Restituzione somme pagate in eccedenza all’equo canone: decorrenza degli interessi

Con la sentenza n. 411 dell’11 gennaio 2017, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha chiarito da quando decorrono gli interessi sulle somme da restituire in caso di pagamento di un canone di locazione eccedente rispetto a quanto dovuto a titolo di equo canone.

Sulla nullità del patto occulto, redatto e non registrato, con cui venga determinato un canone di importo maggiorato rispetto a quello indicato nel contratto di locazione, si rimanda a quanto già evidenziato nel commento alla recente sentenza della Cassazione, n. 18213 del 17 settembre 2015.

Restituzione delle somme corrisposte in eccedenza e decorrenza degli interessi

La questione posta all’attenzione della Suprema Corte riguardava il dies a quo della decorrenza degli interessi legali sul capitale dovuto a titolo di restituzione di indebito (precisamente le somme corrisposte in eccedenza rispetto a quanto dovuto a titolo di equo canone): decorrono dalla domanda giudiziale o dai singoli pagamenti?

La Corte di legittimità, richiamando un principio recentemente statuito in Cass. n. 13424/15, ha chiarito che in tema di locazione di immobili urbani, qualora il conduttore abbia corrisposto a titolo di canone una somma maggiore rispetto a quella consentita dalla legge, trova applicazione, in riferimento alla domanda di restituzione delle somme corrisposte in eccedenza, la regola generale di cui all’art. 2033 c.c.gli interessi sulle somme da restituire decorrono quindi dal giorno della domanda giudiziale se l’accipiens era in buona fede e da quello del pagamento se era in mala fede.

In particolare, alla violazione della norma imperativa che stabilisce il canone per un immobile adibito ad uso di abitazione non consegue automaticamente la mala fede del locatore. Il conduttore ha dunque l’onere di dimostrare di essere stato indotto dal locatore alla corresponsione del canone in misura superiore a quella legale, nonostante la sua volontà contraria, a meno che la mala fede non emerga dalle circostanze di fatto.

Il caso in esame

Nel caso di specie, i rapporti tra le parti, così come ricostruiti nel corso del tempo, risalivano sin dal marzo 1988 e la Corte d’Appello aveva concluso per la mancanza di prova del deliberato intento dei locatori di eludere gli effetti legali e della costrizione del conduttore a corrispondere somme superiori al dovuto.

In particolare, ha escluso che il conduttore avesse dato prova di atti diretti a quest’ultimo fine. E con riguardo alla sua contestazione sul punto, la Corte di legittimità ha dichiarato il motivo inammissibile atteso che, pur denunciando la violazione di legge, in realtà si fonda esclusivamente su circostanze di fatto, onde superare la lacuna istruttoria constatata dal giudice d’appello.

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