
La Prima Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 19174 del 12 luglio 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), affronta una questione delicata e ricorrente nella prassi delle procedure concorsuali: il diritto al compenso del professionista che assiste una società in stato di crisi, nel periodo compreso tra l’avvio del percorso di concordato e l’effettivo accesso alla procedura. L’ordinanza ruota attorno ai presupposti per l’ammissione al passivo, alle condizioni per la validità del mandato professionale e alla responsabilità per atti pregiudizievoli posti in essere dal professionista. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.
Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito
Aggiornato al terzo decreto correttivo del CCII (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), il volume, giunto alla sua II edizione, propone un’ampia ricognizione delle rilevanti novità normative e del panorama giurisprudenziale sul tema della crisi da sovraindebitamento. Sono raccolti diversi casi giudiziari riguardanti piani, omologati e non, ove emergono gli orientamenti dei vari fori e le problematiche applicative della normativa di riferimento. Il taglio pratico rende l’opera uno strumento utile per il professionista – gli organismi di composizione e i gestori della crisi, gli advisor e i liquidatori – al fine di offrire un supporto nelle criticità e i dubbi che possano sorgere nella predisposizione del Piano.
Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
Leggi descrizione
Monica Mandico, 2025, Maggioli Editore
68.00 €
64.60 €

Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito
Aggiornato al terzo decreto correttivo del CCII (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), il volume, giunto alla sua II edizione, propone un’ampia ricognizione delle rilevanti novità normative e del panorama giurisprudenziale sul tema della crisi da sovraindebitamento. Sono raccolti diversi casi giudiziari riguardanti piani, omologati e non, ove emergono gli orientamenti dei vari fori e le problematiche applicative della normativa di riferimento. Il taglio pratico rende l’opera uno strumento utile per il professionista – gli organismi di composizione e i gestori della crisi, gli advisor e i liquidatori – al fine di offrire un supporto nelle criticità e i dubbi che possano sorgere nella predisposizione del Piano.
Monica Mandico
Avvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.
Il caso
Un commercialista aveva prestato attività di assistenza in favore di una società in crisi, supportandola nella predisposizione della domanda di ammissione al concordato preventivo. Nel periodo successivo al deposito del ricorso e antecedente alla decisione sull’ammissione, il professionista aveva assistito la società anche nell’esecuzione di una serie di pagamenti rilevanti in favore di creditori anteriori, per oltre 1,7 milioni di euro, nonostante il vincolo di sospensione previsto dagli articoli 168 e 182-ter della legge fallimentare.
L’intervenuto fallimento della società aveva in seguito condotto il professionista a domandare l’ammissione del proprio credito al passivo. La domanda era stata rigettata tanto dal giudice delegato quanto dal tribunale, che avevano ravvisato gravi profili di irregolarità nella condotta del professionista, con particolare riguardo alla consapevolezza – o quanto meno colpevole ignoranza – della necessità di autorizzazione per procedere a quei pagamenti.
I motivi di ricorso: la questione del compenso
Il professionista ha presentato ricorso in Cassazione articolando più motivi di doglianza. In particolare, ha denunciato la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 1269 c.c., lamentando che il tribunale avesse erroneamente escluso il proprio diritto al compenso nonostante l’effettivo svolgimento della prestazione richiesta, e senza adeguatamente considerare il mandato ricevuto e il comportamento tenuto dal committente.
La critica più rilevante ha riguardato la decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto il professionista consapevole – o comunque negligente – rispetto alla necessità di munirsi di preventiva autorizzazione del tribunale per procedere ai pagamenti eseguiti. A giudizio del ricorrente, la condotta tenuta rientrava nelle attribuzioni proprie dell’incarico professionale e non avrebbe potuto comportare, di per sé, la perdita del diritto al compenso.
Potrebbero interessarti anche:
Le valutazioni della Corte: obblighi di diligenza e confini dell’incarico
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del rigetto della domanda di ammissione al passivo, aderendo alla motivazione del tribunale di merito. In particolare, ha ricordato che:
-
il diritto del professionista al compenso, sebbene autonomamente tutelabile, non sussiste se l’attività svolta è viziata da inadempimento degli obblighi di diligenza e correttezza imposti dal contratto (art. 1176 c.c.);
-
in materia concorsuale, il professionista chiamato ad assistere l’imprenditore nell’accesso al concordato preventivo deve astenersi dal compiere atti che possano pregiudicare la par condicio creditorum;
-
l’esecuzione di pagamenti preferenziali successivi al deposito della domanda di concordato, senza le autorizzazioni prescritte, costituisce violazione grave degli obblighi assunti.
In questo senso, l’ordinanza richiama un orientamento consolidato secondo cui l’attività del professionista in fase preconcorsuale non è neutra, ma può incidere sull’integrità del patrimonio del debitore e sulla tutela dei creditori. Pertanto, ogni condotta suscettibile di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione espone il professionista a responsabilità.
Il mancato raggiungimento del risultato esclude il diritto al compenso?
La Corte ha anche chiarito che le obbligazioni del professionista sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato. Tuttavia, la condotta dell’incaricato deve essere coerente con il mandato ricevuto, informata alla diligenza qualificata ex art. 1176, co. 2, c.c., e attenta a evitare atti (anche del cliente) potenzialmente idonei a compromettere l’esito del procedimento.
La Suprema Corte, in particolare, ha ritenuto che l’esecuzione di pagamenti senza le necessarie autorizzazioni, in un contesto in cui il professionista era tenuto a vigilare con rigore sulle conseguenze giuridiche degli atti del debitore, costituisse un comportamento incompatibile con il diritto al compenso. In tali circostante, il professionista non può invocare la mera esecuzione dell’incarico come fonte del proprio credito.
Conclusioni
L’ordinanza n. 19174/2025 conferma un principio di rilevanza sistemica per l’attività dei professionisti incaricati nella fase preconcorsuale: il diritto al compenso non è scollegato dalla qualità della condotta. La diligenza richiesta non si esaurisce nella conoscenza delle norme, ma si estende all’adozione di comportamenti coerenti con la funzione ordinante della procedura concorsuale. Il professionista non è responsabile per il fallimento dell’obiettivo del concordato, ma lo diventa se con la propria condotta contribuisce, anche indirettamente, a pregiudicare la par condicio creditorum.
Formazione in materia
Il corso online in diretta, di Formazione Maggioli, “Crisi di impresa e composizione negoziata 2025″, si rivolge ad avvocati, commercialisti, consulenti d’impresa, funzionari di banca, esperti nella gestione della crisi e giuristi d’impresa, ed esamina il funzionamento della composizione negoziata con un taglio operativo. Verranno analizzati i ruoli dell’esperto, del giudice, delle banche e del fisco nei percorsi di risanamento della crisi d’impresa. L’obiettivo è quello di fornire strumenti concreti per la gestione della crisi, con un focus sulle misure protettive e autorizzatorie, le interazioni con il tribunale e le possibili soluzioni al termine delle trattative. <<<scopri di più e iscriviti qui>>>