Con Ordinanza n. 17332 depositata il 3 luglio 2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di comodato precario immobiliare.
La questione merita particolare attenzione stante la frequenza con la quale i genitori concedono in comodato precario ai propri figli immobili di proprietà affinché siano adibiti a residenza familiare.
Il caso in esame
Una coppia di anziani genitori concedevano in comodato al proprio figlio un appartamento di proprietà affinché fosse adibito a residenza familiare.
Successivamente, a distanza di vari anni, hanno chiesto il rilascio dell’immobile, adducendo l’insorgenza di uno stato di urgente ed imprevedibile bisogno, costituito dalle loro precarie condizioni di salute e dalla necessità di affrontare cospicue spese mediche.
Stante il rifiuto del figlio, si vedevano costretti a citare quest’ultimo in giudizio. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la domanda degli anziani signori, osservando che quest’ultimi non avevano dimostrato il carattere precario del comodato, e che tale contratto non potesse essere risolto sulla base della mera manifestazione di volontà, stante il vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari.
Inoltre, la Corte d’Appello non riteneva adeguatamente provato l’urgente ed imprevedibile bisogno addotto dagli anziani genitori, poiché dalla documentazione medica prodotta non risultava necessario un esborso mensile particolarmente elevato, al punto da giustificare la richiesta di restituzione del bene in questione.
Il quadro normativo
Come disciplinato dall’art. 1803 c.c., il comodato è un contratto essenzialmente gratuito col quale una parte, comodante, consegna all’altra, comodatario, una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato.
Il comodatario, ai sensi dell’art. 1809 c.c., è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto.
Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un bisogno urgente e imprevisto al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata.
Il mutamento di indirizzo
Sulla questione, la Cassazione è stata di tutt’altro avviso rispetto alle decisioni prese dal Tribunale e dalla Corte d’Appello.
La Suprema Corte, infatti, sulla scorta di principi già affermati dalle Sezioni Unite [1], ha ribadito innanzitutto che grava sul comodatario, che opponga alla richiesta di rilascio dell’immobile l’esistenza di una destinazione a “residenza familiare” (che deve persistere anche nel momento in cui la richiesta di cessazione del comodato viene proposta) l’onere di provare, ex art. 2967 c.c., che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento.
In secondo luogo, la Cassazione ha affermato che, ai sensi dell’art. 1809, secondo comma, c.c., il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato) ed urgente.
Ne consegue che non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire di un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare.
Ferma restando, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante.
Principi a cui si è ispirata la Corte di Cassazione
Ai sensi dell’art. 433 c.c., l’obbligo di assistenza grava non solo sui genitori nei confronti dei figli, ma anche sui figli in favore dei genitori anziani, ciò consentendo di non porre sulle spalle di questi ultimi una sorta di onere permanente di contribuzione al mantenimento delle generazioni più giovani.
Tale dovere di assistenza trova fonte anche nel dovere di solidarietà, sancito dall’art. 2 della nostra Costituzione.
Del resto, l’età avanzata, di per sé portatrice di inevitabili problemi di salute e della conseguente necessità di fronteggiare maggiori spese mediche, deve essere considerata un fattore decisivo in vista della scelta di adottare la soluzione più favorevole alla cessazione del contratto di comodato [2].
Il principio di diritto
Alla luce di quanto rilevato, la Suprema Corte ha pertanto affermato il seguente principio di diritto:
“Nella fattispecie di comodato precario, spetta al comodatario, che alla richiesta di rilascio dell’immobile, opponga l’esistenza di una destinazione a “residenza familiare”, l’onere di provare che il contratto sia stato concluso per esigenze di tutela della famiglia e della prole, esigenza che deve persistere anche nel momento in cui la richiesta di cessazione del comodato viene proposta. Il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto ed urgente.”
[1] Vedi Cass., SS. UU., sent. 29 settembre 2014 n. 20448
[2] Cass. sentenza 21 novembre 2014 n. 24838