Notifica PEC da indirizzo non ufficiale dell’Agente Riscossione

Con l’ordinanza n. 14407/2025 (clicca qui per consultare il testo integrale della decisione), la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla validità delle notificazioni a mezzo Posta Elettronica Certificata effettuate dall’Agente della Riscossione per mezzo di un indirizzo non inserito nei pubblici elenchi ufficiali, quale l’INI-Pec. La fattispecie concerne l’ipotesi per il contribuente di eccepire la nullità della notifica basandosi sulla mancata inclusione dell’indirizzo PEC del mittente in tali registri. Rifacendosi ad un suo recente orientamento, la Suprema Corte ha confermato che tale circostanza non inficia la validità della notifica, a meno che il contribuente non dimostri un concreto e sostanziale pregiudizio al proprio diritto di difesa. Il decisum evidenzia la rilevanza dei principi di leale collaborazione e buona fede che devono informare il rapporto tra Fisco e contribuente.

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I fatti

La vicenda trae origine dall’impugnazione, da parte di una società contribuente, della sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. L’appello era stato proposto contro la pronuncia di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale, la quale aveva annullato una cartella di pagamento relativa all’IMU per l’anno 2012 e il correlato avviso di accertamento.

Al centro della controversia vi era la validità della notificazione telematica dell’atto impositivo, che la società riteneva viziata in quanto proveniente da un indirizzo PEC dell’Agente della Riscossione non iscritto nei pubblici elenchi.

La Commissione Regionale aveva respinto tale eccezione, ritenendo che l’obbligo di utilizzo degli indirizzi PEC risultanti dai pubblici registri, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, riguardasse esclusivamente il destinatario della notifica, e non anche il mittente.

Avverso tale decisione, la società proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
Con i primi due, logicamente connessi, denunciava la violazione di norme rilevanti in materia di notificazioni elettroniche, quali:

  • l’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 602/1973,

  • l’art. 6-ter del D.Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale),

  • l’art. 16-ter del D.L. n. 179/2012.

Secondo la ricorrente, la validità della notifica a mezzo PEC presuppone che l’indirizzo del mittente sia inserito in uno dei pubblici elenchi previsti dalla normativa vigente, quale garanzia di autenticità e riferibilità dell’atto all’Amministrazione finanziaria competente. In mancanza di tale requisito, la notifica dovrebbe considerarsi nulla per provenienza da mittente non abilitato, con conseguente incertezza sulla paternità dell’atto.

Con il terzo motivo, infine, la società lamentava la violazione dell’art. 156 c.p.c., sostenendo che il vizio notificatorio non fosse sanabile, poiché relativo a un elemento essenziale dell’atto e idoneo a pregiudicarne l’efficacia.

La decisione

La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i primi due motivi di ricorso, ritenendoli infondati. Nel farlo, ha richiamato un proprio recente e conforme precedente (Cass., Sez. V, 3 luglio 2023, n. 18684), concernente una fattispecie del tutto analoga.

Il principio affermato è chiaro: in materia di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale da parte dell’Agente della Riscossione, la mera assenza dell’indirizzo PEC del mittente dal registro INI-PEC non invalida automaticamente la notifica. Tale irregolarità, infatti, non esclude di per sé la presunzione di riferibilità dell’atto al soggetto da cui formalmente proviene.

Secondo la Corte, affinché una notifica possa essere ritenuta invalida per irregolarità dell’indirizzo PEC, è onere del contribuente dimostrare un concreto pregiudizio al proprio diritto di difesa, direttamente riconducibile all’utilizzo di un indirizzo non presente nei registri ufficiali.

I giudici hanno inoltre chiarito che l’obbligo di utilizzare un indirizzo risultante dal registro INI-PEC riguarda — secondo l’art. 3-bis della L. n. 53/1994 — il solo destinatario della notifica. Per il mittente, la normativa richiede semplicemente l’uso di un indirizzo di posta certificata tratto da pubblici elenchi, senza specificare quale.

Pertanto, anche nel caso in cui l’Agente della Riscossione utilizzi un indirizzo PEC non presente nei registri pubblici (INI-PEC, RegIndE, IPA), la notifica non è automaticamente nulla, soprattutto se tale indirizzo consente comunque — anche visivamente — di identificarne l’origine istituzionale.

Questo orientamento si fonda su un’interpretazione conforme ai principi di leale collaborazione e buona fede che regolano il rapporto tra fisco e contribuente. Se l’indirizzo PEC utilizzato, pur non formalmente registrato, è riconoscibile come appartenente all’Amministrazione, spetta al contribuente dimostrare di aver subito un effettivo pregiudizio difensivo.

Nel caso di specie, la società ricorrente non ha fornito alcuna prova di un concreto pregiudizio. La semplice affermazione del rischio di malware all’apertura del messaggio è stata ritenuta generica e irrilevante, anche in considerazione del fatto che la società aveva effettivamente aperto il messaggio PEC, ricevuto l’avviso di iscrizione ipotecaria e tempestivamente proposto impugnazione. Ciò dimostrava, secondo la Corte, la piena consapevolezza della provenienza e la piena fruibilità dell’atto notificato.

Conclusioni

In applicazione di tali principi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, assorbendo il terzo motivo. La società ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese di lite. L’ordinanza consolida un indirizzo giurisprudenziale che tende a dare prevalenza alla sostanza sulla forma nelle procedure di notificazione telematica, focalizzandosi sulla tutela effettiva del diritto di difesa del contribuente piuttosto che su mere irregolarità formali che non abbiano comportato un reale nocumento. Resta fermo l’onere per il contribuente di specificare e provare quali concrete limitazioni al proprio diritto di difesa siano scaturite dalla ricezione di una PEC da un indirizzo non ufficialmente censito.

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