Potere purgativo del giudice delegato nell’ambito della legge fallimentare: analisi delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite, con una recente sentenza n. 7337 del 2024, hanno chiarito il significato e l’applicazione del potere purgativo del giudice delegato all’interno della legge fallimentare. 

Corte di Cassazione- Sez.Un. Civ.-sent. n. 7337 del 19-03-2024

La questione

Il caso al centro della controversia risolto dalle Sezioni Unite riguardava un reclamo contro una un decreto emesso dal giudice delegato al fallimento di una società cooperativa edilizia in liquidazione. La decisione contenuta nel decreto permetteva al curatore di subentrare in un contratto preliminare che prevedeva l’assegnazione di una parte di un immobile a un socio, mentre stabiliva anche la cancellazione dei gravami insistenti sul bene, tra cui un’ipoteca iscritta a favore della Banca popolare di Milano. Pertanto, la cessionaria del credito garantito contestò nel suo reclamo l’applicabilità dell’art. 108, secondo comma, della l. fallimentare, sostenendo che si trattasse di atto privatistico anziché di una vendita forzata, in quanto il subentro del curatore nel contratto preliminare non costituiva un’azione coattiva bensì un atto derivato dalla legge.

I motivi di ricorso

Il ricorrente ha presentato un ricorso denunciando la violazione degli artt. 72 e 108 della l. fall., nonché degli artt. 2645-bis, 2808, 2878 e 2882 c.c., impugnando la decisione del giudice di prime cure da un lato, per la qualificazione del contratto definitivo concluso dal curatore in esecuzione del preliminare trascritto ex art. 72 della l.fall., come vendita concorsuale ai fini dell’art. 108 della stessa legge; dall’altro, per la presunta prevalenza del diritto del promissario acquirente rispetto al creditore ipotecario.
Sotto il primo aspetto, il ricorrente ha dedotto che l’art. 108 della l. fall. rientri nel nucleo della liquidazione dell’attivo, mentre la trascrizione del preliminare, con i relativi effetti prenotativi, esclude che il bene oggetto del preliminare entri nella massa attiva concorsuale dopo la stipula del contratto definitivo.
Dal secondo punto di vista, il ricorrente ha sottolineato che la tutela del promissario acquirente rispetto al creditore ipotecario fosse stata già garantita dall’istituto della pubblicità immobiliare e dalla possibilità di conoscere gli oneri che gravavano sul bene.
In base a queste considerazioni, le censure del ricorrente hanno evidenziato che l’interpretazione fornita dal giudice di prime cure hanno comportato una sostanziale soppressione del diritto di sequela del creditore ipotecario previsto dall’art. 2808 c.c.
In definitiva, la questione ha riguardato la qualificazione della modalità di alienazione verificatasi dopo il subentro del curatore nel contratto preliminare di vendita di un immobile destinato ad abitazione del promissario acquirente, trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c.

Contrasto interpretativo sull’applicazione dell’art. 108 della l. fall.

Le Sezioni Unite hanno precisato che il privilegio speciale sui crediti del promissario acquirente, derivanti dall’inadempienza del contratto preliminare trascritto, è soggetto a una forma particolare di pubblicità costitutiva e non segue la regola generale di prevalenza del privilegio sull’ipoteca. Nel caso in cui il curatore del fallimento della società costruttrice scelga di sciogliere il contratto preliminare, il credito privilegiato del promissario acquirente, sebbene privilegiato, è subordinato a quello del creditore ipotecario che ha iscritto un’ipoteca sull’immobile prima della trascrizione del preliminare.
Per quanto riguarda i contratti preliminari relativi a immobili destinati ad abitazione principale dell’acquirente o ad uso non abitativo per la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente, il curatore non ha l’opzione di scegliere se subentrare nel contratto o sciogliersi dallo stesso. È invece obbligato per legge ad assumere gli obblighi e dare esecuzione al contratto.
Sul punto, le Sezioni unite hanno ammesso l’esistenza di un contrasto da parte della giurisprudenza di merito che di legittimità che, di riflesso, ha coinvolto la dottrina sulla finalità favorevole dell’art. 72, ultimo comma della l. fallimentare, atta a garantire una tutela speciale al diritto di proprietà del promissario acquirente.
Nel caso di specie, il Tribunale di Monza ha adottato un orientamento che qualifica le vendite attuate con natura coattiva nell’ambito di una procedura concorsuale, come vendite concorsuale soggette all’efficacia purgativa. In base a questa prospettiva, la vendita immobiliare fatta in esecuzione del contratto preliminare trascritto diviene una vendita concorsuale per effetto dell’art. 108 della l. fall., poiché è disposta dal curatore fallimentare con l’autorizzazione del comitato dei creditori. Tale orientamento ha trovato conforto in una sentenza della Prima Sezione civile della Corte di Cassazione che ha affermato l’applicazione dell’art. 108 della l.fall. anche alle vendite attuate in forma contrattuale, con la cancellazione dei diritti di prelazione e l’ammissione del creditore ipotecario al concorso sul prezzo pagato. Siffatto principio si basava sul fatto che la vendita fallimentare, sebbene non avvenuta tramite esecuzione coattiva, rientrasse comunque nel perimetro dell’art. 108 l. f.
Tuttavia, si è registrato un contrasto con un’altra decisione assunta sempre dalla prima sezione civile della Cassazione, che ha riguardato l’assegnazione di un immobile al socio di una cooperativa in esecuzione di un piano gestionale per ultimare gli alloggi incompiuti. In questa decisione, si è sostenuto che l’effetto purgativo dell’art. 108 della l.fall. si applica solo quando la vendita avviene attraverso la procedura competitiva a evidenza pubblica, non invece, quando è il risultato della continuazione dell’attività imprenditoriale.
Le Sezioni Unite hanno affermato che il contrasto giurisprudenziale vada risolto affermando il principio secondo cui nell’ambito della legge fallimentare, il giudice delegato ha il potere purgativo in stretta relazione con l’espletamento della liquidazione concorsuale dell’attivo. Questo potere si esercita nel rispetto del principio di legalità nell’interesse esclusivo dei creditori. È stato chiarito che l’art. 108 della l. fall. non si applica quando il curatore agisce come sostituto del fallito nell’adempiere agli obblighi contrattuali derivanti da un preliminare di vendita.

Le argomentazioni delle Sezioni Unite sul potere purgativo

Prima della riforma del 2006, l’art. 108 l. fall. non consentiva vendite private, ma solo vendite forzate, con o senza incanto. Con la riforma del 2006-2007, si è confermato che le vendite mantengono la loro natura esecutiva, anche nella fase esecutiva del concordato con cessione dei beni, che è assimilata alla procedura fallimentare. Le funzioni del liquidatore concordatario sono state equiparate a quelle del curatore fallimentare, confermando la correlazione tra le due procedure.
Dopo la riforma del 2006, l’art. 107della l. fall. ha ridefinito le “Modalità delle vendite”, limitando i rinvii al processo esecutivo del codice di procedura civile. Ora, l’art. 107 della l. fall. stabilisce tre modalità di vendita:

  • Dal curatore tramite procedure competitive;
  • Dal giudice delegato in base alle disposizioni normative del codice di procedura civile;
  • In base alle disposizioni del codice di procedura civile se il curatore decide di subentrare nelle procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di fallimento.

Inoltre, l’argomento normativo sostenuto dalla relazione ministeriale illustrativa aveva confermato che, nonostante le modifiche, l‘effetto purgativo delle vendite forzate costitutiva una caratteristica fondamentale, eliminando i rinvii al processo esecutivo individuale.
Dunque, l’orientamento che estende il potere purgativo del giudice delegato di ordinare la cancellazione di ipoteche e vincoli riguarda le vendite effettuate dal curatore in adempimento del preliminare stipulato dal fallito. Questo orientamento si basa sulla similitudine tra l’atto di vendita eseguito dal curatore e una vendita forzata, poiché entrambi implicano la presenza del curatore che agisce nell’interesse del fallimento.
Questa conclusione non è condivisibile a parere delle Sezioni Unite in quanto il curatore, nell’adempimento di un preliminare precedentemente stipulato dal fallito, ha compiuto un atto di vendita che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non ha assunto né la natura coattiva tipica delle vendite esecutive, né ha svolto una funzione di liquidazione dell’attivo fallimentare.
Infatti, secondo quanto stabilito dall’articolo 72, comma ottavo, della legge fallimentare, il curatore ha subentrato nel contratto preliminare assumendosi tutti gli obblighi correlati. Tuttavia, questo subentro obbligatorio per legge non ha trasformato l’atto di vendita in un processo di liquidazione dell’attivo concorsuale, ma ha rappresentato piuttosto un adempimento degli obblighi contrattuali preesistenti.
L’obiettivo principale della procedura di vendita declinata dall’art. 107 della l. fall. è stata quella di garantire una migliore soddisfazione dei creditori, rendendo necessaria l’adozione di procedure competitive.
La procedura competitiva, secondo la giurisprudenza consolidata, non è più vincolata a schemi rigidi, bensì si basa su elementi ritenuti fondamentali per garantire trasparenza e uguaglianza tra gli offerenti come la stima dell’oggetto, la pubblicità dell’asta e la possibilità di partecipare alla gara.
Per ottenere l’effetto purgativo, la vendita deve seguire regole stabilite dall’art. 107 della l. fall. solo così può essere considerata un atto di liquidazione dell’attivo fallimentare, come richiesto dal programma di liquidazione e dalla legge. Successivamente, l’art. 108 prevede che una volta incassato l’intero prezzo, il giudice delegato emetta un decreto per cancellare i vincoli sul bene.

Il ruolo dell’art. 173 del Codice della Crisi D’impresa

Il tribunale di Monza, seguendo la linea della giurisprudenza di merito, ha evidenziato la disciplina dell’articolo 173 del Codice della Crisi d’impresa, che consente al giudice delegato di cancellare iscrizioni pregiudizievoli nei casi di subentro del curatore in un preliminare di vendita.
Secondo le Sezioni Unite, quando il tribunale di Monza ha fatto riferimento all’articolo 173 del codice della Crisi d’impresa, sembrava suggerire una soluzione chiara alla questione. Tuttavia, un’analisi più approfondita ha rivelato che questa disposizione non fornisce una risposta definitiva: al contrario, si inserisce come un elemento che, sebbene rilevante, non possa essere utilizzato come  punto di riferimento.
L’art. 173 ha una sua importanza nella protezione degli interessi del promissario acquirente e nella risoluzione dei contrasti interpretativi sulla natura delle vendite effettuate dal curatore. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno sottolineato che non ha l’effetto di modificare radicalmente la disciplina già esistente nell’ambito della legge fallimentare. Piuttosto, introduce nuove disposizioni che vanno ad aggiungersi al quadro normativo preesistente.
Il ragionamento dei giudici di legittimità ha evidenziato la novità principale dell’articolo 173 del Codice della Crisi d’Impresa: la sua chiara disconnessione con la precedente normativa della legge fallimentare. Questa chiara distinzione emerge poiché l’articolo 173 introduce requisiti e disposizioni completamente nuovi, che non erano contemplati nell’articolo 72 della l. fall. In particolare, il nuovo articolo richiede che il promissario acquirente possa richiedere l’esecuzione del preliminare solamente se gli effetti della trascrizione non sono terminati prima dell’apertura della procedura fallimentare.
L’art. 173 menzionato non ha l’obiettivo di istituire un automatico potere purgativo derivante dal subentro del curatore nel contratto preliminare e dalla successiva vendita.
Infine, la corte ha affrontato la questione sollevata dal giudice di prime cure di Monza riguardo alla finalità protettiva dell’art. 72, ultimo comma, della l. fall. esaminando se tale finalità possa giustificare un’interpretazione divergente da quella finora adottata.
La risposta è stata negativa. Siffatta norma mira a proteggere il promissario acquirente che ha trascritto un preliminare di acquisto di una casa abitativa. Tuttavia, tale tutela è limitata al rischio di fallimento imminente del promittente venditore e non considera la posizione dei terzi titolari di diritti di prelazione.
La trascrizione del preliminare neutralizza il rischio di fallimento solo per quanto riguarda l’adempimento degli obblighi derivanti dal preliminare stesso. Tale tutela non si estende al creditore ipotecario, poiché si basa sugli effetti della pubblicità costitutiva prevista dal codice civile e non dalla legge fallimentare.
Di conseguenza, l’anteriorità della trascrizione del preliminare secondo il regime dell’art. 2645-bis del codice civile evita il rischio correlato al fallimento del promittente, ma non implica un cambiamento nei rapporti di priorità tra le iscrizioni ipotecarie già esistenti, a meno che non sia previsto specificamente dalla legge.
In sintesi, la finalità protettiva dell’art. 72, comma ottavo, della l. fall. non giustifica l’estensione del potere purgativo in caso di adempimento degli obblighi derivanti dal subentro del curatore nel contratto preliminare. Nemmeno l’obbligo assunto dal promittente venditore, poi fallito, di garantire la liberazione del bene dalle ipoteche trasforma la vendita privatistica in una vendita liquidatoria dell’attivo fallimentare.

Conclusioni

Alla luce delle argomentazioni dei giudici di legittimità, emerge chiaramente che la finalità protettiva sottesa all’art. 72, comma ottavo, della l.fall. non giustifica un’estensione del potere purgativo in caso di adempimento degli obblighi derivanti dal subentro del curatore nel contratto preliminare. Pertanto, ogni controversia deve essere risolta attraverso i normali mezzi privatistici, inclusa la garanzia per il caso di evizione prevista dal codice civile.

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