Pensione di reversibilità e coppie omosessuali: le Sezioni Unite rinviano alla Consulta

L’ordinanza interlocutoria delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione n. 19596 del 15 luglio 2025 (clicca qui per consultare il testo integrale dell’ordinanza), solleva una delicata questione di legittimità costituzionale: è conforme agli artt. 2, 36 e 38 Cost. la mancata estensione della pensione di reversibilità al partner superstite di una coppia omosessuale, formalmente unita all’estero, in caso di decesso avvenuto prima della legge n. 76/2016 (c.d. Legge Cirinnà)? Per un approfondimento su questi temi, ti consigliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, acquistabile cliccando su Shop Maggioli o su Amazon.

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Ida Grimaldi,
Avvocato cassazionista, esperta in materia di diritto di famiglia e tutela dei minori, lavoro e discriminazioni di genere. È docente e relatrice in numerosi convegni nazionali, dibattiti e corsi di formazione. Autrice e curatrice di diverse opere in materia di diritto di famiglia e minorile, lavoro e pari opportunità, scrive per numerose riviste giuridiche ed è componente del Comitato Scientifico della rivista “La Previdenza Forense”, quadrimestrale della Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.

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Una sentenza mediatica

L’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pubblicata il 15 luglio 2025, riguarda un caso significativo destinato a incidere sull’interpretazione dei diritti delle coppie omosessuali superstiti in Italia, in merito alla tematica della pensione di reversibilità. Le questioni giuridiche e sociali che affiorano dalla vicenda sono di enorme impatto: dall’efficacia, nel tempo, delle leggi sulle unioni civili, fino ai limiti attuali della tutela costituzionale delle persone LGBTQ+ e dei diritti dei bambini nati da coppie omogenitoriali.

La vicenda

Riguarda una coppia omosessuale stabilmente convivente in Italia, ma unita in matrimonio a New York nel 2013. A seguito della morte di uno dei due partner, avvenuta prima dell’entrata in vigore della Legge cd. Cirinnà, e la successiva trascrizione del matrimonio negli atti italiani quale unione civile, il superstite e il figlio minore avevano richiesto il riconoscimento della pensione di reversibilità. L’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) si era opposto, respingendo la domanda tesa a ottenere la prestazione, quindi giustificando il rifiuto e ancorandolo alla non retroattività della riforma del 2016. All’esito di un articolato percorso nei primi due gradi di giudizio e del ricorso in Cassazione, la Prima Sezione Civile, con l’ordinanza interlocutoria n. 22992/2024 (per la quale avevamo già proposto un approfondito commento), ha invocato l’intervento delle Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi su profili di rilevante impatto sistemico e costituzionale.

Dalla Legge del 1939 alla Legge Cirinnà

La disciplina originaria, tuttora vigente per alcuni aspetti, è quella dell’art. 13 del R.D.L. 636/1939, norma istitutiva della pensione di reversibilità a favore, tra gli altri, del “coniuge superstite” e dei figli minori o inabili. La norma escludeva dall’ambito dei beneficiari sia i conviventi more uxorio (differenti dai coniugi) sia, a fortiori, i partner di unioni tra persone same sex.

Una svolta parziale arriva con la Legge n. 76/2016, la cd. Legge Cirinnà, che introduce le unioni civili tra persone del medesimo sesso, attribuendo alle stesse la generalità dei diritti e obblighi derivanti dal matrimonio civile, inclusa pensione di reversibilità. Tuttavia, il legislatore non ha previsto alcuna norma sulla retroattività: i diritti spettano solo per le unioni civili costituite e riconosciute a seguito dell’entrata in vigore della legge (5 giugno 2016). I matrimoni contratti all’estero, in virtù del D.lgs. n. 7/2017, vengono equiparati alle unioni civili, tuttavia sempre senza effetti retroattivi.

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La lettura del giudice del gravame

Nella fattispecie esaminata dall’ordinanza, la Corte territoriale meneghina aveva riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità sia al partner superstite, che aveva contratto matrimonio all’estero col de cuius, sia al figlio minore, in considerazione della necessità di una ermeneutica costituzionalmente e convenzionalmente orientata. Per i giudici d’appello, la stabile relazione, il matrimonio validamente contratto all’estero e la successiva trascrizione in Italia come unione civile dovevano risultare sufficienti al riconoscimento del diritto.

L’INPS, dal canto suo, ha interposto impugnazione alla sentenza d’appello, sostenendo:

  • l’irretroattività delle norme sulle unioni civili (i diritti nascono solo per i decessi avvenuti dopo il mese di giugno 2016);
  • il rispetto dell’ordine pubblico e del principio di legalità, vista la mancanza, al momento del decesso, di un riconoscimento formale dell’unione nel diritto italiano;
  • la non equiparabilità, per la Consulta e la Cassazione, tra la situazione della coppia eterosessuale sposata e quella della coppia omosessuale, almeno fino all’introduzione di una disciplina espressa.

Gli highlights delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno ritenuto la questione non pacifica, quindi hanno sospeso il giudizio, rimettendo alla Corte Costituzionale la valutazione sulla legittimità dell’assetto normativo.

Tra i punti cardine della decisione, emergono:

  • il principio di irretroattività: la normativa sulle unioni civili (L. 76/2016) non contiene alcuna espressa previsione di retroattività; per l’effetto il diritto alla reversibilità si cristallizza sulla normativa vigente al momento del decesso, escludendo il partner superstite di una coppia omosessuale da tale diritto se il decesso è avvenuto prima di giugno 2016;
  • distinzione tra matrimonio, unione civile e convivenza: la Cassazione ribadisce il costante orientamento per cui il “coniuge” cui fa riferimento l’art. 13 del R.D.L. 636/1939 non risulta assimilabile al convivente more uxorio ovvero a figure giuridiche differenti dalla coppia sposata, almeno per le situazioni anteriori alla riforma;
  • rilievo della formalizzazione estera: pur riconoscendo la peculiarità della fattispecie (matrimonio omosessuale contratto all’estero e trascritto dopo il decesso), la Corte ritiene che pure tale situazione rimanga priva di effetti in Italia fino alla Legge Cirinnà;
  • limiti dell’interpretazione conforme o della disapplicazione per contrasto col diritto UE: per la Cassazione non è possibile aggirare tale assetto tramite un’interpretazione conforme o la disapplicazione della norma interna, poiché la direttiva UE 2000/78 attribuisce agli Stati membri un elevato margine di manovra nel regolare stato civile e prestazioni collegate. Neppure la giurisprudenza di Strasburgo, né quella della Corte di Lussemburgo impongono il riconoscimento retroattivo.

Le ragioni per la rimessione alla Consulta

L’elemento di maggiore novità dell’ordinanza risiede nella rimessione alla Corte Costituzionale, fondata sul dubbio che l’attuale assetto normativo sia in contrasto con gli articoli 2, 36 e 38 della Costituzione:

  • l’art. 2 impone la tutela dei diritti inviolabili della persona, pure all’interno delle formazioni sociali dove si sviluppa la personalità umana. Le unioni omosessuali, in particolare quando formalizzate all’estero, sono parte di queste formazioni sociali e meritano piena tutela;
  • l’art. 36 e l’art. 38 collegano il diritto alla pensione, tra cui quella di reversibilità, alla tutela della dignità della persona e delle esigenze di vita del nucleo familiare.

La questione sollevata dai giudici riguarda la circostanza che, per una coppia omosessuale verso cui la formalizzazione dell’unione risultava giuridicamente preclusa in Italia, la discriminazione rispetto alle coppie eterosessuali non può essere giustificata con una mera applicazione meccanica del principio di irretroattività delle leggi. In altre parole, escludere dal beneficio chi era strutturalmente impossibilitato a riconoscere in Italia il proprio vincolo può rappresentare, oggi, una violazione dei principi di uguaglianza e dignità fissati dalla Carta fondamentale. Le Sezioni Unite approdano a tali conclusioni valorizzando tanto la recente giurisprudenza costituzionale sul riconoscimento dei diritti fondamentali nelle formazioni sociali (sentenze Corte Cost. nn. 66/2024, 148/2024), quanto la natura solidaristica della pensione di reversibilità, considerata garanzia essenziale per la sicurezza sociale anche in ipotesi di morte del partner.

Quale futuro per i diritti delle coppie omosessuali?

La rimessione della questione alla Corte Costituzionale non rappresenta solamente un atto dovuto, bensì la presa d’atto che la tematica richiede un rinnovato bilanciamento tra il principio di legalità e certezza del diritto (comprese le ragioni del contenimento della spesa pubblica), e il diritto a una reale parità di trattamento anche tra situazioni che, a causa di limiti normativi ormai superati, risultavano inevitabilmente discriminate. La Consulta, grazie alla pronuncia in disamina, è chiamata a decidere:

  • se e in che limiti il diritto alla reversibilità debba essere esteso, in via retroattiva, agli uniti omosessuali che, pur avendo contratto validamente matrimonio all’estero, si sono visti negare qualsiasi riconoscimento degli effetti in Italia prima della Legge Cirinnà;
  • se la differenziazione di trattamento sia ancora sostenibile, alla luce di un quadro valoriale costituzionale in rapida evoluzione;
  • quali siano gli effetti di eventuali sentenze “additive” su prestazioni pregresse già godute da terzi e sulla tenuta complessiva del sistema previdenziale.

L’ordinanza delle Sezioni Unite civili in commento appare destinata a segnare il percorso dei diritti civili in Italia. Si tratta della prima volta in cui il massimo organo nomofilattico della giustizia ordinaria rimette alla Corte Costituzionale la valutazione dell’ampiezza dei diritti previdenziali delle coppie omosessuali per situazioni anteriori alla Legge Cirinnà e alla disciplina sulle unioni civili. Mentre la società italiana e la giurisprudenza europea si muovono verso una completa equiparazione dei diritti nell’ambito delle formazioni sociali, la definizione degli effetti della retroattività delle tutele resta il terreno su cui si giocherà, tramite la strada giudiziaria, il futuro prossimo delle garanzie di eguaglianza e dignità per tutti i cittadini, a prescindere dal loro orientamento sessuale e dalla data in cui hanno potuto “formalizzare” la loro unione.

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