Provvedimenti giurisdizionali interni: amministrativi o giurisdizionali?

Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 16784 del 2024, hanno affrontato la questione della natura dei provvedimenti giurisdizionali interni, analizzando se debbano essere considerati atti amministrativi o strettamente inerenti alla funzione giurisdizionale, con implicazioni fondamentali per l’autonomia del potere giudiziario.

Corte di Cassazione- Sez. Un. Civ.- ord. n. 16784 del 17-06-2024

La questione

Alcuni ricorrenti hanno presentato un ricorso al Tar Lazio contro un decreto dell’aprile 2023, emanato dalla Presidente della seconda sezione civile della Corte d’Appello di Roma.
I ricorrenti hanno contestato il rinvio e il ritardo nella fissazione dell’udienza, in relazione alla causa per il riconoscimento in Italia di una sentenza del 2012 della Southern District Court of New York, che condannava la Repubblica Islamica dell’Iran per i danni legati all’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
Hanno evidenziato che, nonostante il trasferimento del consigliere relatore e la parziale riassegnazione del suo ruolo, la causa è rimasta in uno stato di inattività. Il TAR del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, sostenendo che gli atti impugnati erano di gestione del processo e non amministrativi. Il Consiglio di Stato ha confermato questa decisione, affermando che tali atti sono interni all’organizzazione dell’ordine giudiziario e non soggetti al controllo del giudice amministrativo, trattandosi di atti preparatori e strumentali alla funzione giurisdizionale.

 Impugnazione della sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alle Sezioni Unite

La sentenza del Consiglio di Stato, confermando con diverse motivazioni la decisione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, è stata dichiarata inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione. Il Consiglio di Stato ha stabilito che gli atti impugnati, relativi alla formazione del ruolo e alla calendarizzazione delle cause e delle udienze, sono atti interni all’ordine giudiziario e di natura solo preparatoria e strumentale. Di conseguenza, essi si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo, in quanto atti di amministrazione del processo civile emanati da un organo giudiziario non soggetto a controlli esterni o gerarchie ministeriali, destinati a produrre effetti sulla gestione del singolo processo.

Il ricorso per cassazione contro la sentenza del Consiglio di Stato si basa su sette motivi. I ricorrenti hanno denunciato la violazione di varie norme presenti nel codice di procedura civile e amministrativo. In particolare, hanno contestato la qualificazione degli atti della Presidente di sezione della Corte d’appello di Roma come non riferibili all’esercizio del potere amministrativo, sostenendo che tali atti non sono di natura giurisdizionale ma amministrativa tali da incidere sui loro diritti. I ricorrenti hanno sostenuto  che la tutela giurisdizionale non potesse essere limitata, richiedendo, per questo motivo, un rinvio pregiudiziale alla CGUE per verificare la compatibilità dell’interpretazione delle norme italiane con il diritto unionale.

Riorganizzazione del ruolo

Il decreto della Presidente della seconda sezione della Corte d’appello di Roma ha introdotto una riorganizzazione necessaria per gestire il ruolo contenzioso vacante dal giugno 2022 a causa del trasferimento di un magistrato. L’intervento è stato motivato dalla previsione che il posto di consigliere della sezione sarebbe rimasto scoperto almeno fino a novembre 2023, rendendo indispensabile una rimodulazione delle udienze per evitare che i casi più vecchi subissero ulteriori ritardi rispetto a quelli più recenti.

La Presidente ha stabilito che i fascicoli non riassegnati sarebbero stati nuovamente fissati a partire dall’udienza del 21 novembre 2023, con un massimo di quattro o cinque casi per udienza, seguendo un rigoroso ordine cronologico a partire dal 2016, fino all’esaurimento del ruolo in tutte le udienze collegiali del martedì.

Natura provvedimenti giurisdizionali

Le Sezioni Unite della Corte sono state chiamate a stabilire se i provvedimenti giurisdizionali interni debbano essere considerati amministrativi o inerenti alla giurisdizione. Tale assunto è fondamentale poiché la qualificazione come atti amministrativi comporterebbe la loro sindacabilità giurisdizionale, come previsto dagli articoli 24 e 113 della Costituzione. Tuttavia, data la loro natura di atti organizzativi interni alla funzione giurisdizionale, essi dovrebbero essere considerati strettamente legati all’esercizio della giurisdizione stessa, sottolineando l’importanza dell’indipendenza del potere giudiziario e la sua autonomia organizzativa rispetto ad altre forme di controllo amministrativo.

La riorganizzazione del calendario delle udienze, necessaria dopo il trasferimento di un giudice, è strettamente connessa alla funzione giurisdizionale. Secondo gli ermellini, i poteri organizzativi dei capi degli uffici giudiziari non sono esercitati in modo arbitrario, ma seguono la disciplina tabellare stabilita dagli articoli 7-bis e 7-ter della legge sull’ordinamento giudiziario e dalle circolari del Consiglio Superiore della Magistratura.

In particolare, i capi degli uffici devono bilanciare la riduzione dell’arretrato con la qualità della giurisdizione, assicurando che le cause più rilevanti siano trattate in tempi ragionevoli. Il Consiglio di Stato ha stabilito che questi poteri sono intrinseci all’organizzazione giudiziaria e non possono essere sindacati dal giudice amministrativo, per evitare interferenze che potrebbero rallentare ulteriormente il processo. Eventuali contestazioni sulle decisioni organizzative devono essere risolte internamente, all’interno dell’ordine giudiziario, senza coinvolgere giurisdizioni esterne, garantendo così l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, come previsto dall’articolo 104 della Costituzione.

Provvedimenti necessari per garantire il più rapido svolgimento del procedimento

I giudici delle Sezioni Unite, nell’ordinanza, hanno sottolineato come  l’articolo 175 c.p.c. attribuisca al giudice non solo il potere, ma anche il dovere di adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire il più rapido svolgimento del procedimento. Ciò include, se del caso, l’anticipazione delle udienze fissate o rinviate ad altra data. Questo principio evidenzia la natura autorettificatrice del sistema processuale civile, che mira a garantire la tempestività delle decisioni di merito. Il giudice ha un ampio spettro di iniziative a sua disposizione, anche non specificamente previste dal codice, per apportare, in collaborazione con le parti, i correttivi necessari all’iter processuale, assicurando il rispetto del principio della ragionevole durata del processo e dell’effettività della giustizia.

L’efficienza del processo è un bene costituzionale che deve orientare le prassi applicative, garantendo che la rapidità sia realizzata nella misura del possibile, tenendo conto della complessità della causa, del carico di lavoro e delle risorse disponibili. La Costituzione, come fonte di diritto positivo, non solo consente, ma richiede la sua applicazione diretta, influenzando la cultura giuridica e orientando le prassi di giudici e avvocati. La ragionevole durata del processo, qualità intrinseca del giusto processo, si costruisce attraverso l’operato quotidiano dei giudici e dei difensori delle parti, che devono interpretare le attese delle persone e dar voce alla Costituzione.

Conclusioni

In conclusione, il diritto alla ragionevole durata del processo si configura come un elemento imprescindibile del giusto processo, sancito non solo dalla nostra Costituzione all’art. 111, ma anche dalla Corte di Strasburgo attraverso l’art. 6, par. 1, della CEDU. Le garanzie procedurali offerte dall’ordinamento italiano, come previsto dalla legge Pinto, e l’impegno a un’organizzazione giudiziaria efficiente e imparziale, sono fondamentali per evitare ritardi ingiustificati che potrebbero configurarsi come un vero e proprio diniego di giustizia. La presenza di rimedi preventivi e riparatori, così come l’adozione di misure disciplinari contro le negligenze, dimostrano l’efficacia del sistema nel tutelare i diritti dei cittadini. Il rigetto della questione di legittimità costituzionale, evidenziando l’assenza di un vuoto di tutela, conferma la coerenza delle misure esistenti con i principi costituzionali e con quelli dell’Unione Europea, garantendo così l’equità e l’efficacia del processo giuridico.

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