare dei pagamenti a utili sociali di competenza del periodo in corso, ancor prima del rendiconto, essa è consentita dall’art. 2262 c.c. Questa norma, infatti, nel subordinare la distribuzione degli utili all’approvazione del rendiconto, ammette espressamente il patto contrario (…) In ogni caso, i contenuti espressi da tale pronuncia sono stati superati dalla (successiva) evoluzione della giurisprudenza di questa Corte. Che ha appunto affermato che “nelle società di persone il diritto del singolo socio a percepire gli utili è subordinato, ai sensi dell’art. 2262 c.c., all’approvazione del rendiconto, situazione contabile che equivale, quanto ai criteri di valutazione, a quella di un bilancio” (cfr. Cass., 31 dicembre 2013, n. 28806; Cass. 4 luglio 2018, n. 17489; nella medesima direzione si può già vedere, peraltro, la decisione resa da Cass., 17 febbraio 1996, n. 1240) (…) Non si può in ogni caso trascurare, nell’indicata direzione, che la richiamata regola risulta presidiata da un’apposita sanzione penale nei confronti degli amministratori, che “ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti” (art. 2627 c.c.) (…) Non può, poi, essere ritenuta d’ostacolo a una simile lettura la circostanza che la norma dell’art. 2262 c.c. – nel dichiarare il diritto del socio a percepire la “sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto” – fa salvo il “patto contrario”. Chè questa possibilità si mostra riferita, secondo la piana lettura del testo normativo, alla possibilità di “limitare”, non già di “espandere”, il diritto del socio alla percezione degli utili di periodo; e così, in specie, alla possibilità che lo statuto sociale venga a subordinare – durante la vita della società – la distribuzione degli utili al consenso della maggioranza dei soci (…) Nel sistema in oggi vigente, gli utili di periodo si formano in relazione all’esito dei singoli esercizi sociali, secondo quanto dispone la norma generale dell’art. 2217 c.c. Le società di persone non conoscono, d’altra parte, la possibilità di distribuire degli acconti sui dividendi, secondo quanto si ricava (se non altro) dalla norma dell’art. 2433 bis c.c. (…) Dal testo delle norme dell’art. 2433 c.c., comma 4 e art. 2433 bis c.c., comma 7, si ricava agevolmente, poi, che la distribuzione di utili non effettivamente conseguiti configura un’ipotesi di indebito oggettivo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2033 c.c. (…) Da tutto ciò deriva che il prelievo di somme dalle casse sociali da parte dei soci – che non trovino la loro esatta giustificazione in utili effettivamente conseguiti dalla società – comporta senz’altro il sorgere del diritto della società di ripetere le somme, che sono state concretamente distribuite, nei confronti di ciascun socio che le abbia fatte proprie (…) Nel rispetto di queste condizioni – si deve dunque concludere – la voce di bilancio “deficit patrimoniale” viene a rappresentare una posta non fittizia, bensì effettiva; come tale a formare l’attivo patrimoniale della società in relazione alla norma della L. Fall., art. 1, comma 2 (…) In base alle considerazioni esposte è dunque possibile enunciare il seguente principio di diritto: “Posto che le obbligazioni sociali costituiscono debiti che stanno in capo alla società pur nel caso delle società di persone, non concorre a formare l’”attivo patrimoniale”, che viene preso in considerazione dalla norma della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a, il fatto che i soci illimitatamente responsabili siano tenuti, quali garanti ex lege, a rispondere degli stessi. Concorrono invece a formare l’attivo patrimoniale i prelievi di somme dalle casse sociale da parte dei soci, che non trovino la loro esatta giustificazione in utili effettivamente conseguiti, dato che le somme così percepite sono soggette ad azione di ripetizione di indebito da parte della società” (…)”.

[23] Ibidem.

[24] Ibidem.Cassazione, Sent. n. 9052 del 15 aprile 2010: “(…) In tema di ripetizione di indebito oggettivo, la ripetibilità è condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole degli artt. 2033 e ss. del c.c., operando altrimenti, ove ne sussistano i presupposti, in mancanza di altra azione, l’azione generale di arricchimento prevista dall’art. 2041 c.c. (…)”.

[25] Cassazione, Sent. n. 12666 del 20 luglio 2012: “(…) In materia di I.V.A., il prestatore di un servizio può chiedere all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’imposta indebitamente versata dopo il decorso del termine di decadenza previsto dall’art. 21 comma 2 del d.lgs. n. 546 del 31 dicembre del 1992(…)”.

Cassazione, Sez. Unite Sent. n. 21893 del 15 ottobre 2009: “(…) Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto richieste di rimborso delle imposte, la giurisdizione generale del giudice tributario può essere esclusa – a favore del giudice ordinario, configurandosi un’ordinaria azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. – nel solo caso in cui l’Amministrazione abbia formalmente riconosciuto il diritto al rimborso e la quantificazione della somma dovuta, sicché non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria, il quantum del rimborso o le procedure con le quali lo stesso dev’essere effettuato (…)”.

[26] Cassazione, Sent. n. 21162 del 17 settembre 2013: “(…) In tema di risarcimento del danno per protesto illegittimamente sollevato, deve ritenersi che assuma efficacia causale esclusiva nella produzione del danno asseritamente subito la condotta di chi, a fronte della chiusura del rapporto del conto corrente, provvede comunque a versare una somma atta a coprire l’assegno successivamente protestato, atteso che l’avvenuta accettazione, da parte della banca, qualche giorno prima dell’emissione del titolo, di un versamento di importo pari a quello dell’assegno, in assenza di un rapporto contrattuale che giustifichi tale dazione, è tale da determinare in capo alla banca, quale indebito oggettivo, solo l’obbligo di restituzione previsto dall’art. 2033 c.c. ma non può in alcun modo fare ritenere legittimamente la parte autorizzato all’emissione di assegni sul conto corrente in questione in assenza di elementi che giustifichino l’avvenuta riapertura del conto corrente stesso (…)”

[27] Cassazione civile, Sez. Unite sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010: “(…)L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta, ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'”accipiens”(…)” Massima n. 1 di https://www.brocardi.it/massimario/8794.html.

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Alessio Barpi è un giurista specializzato nel diritto penale, civile e finanziario d'impresa, con particolare attenzione alla compliance aziendale e alla responsabilità penale degli enti (D.Lgs. 231/2001). Ha conseguito una doppia laurea presso l'Università degli Studi di Genova in Servizi Legali per l'Impresa e la Pubblica Amministrazione e in Giurisprudenza. Attualmente, sta ampliando le proprie competenze con un corso di laurea in Economia Aziendale, integrando le conoscenze giuridiche con una solida base economico-finanziaria. Ha completato percorsi di perfezionamento in Responsabilità Penale degli Enti e Diritto Penale Tributario, con un focus specifico sul diritto commerciale, societario e finanziario.

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