
È incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da PMA legittimamente praticata all’estero (sentenza n. 68), mentre risulta conforme a Costituzione (sentenza n. 69) la scelta del legislatore di non consentire l’accesso alla PMA alla single.
Consiglio: per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali.
I nuovi procedimenti di famiglia
L’opera, dal taglio agile ed operativo, si propone di offrire al professionista una guida ragionata per gestire le fasi cruciali del contenzioso familiare, così come novellato dalla cd. “Riforma Cartabia”, concentrandosi su quattro temi nodali: atti introduttivi, prima udienza, fase istruttoria, cumulo delle domande di separazione e divorzio. L’obiettivo è quello di fornire agli operatori del diritto una “bussola giuridica e processuale” per orientarsi tra le novità legislative e i risvolti applicativi, senza trascurare gli orientamenti giurisprudenziali. Il volume, aggiornato al D.Lgs. 164/2024, che apporta alcuni correttivi alla Riforma Cartabia, può contare su un approccio sistematico, concreto e innovativo, grazie all’apporto delle Autrici, avvocate e magistrate, le quali hanno partecipato alla redazione della Guida in una sorta di dialogo interdisciplinare, individuando gli argomenti processuali e sostanziali salienti nella materia, permettendo, altresì, di mettere a fuoco anche eventuali orientamenti e prassi virtuose.
Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.
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Ida Grimaldi, 2025, Maggioli Editore
24.00 €
22.80 €

I nuovi procedimenti di famiglia
L’opera, dal taglio agile ed operativo, si propone di offrire al professionista una guida ragionata per gestire le fasi cruciali del contenzioso familiare, così come novellato dalla cd. “Riforma Cartabia”, concentrandosi su quattro temi nodali: atti introduttivi, prima udienza, fase istruttoria, cumulo delle domande di separazione e divorzio. L’obiettivo è quello di fornire agli operatori del diritto una “bussola giuridica e processuale” per orientarsi tra le novità legislative e i risvolti applicativi, senza trascurare gli orientamenti giurisprudenziali. Il volume, aggiornato al D.Lgs. 164/2024, che apporta alcuni correttivi alla Riforma Cartabia, può contare su un approccio sistematico, concreto e innovativo, grazie all’apporto delle Autrici, avvocate e magistrate, le quali hanno partecipato alla redazione della Guida in una sorta di dialogo interdisciplinare, individuando gli argomenti processuali e sostanziali salienti nella materia, permettendo, altresì, di mettere a fuoco anche eventuali orientamenti e prassi virtuose.
Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.
La sentenza n. 68/2025
La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 8 della legge n. 40/2004, per violazione degli artt. 2, 3 e 30 Cost., nella parte in cui non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha manifestato il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale.
Violazioni costituzionali riscontrate
La Consulta ha ritenuto che l’impedimento al nato in Italia di ottenere fin dalla nascita lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che ha prestato il consenso alla pratica fecondativa all’estero unitamente alla madre biologica non garantisce il miglior interesse del minore e infranga:
- l’articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell’identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto fin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile;
- l’articolo 3 della Costituzione, per l’irragionevolezza della disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale;
- l’articolo 30 della Costituzione, in quanto collide coi diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e verso entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.
I principi affermati dalla Corte
La pronuncia si fonda su due rilievi principali:
-
Il vincolo di responsabilità genitoriale: quando due persone decidono di accedere insieme alla PMA, si assumono un impegno genitoriale comune. Tale responsabilità, una volta assunta, non può venire meno, in particolare per la madre intenzionale.
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L’interesse del minore: il figlio ha diritto a ricevere, da entrambi i genitori, tutela, mantenimento, educazione, istruzione e assistenza morale. Il mancato riconoscimento giuridico della madre intenzionale lede gravemente tali diritti fondamentali.
Conseguenze del mancato riconoscimento
Negare, fin dalla nascita, lo status di figlio nei confronti della madre intenzionale comporta un duplice pregiudizio:
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Preclude il pieno esercizio dei diritti del minore nei confronti di entrambi i genitori;
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Ostacola la formazione di un rapporto stabile, continuativo ed equilibrato con entrambi i rami parentali.
La Consulta sottolinea come il diritto del bambino a una rete affettiva e giuridica completa sia parte integrante del suo diritto all’identità personale.
L’irrilevanza dell’orientamento sessuale
Infine, la Corte ribadisce che l’omosessualità della coppia genitoriale non costituisce un ostacolo al riconoscimento del legame filiale. Come affermato già nelle sentenze n. 32/2021 e n. 33/2021, l’orientamento sessuale:
-
Non contrasta con valori o principi costituzionali;
-
Non compromette la capacità genitoriale.
La giurisprudenza costituzionale e di legittimità ha escluso che vi siano certezze scientifiche secondo cui crescere in una famiglia omogenitoriale arrechi danni allo sviluppo del minore. L’ordinamento offre strumenti adeguati per intervenire, caso per caso, in presenza di inidoneità genitoriale o dichiarazioni false, indipendentemente dal modello familiare.
La sentenza n. 69/2025
Con la sentenza n. 69/2025, la Corte Costituzionale ha affrontato la questione dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) da parte della donna single. In particolare, ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge n. 40/2004, che limita l’accesso alla PMA alle sole coppie eterosessuali.
La discrezionalità del legislatore
La Consulta ha richiamato la propria precedente giurisprudenza (sentenza n. 221/2019), confermando che spetta al legislatore individuare i soggetti ammessi alla PMA. Questa scelta rientra nella sua discrezionalità normativa, purché non si oltrepassino i limiti della manifesta irragionevolezza o sproporzione.
La Corte ha sottolineato che la regolazione dell’accesso alla PMA implica valutazioni complesse. Infatti, essa coinvolge non solo profili scientifici e tecnici, ma anche aspetti bioetici e relazionali, con riflessi significativi sul piano sociale e familiare.
L’assenza di un modello costituzionalmente vincolato
La Corte ha ribadito che la Costituzione non impone un unico modello familiare. Essa, infatti, non si limita a riconoscere le famiglie eterosessuali fondate sul matrimonio. Al contrario, accoglie modelli familiari evolutivi, come affermato anche nella sentenza n. 138/2010.
Di conseguenza, l’ordinamento non esclude a priori la genitorialità della donna singola, della coppia omosessuale o della coppia in età avanzata (sentenza n. 230/2020). Tuttavia, ciò non significa che la Costituzione imponga al legislatore di riconoscere in ogni caso l’accesso alla PMA a tutti i soggetti.
La differenza con la sentenza n. 68/2025
Nella sentenza n. 68/2025, la Corte ha tutelato l’interesse del minore nato in Italia a seguito di PMA effettuata all’estero, riconoscendo il legame con la madre intenzionale. Tuttavia, in quella decisione la Corte ha valorizzato l’interesse del minore già nato, mentre nella presente pronuncia viene in rilievo la disciplina ex ante, prima del concepimento.
L’interesse all’autodeterminazione procreativa
La Corte ha escluso che la donna singola possa rivendicare un diritto alla genitorialità. L’interesse all’autodeterminazione procreativa, pur tutelato dall’art. 2 Cost. e dall’art. 8 CEDU (tramite l’art. 117, primo comma, Cost.), non corrisponde a una pretesa di genitorialità illimitata, né coincide con le possibilità offerte dalla tecnica.
Questo interesse deve essere bilanciato con altri valori costituzionali, come l’interesse del futuro nato. In quest’ottica, la scelta legislativa di non avallare un progetto procreativo che esclude a priori la figura paterna resta, per la Consulta, riconducibile al principio di precauzione.
Sproporzione e irragionevolezza escluse
La Corte ha valutato che tale compressione dell’autodeterminazione procreativa non risulti manifestamente sproporzionata o irragionevole. L’attuale assetto normativo, infatti, trova giustificazione nel bilanciamento tra aspirazioni individuali e tutela dei nascituri.
Per le stesse ragioni, la Corte ha respinto anche le censure sollevate con riferimento all’art. 32 Cost. L’infertilità per ragioni legate all’età non costituisce una patologia e, pertanto, non rientra nell’ambito di tutela del diritto alla salute.
Sull’argomento della disparità economica
Un’ulteriore censura riguardava la disparità di trattamento tra donne abbienti e meno abbienti. Le prime potrebbero accedere alla PMA all’estero, mentre le seconde no. Anche questa questione è stata ritenuta infondata.
La Corte ha già chiarito che l’eventuale elusione all’estero non impone di adeguare la normativa nazionale alla legislazione estera più permissiva. Diversamente, il principio di eguaglianza sarebbe snaturato (sentenza n. 221/2019).
Conclusione: legittimità dell’art. 5 della legge n. 40/2004
In conclusione, la Corte ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consente alla donna singola l’accesso alla PMA. Nessuna violazione è stata ravvisata con riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 117, primo comma, Cost., né in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU.
La scelta legislativa resta, dunque, costituzionalmente legittima.