Promesse unilaterali atipiche: la dottrina sulla loro ammissibilità

in Giuricivile, 2018, 9 (ISSN 2532-201X)

Le promesse unilaterali sono comunemente qualificate quali negozi giuridici unilaterali con cui un soggetto promette una determinata prestazione ad un altro soggetto specifico ovvero al pubblico e si vincola senza che sia necessaria l’accettazione del destinatario. Esse, cioè, ai sensi dell’art. 1334 c.c., si perfezionano non appena giunte a conoscenza del destinatario, a prescindere da una sua accettazione.

La promessa, più chiaramente, rientra tra quegli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità all’ordinamento giuridico ex 1173 c.c. ed è, cioè, fonte di obbligazione giuridicamente rilevante.

Si definiscono promesse unilaterali poiché impegnano solo il dichiarante creando obblighi in capo a quest’ultimo e a favore del promissario.

Si ritiene che il promittente sia vincolato perché vuole obbligarsi (dogma della volontà), ma più attenta soluzione ritiene che il promittente è obbligato non tanto perché lo vuole, ma anche e soprattutto perché la sua dichiarazione promissoria ha creato degli affidamenti che devono necessariamente essere tutelati.

Il legislatore, però, ha imposto la tipicità delle promesse unilaterali: ai sensi dell’art. 1987 c.c. la promessa unilaterale non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge, con la duplice finalità di tutelare l’intangibilità della sfera giuridica del promissario per il quale la fattispecie si perfeziona senza necessità di accettazione, e al fine di individuare una giustificazione casale tale da sorreggere l’assunzione dell’obbligo da parte del solo dichiarante.

Più di recente, però, si è assistiti ad un parziale superamento di tale originaria concezione ammettendosi nel nostro ordinamento promesse unilaterali atipiche, chiamando in causa il principio di atipicità delle fonti delle obbligazioni (art. 1173 c.c.) o sul disposto dell’art. 1333 c.c. (contratto con obbligazioni a favore del solo proponente).

La dottrina contraria all’ammissibilità delle promesse unilaterali atipiche

Da quanto detto è chiaro che diversa è stata l’interpretazione del principio di tipicità delle promesse unilaterali nel corso degli anni.

La dottrina tradizionale ha inteso la portata della norma nel senso della rigorosa tipicità delle promesse unilaterali, in contrapposizione all’atipicità del contratto ex 1322 co 2 c.c.

Secondo questa teoria i negozi unilaterali sarebbero ammissibili solo in via eccezionale previa copertura legislativa esplicita.

  1. A sostegno si osserva che poiché l’ordinamento ai fini del perfezionamento del contratto prevede l’incontro di due manifestazioni di volontà (proposta e accettazione, ancorchè tacita ex 1333 c.c. ) ciò implica che una delle due non sia da sola sufficiente a produrre l’obbligo.
  2. Si afferma che la promessa, come afferma il brocardo “promitto quia promitto” produce un effetto obbligatorio che prescinde da una giustificazione causale con un conseguente vulnus al principio causalistico ex 1325 c.c. Le ipotesi di promesse unilaterali tipizzate individuano tutte un problema in relazione alla causa che o appare sfumata (promessa al pubblico ex art. 1989 c.c.) o risulta astratta sotto il profilo sostanziale ( titoli di credito ex artt. 1992 c.c.) o, ancora, produce un’astrazione sul piano processuale (promessa di pagamento e ricognizione del debito ex art. 1988 c.c.)
  3. Ulteriore argomento fa leva sulla forma, poiché si afferma che ammettere le promesse unilaterali atipiche comporterebbe una agevole eludibilità delle norme che stabiliscono forme rigide per la donazione : promettendo una prestazione gratuitamente è possibile raggiungere, con il negozio unilaterale che non è sottoposto alla forma dell’atto pubblico, gli stessi effetti per i quali l’ordinamento richiede un contratto di donazione sottoposto a particolari requisiti formali, con il rischio di innescare spostamenti patrimoniali ingiustificati.
  4. Altro argomento si ricava dalla intangibilità della sfera giuridica altrui (il 1333 sarebbe inteso in forma bilaterale )

Dagli argomenti esposti si ricava che le promesse rese al di fuori dei tipi di legge devono reputarsi nulle per violazione del principio di ordine pubblico ex 1987 c.c. e quindi non obbligatorie.

Le critiche al principio di tipicità: la tesi favorevole all’ammissibilità delle promesse unilaterali atipiche

Il principio di tipicità previsto dall’art. 1987 c.c. così come interpretato da dottrina tradizionale ha subito, però, una serie di critiche che hanno indotto parte della dottrina e della giurisprudenza più recenti a rileggere la norma alla luce del principio di autonomia privata.

I sostenitori della tesi opposta chiariscono che l’idea di centralità del contratto quale incontro reale di consensi è stata largamente superata insieme al dogma della volontà che storicamente la giustificava.

Contratto non più come frutto dell’incontro di volontà reali, ma come il portato della congruenza apparente delle dichiarazioni in conformità al principio di affidamento, cosicché anche una fattispecie diversa dal contratto, in cui non c’è consenso, ma c’è una seria volontà di obbligarsi, può essere idonea a produrre effetto obbligatorio;

  1. quanto all’intangibilità della sfera dei terzi si ammette pacificamente che la stessa può essere modificata unilateralmente ove si tratti di effetti favorevoli semplici che non ingenerano depauperamento. L’intangibilità della sfera giuridica in questi casi è garantita non dalla richiesta del consenso preventivo, ma dalla possibilità di rifiuto successivo (abdicativo) che risolve un effetto già prodottosi.
    Si modellano secondo questo schema le fattispecie di cui al 1411, 1333, la remissione del debito e la donazione obnunziale: negozi unilaterali che producono il loro effetto senza il consenso del soggetto che risulta avvantaggiato e fermo il diritto di opporre rifiuto da parte del destinatario;
  2. per superare la tesi che afferma la mancanza di causa nelle promesse si legge in combinato disposto gli artt. 1321, 1322, 1324 e 1325 c.c. : l’art 1324 c.c. enuncia una regola di carattere generale per la quale i negozi unilaterali sono assoggettati alle stesse regole dei contratti.
    Tra queste l’art. 1325 c.c. che disciplina la causa e l’art. 1322 che prevede contratti atipici.
  3. conferma si ricava dal 1333 c.c. che una cospicua parte della dottrina riconduce ad una promessa individualizzata che produce un vincolo obbligatorio ( se non addirittura reale) il cui inserimento nella disciplina dei contratti si giustifica proprio per la necessità di sottoporre le promesse a controllo causale di stampo contrattuale. In particolare, tale orientamento considera l’art. 1987 c.c. come norma di mero rinvio volta ad affermare la necessità di una causa anche per le promesse unilaterali.
  4. anche l’argomento formale non persuade. Se questi negozi sono regolati dalle norme sui contratti è allora chiaro che ove producano effetti assimilabili a quelli dell’art. 1350 c.c. sarà necessaria la forma scritta a pena di nullità. Lo schema non sarà utilizzabile per un intento di liberalità per il quale si richiederà la forma dell’atto pubblico contrattuale.

Si afferma che per le promesse individualizzate, la tipicità non va intesa come rinvio ad un tipo, ma ad uno schema generale di formazione e regolazione che è quello incarnato dall’art. 1333 c.c.

Le promesse unilaterali possono anche essere atipiche purché perseguano un interesse meritevole di tutela in base al combinato disposto degli artt. 1322 e 1333 c.c.

Ammessa la causa anche per le promesse unilaterali il problema è comprendere come si svolge l’accertamento del requisito causale delle promesse vincolanti: mentre nei contratti esistono una serie di elementi che consentono di accedere ad una presunzione di causalità (consenso, controprestazione, previsione legale per i contratti tipici), nelle promesse la mancanza di questi elementi comporta che l’esistenza della causa debba essere necessariamente provata, non essendo possibile alcuna presunzione.

  1. per alcuni è necessaria l’expressio causae nelle promesse unilaterali
  2. per impostazione maggioritaria si applicano anche qui le regole dell’interpretazione del contratto ex 1324 c.c. dovendosi valutare la ragione concreta del negozio e la sua idoneità a giustificare l’operazione.

 

Redattore di manuali per la preparazione post – universitaria in materia di diritto civile e diritto amministrativo. Coordinatore e revisore scientifico di opere collettanee in materia di diritto civile e societario, diritto penale e diritto amministrativo. Ha conseguito il diploma di SSPL ed è laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II con tesi in diritto processuale civile su “La rimessione in termini nel processo civile”.

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