La previdenza complementare non presenta le stesse tutele giuridiche della previdenza obbligatoria.
In particolare, nell’ipotesi di omissione del versamento dei contributi previdenziali, mentre per la previdenza obbligatoria è prevista la riscossione coattiva degli enti previdenziali tramite ruolo (addirittura con l’avviso di addebito notificato dall’Inps che ha valore di titolo esecutivo), tali modalità non sono applicabili alla previdenza complementare.
Tale circostanza ha fatto sorgere diverse problematiche, soprattutto quando vi è la necessità di individuare le azioni che il lavoratore può esperire in caso di inadempimento del proprio datore di lavoro al versamento dei contributi.
L’azione giudiziale per ottenere il versamento dei contributi previdenziali omessi
Il D.lgs. n. 225/2015 non prevede la contitolarità tra il lavoratore ed i Fondi pensionistici nelle controversie aventi ad oggetto i contributi omessi.
Anzi la predetta normativa, pur disciplinando le forme pensionistiche complementari in maniera dettagliata, non indica quale sia il soggetto titolare del credito di previdenza complementare.
I fondi previdenziali privati, scelti dal lavoratore, in caso di inadempimento non sono quindi legittimati a far valere autonomamente i diritti dei propri iscritti nei confronti dei datori di lavoro.
Pertanto qualora sussistano inadempienze nel versamento dei contributi, i Fondi previdenziali privati possono solamente avvisare i lavoratori, ma non possono agire giudizialmente nei confronti dei datori di lavoro per il versamento dei contributi omessi.
La giurisprudenza ha quindi dovuto sopperire a tale omissione normativa.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che sia il lavoratore l’unico soggetto legittimato attivamente ad esperire un’azione giudiziale volta ad ottenere il versamento dei contributi previdenziali omessi in favore del Fondo di previdenza complementare.
Partecipazione necessaria del Fondo pensionistico al giudizio
La peculiarità dell’azione del dipendente consiste nella necessaria chiamata in causa, oltre che ovviamente del datore di lavoro, anche del Fondo Complementare, in quanto legittimato passivo a ricevere la corresponsione dei contributi previdenziali omessi dal datore di lavoro.
Nel nostro ordinamento difatti sono esclusi i provvedimenti nei confronti di terzi non evocati in giudizio.
Pertanto per ottenere la condanna del datore di lavoro di corresponsione al pagamento dei contributi previdenziali è necessario che il Fondo pensionistico sia parte del giudizio.
L’interesse del lavoratore, in tali circostanze, è connesso al diritto di credito in capo al Fondo previdenziale, sia “geneticamente”, perché nascente dal medesimo fatto che a quello dà origine, ovvero il modulo di adesione ai Fondi complementari di previdenza sottoscritto dalle parti, sia funzionalmente, poiché l’adempimento del debito contributivo comporta il soddisfacimento del diritto del lavoratore alla regolarizzazione della propria posizione contributiva.
In una circostanza di continua omissione dei versamenti da parte del datore di lavoro, l’interesse al versamento dei contributi previdenziali integra un diritto soggettivo alla posizione assicurativa, con relativa facoltà da parte del lavoratore di chiedere in giudizio l’accertamento dell’obbligo contributivo del datore di lavoro e sentirlo condannare al versamento dei contributi nei confronti dell’Ente previdenziale.
Ciò premesso, attesa la carenza di legittimazione attiva dei Fondi di previdenza complementare, è il lavoratore in proprio, che deve esperire un’azione giudiziale nei confronti del proprio datore di lavoro e del Fondo di Previdenza complementare al fine di veder condannato il primo al versamento dei contributi previdenziali omessi nei confronti del Fondo, al quale il lavoratore aveva aderito.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 10489/2016, in accoglimento del ricorso esperito dal lavoratore, in detta fattispecie ha condannato il datore di lavoro inadempiente al versamento delle somme previdenziali omesse nei confronti del Fondo previdenziale.
In particolare il Giudice ha ritenuto sussistente “la legittimazione attiva del ricorrente ad agire in giudizio al fine di ottenere dal proprio datore di lavoro il versamento delle somme trattenute al Fondo di previdenza complementare, secondo gli accordi intercorsi tra le parti”.
Tale pronuncia, che si colloca oramai in un costante orientamento giurisprudenziale, garantisce al lavoratore la possibilità concreta di veder tutelati i propri diritti relativi alle omissioni dei versamenti previdenziali da parte del datore di lavoro, in un contesto, quello della previdenza complementare, oramai connotato dalla sempre più frequente “paralisi” dei versamenti contributivi da parte delle aziende, con pluriennali ritardi nella corresponsione di tali contributi e ingenti danni patrimoniali nei confronti dei lavoratori.
Egregio avvocato,
l’ azienda con cui lavoravo è fallita nel 2015 e non ha versato i contributi al fondo cometa dal 2010 al 2013.
Dallo stato passivo mi viene riconosciuto tutto il montante del fondo pari a 23.000 euro, non tenendo conto degli acconti già erogatimi dal fondo stesso, mentre i contributi omessi sono circa 4.500 euro. Come va impostato il mod. sr95 vista la differenza tra “ammesso stato passivo” e ” realmente spettante”?
Grazie
Giuseppe Improta