La Corte Costituzionale, con sentenza n. 32 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 2952, comma secondo, c.c., che imponeva un limite per la prescrizione biennale dei diritti derivanti da contratti di assicurazione sulla vita, sollevando questioni di legittimità costituzionale per difetto di ragionevolezza e protezione del risparmio secondo i parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 47 della Costituzione.
Corte costituzionale-sent. n. 32 del 29-02-2024
La vicenda
La Corte d’Appello di Firenze, con ordinanza n. 103 del 2023, ha sollevato, con riferimento agli artt. 3 e 47 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 2952, comma secondo, c.c., nella parte in cui prevede un termine di prescrizione biennale per far valere i diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita.
Il giudice rimettente ha premesso che un padre aveva stipulato con la società Poste Vita S.p.A. un contratto di assicurazione sulla vita, indicando il figlio come beneficiario, e che tale contratto è stato modificato nel 2009 con una nuova polizza. Alla morte del padre, il figlio ha comunicato l’impossibilità di dar seguito alla richiesta, invocando il termine di prescrizione biennale. Per questi motivi, egli aveva presentato un ricorso al Tribunale ordinario di Lucca con la richiesta di nullità del contratto originario e la liquidazione degli importanti spettanti, ma il giudice di prime cure dichiarò con sentenza la nullità del primo contratto e dall’altro l’inefficacia del secondo contratto in quanto traeva origine da una novazione di un’obbligazione avente la sua fonte in un contratto invalido. Poste vita s.p.a. ha presentato appello contro la sentenza, al quale si è opposto il figlio, e nel corso del giudizio la Corte d’Appello di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2952, secondo comma c.c.
Q.L.C. sul termine di prescrizione biennale
La questione di legittimità costituzionale riguarda l’art. 2952, comma secondo, c.c., che stabiliva un termine di prescrizione biennale per far valere i diritti derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita, questione ritenuta critica in relazione ai parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 47 Cost.
Secondo il giudice rimettente, la normativa contestata presenta profili di irragionevolezza in grado di ledere la tutela del risparmio.
In particolare, il breve termine di prescrizione per le polizze vita risulta irragionevole in quanto impedisce efficacemente l’esercizio dei diritti dei beneficiari, specie in caso di decesso dell’assicurato.
La Corte d’Appello di Firenze ha osservato che, durante il periodo di validità della disposizione, le assicurazioni non erano tenute a informare i beneficiari della polizza. Inoltre, l’obbligo imposto alle società di assicurazioni di devolvere le somme non richieste al fondo dei “rapporti dormienti” impediva loro di effettuare il pagamento degli importi dovuti senza poter eccepire la prescrizione.
Il giudice distrettuale rimettente ha criticato siffatto meccanismo che sembrava favorire un “esproprio” a favore di un fondo statale, danneggiando, così, i diritti dei beneficiari delle polizze vita e in netta contraddizione con la speciale protezione offerta dal legislatore per tutelare il risparmio previdenziale.
L’attuale norma di cui all’art. 2952 comma secondo, c.c. prevede un termine di prescrizione biennale per i diritti derivanti dai contratti di assicurazione, comprese la polizza vita. Tuttavia, il giudice ha manifestato che tale durata potrebbe risultare inadeguata per l’importanza delle polizze vita come strumento di risparmio previdenziale. Per questi motivi, il giudice ha chiesto una dichiarazione d’illegittimità costituzionale al fine di estendere il termine di prescrizione decennale anche ai contratti derivanti dalle polizze vita.
Fondatezza e ragionevolezza delle Q.L.C.
La Corte Costituzionale ha chiarito la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale partendo dalla ragionevolezza del termine triennale per rivendicare le prestazioni assicurative dall’INAIL. Una simile decisione è stata basata, secondo il giudice delle Leggi, sulla necessità di un’indagine tempestiva sui fatti, dal momento che il ritardo avrebbe potuto compromettere la raccolta di prove necessarie per stabilire il nesso di causalità tra l’evento e la malattia.
Però, ha osservato che una simile logica non può essere applicata con riferimento all’assicurazione sulla vita in quanto funge principalmente da strumento di risparmio legato alla durata della vita dell’assicurato. Inoltre, per molto tempo e fino al 2018, le compagnie assicurative non erano obbligate a verificare se gli assicurati fossero ancora in vita e per l’effetto non avevano un formale obbligo informativo nei confronti dei beneficiari.
Tuttavia, l’introduzione di tale obbligo non può comunque, a parere dei giudici costituzionali, costituire una valida giustificazione per un termine breve di prescrizione per le polizze vita.
Inoltre, la Corte Costituzionale ha ulteriormente chiarito la questione relativa al coordinamento sistematico dell’art. 2952 comma 2 c.c. e della norma che stabilisce la devoluzione al fondo dei rapporti “dormienti” delle somme non reclamate entro il termine di prescrizione, come stabilito dall’art. 1, comma 3, della l. n. 266 del 2005.
In particolare, l’intervento legislativo che ha modificato il termine di prescrizione degli “altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione” da uno a due anni, in contemporanea all’introduzione dell’come stabilito dall’articolo 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005, ha reso la questione più intricata. Prima di questa modifica, nonostante il termine di prescrizione fosse già breve nel caso del contratto di assicurazione, era stata adottata una prassi che garantiva la tutela dei beneficiari. Le imprese assicurative provvedevano alla prestazione entro dieci anni dalla morte dell’assicurato o dalla scadenza del contratto, anche in caso di richieste non tempestive.
In seguito all’obbligo introdotto successivamente di devolvere le somme non richieste al fondo dei rapporti “dormienti”, le imprese sono state indotte a sollevare l’eccezione di prescrizione. Ciò ha avuto come conseguenza il fatto che i beneficiari non potessero più fare affidamento sulla tutela offerta dall’articolo 2940 c.c., il quale stabilisce l’esclusione della ripetizione dei debiti prescritti e spontaneamente adempiuti.
In conclusione, la Corte Costituzionale ha evidenziato che l’art. 2952 comma 2, c.c., oltre a violare l’art. 3 Cost. che sancisce il principio di ragionevolezza, entra in collisione con l’art. 47 Cost., che garantisce la tutela del risparmio in tutte le sue forme. Tale norma sacrifica i diritti derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita. I giudici hanno sottolineato che, nonostante l’obbligo dell’assicuratore di pagare un capitale o una rendita in caso di evento legato alla vita umana, la funzione primaria di questa tipologia contrattuale è quella di preservare il risparmio in funzione previdenziale e di operare una capitalizzazione correlata al rischio demografico. La tutela del risparmio deve essere ragionevolmente bilanciata e non irragionevolmente compressa.
Conclusione
In definitiva, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’articolo 2952, secondo comma, c.c. come modificato dall’arti. 3, comma 2-ter, del d.l. n. 134 del 28 agosto 2008 e precedente alla sostituzione con l’art. 22, comma 14, del d.l. n. 179 del 18 ottobre 2012, è costituzionalmente illegittimo. Questo perché non esclude dalla prescrizione biennale i diritti derivanti dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali invece dovrebbe valere la prescrizione decennale.
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Ultimo aggiornamento al Decreto PNRR-bis, D.L. 19/2024 convertito in L. 56/2024
Lucilla Nigro
Autore di formulari giuridici, unitamente al padre avv. Benito Nigro, dall’anno 1990. Avvocato cassazionista, Mediatore civile e Giudice ausiliario presso la Corte di Appello di Napoli, sino al dicembre 2022.