Il regime della distribuzione dei carburanti lungo le arterie stradali e, soprattutto, autostradali, argomento il cui quadro normativo, regolamentare ed amministrativo si procederà a ricostruire ed illustrare nel presente scritto, è regolato da una fitta serie di norme statali e regionali di particolare complessità, ed è destinato a intrecciarsi con le numerose, ulteriori regole dettate per la circolazione stradale, per lo statuto speciale delle autostrade, per le gare pubbliche nelle concessioni amministrative e per molte altre branche industriali di particolare rilevanza economica.
Quanto alla competenza legislativa in materia, va anzitutto rilevato che, ai sensi dell’art. 105 del d.lgs. 31.3.1998, n. 112, “1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente indicate negli articoli del presente capo e non attribuite alle autorità portuali dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni e integrazioni. 2. Tra le funzioni di cui al comma 1 sono, in particolare, conferite alle regioni le funzioni relative: … f) al conferimento di concessioni per l’installazione e l’esercizio di impianti lungo le autostrade ed i raccordi autostradali”.
Con riguardo alla competenza legislativa della Regione Lazio, ambito territoriale dove è accaduta la vicenda da cui trae origine il presente scritto, rileva poi la l.r. 2.4.2001, n. 8, al cui art. 4 si prevede che “1. Le domande per il rilascio di concessioni per l’installazione di nuovi impianti di carburanti sono presentate al dipartimento regionale competente in materia, corredate di: a) assenso alla installazione dell’impianto da parte dell’Ente nazionale per le strade – ENAS o della società titolare della concessione autostradale; b) documentazione o autocertificazione dalla quale risulti che il richiedente è in possesso dei requisiti soggettivi nonché della capacità tecnico-organizzativa ed economica …; c) perizia giurata, redatta da un ingegnere o altro tecnico competente, … attestante la conformità dell’impianto alla normativa vigente al momento della domanda … 3. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda, completa della documentazione di cui ai commi 1 e 2, il dipartimento regionale competente in materia provvede al rilascio della concessione inviandone copia al richiedente”.
Alla luce di quanto preliminarmente qui esposto, sembrerebbe che la competenza procedimentale per il rilascio di concessioni all’installazione e all’esercizio di impianti di distribuzione carburanti lungo autostrade e raccordi autostradali appartenga alla Regione. Tuttavia, il provvedimento di concessione regionale è espressamente subordinato all’assenso da parte dell’ente proprietario delle strade, oggi ANAS S.p.A., il cui rilascio sembra consumare ogni profilo valutativo ed ogni discrezionalità amministrativa del procedimento in questione, sicché la Regione si troverebbe ad adottare unicamente il provvedimento finale sulla base del parere ANAS. Ciò trova conferma nel tenore letterale della norma, per cui la Regione “provvede” al rilascio della concessione, senza alcuna valutazione o condizione. L’assenso di ANAS assume dunque la veste di un parere endoprocedimentale e vincolante ai fini della conclusione del procedimento “principale”.
Viene poi in rilievo l’art. 24 del d. lgs. 30.4.1992, n. 285 (Codice della strada), a mente del quale “1. Le pertinenze stradali sono le parti della strada destinate in modo permanente al servizio o all’arredo funzionale di essa. … 4. Sono pertinenze di servizio le aree di servizio, con i relativi manufatti per il rifornimento ed il ristoro degli utenti, le aree di parcheggio, le aree ed i fabbricati per la manutenzione delle strade o comunque destinati dall’ente proprietario della strada in modo permanente ed esclusivo al servizio della strada e dei suoi utenti. Le pertinenze di servizio sono determinate, secondo le modalità fissate nel regolamento, dall’ente proprietario della strada in modo che non intralcino la circolazione o limitino la visibilità. … 5-bis. Per esigenze di sicurezza della circolazione stradale … le pertinenze di servizio relative alle strade di tipo A) [“Autostrade”, ex art. 2, comma 2, lett. A) del Codice della strada: n.d.r.] sono previste, secondo le modalità fissate dall’Autorità di regolazione dei trasporti, sentita l’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali, … dai progetti dell’ente proprietario”.
Prevede poi il d.P.R. 16.12.1992, n. 495, all’art. 61, come modificato dal d.P.R. 6.3.2006, n. 153, che “… 2. Gli impianti di distribuzione di carburante sono da considerare parte delle aree di servizio. La installazione e l’esercizio, lungo le strade, di impianti di distribuzione di carburanti liquidi e gassosi e di lubrificanti per autotrazione o di impianti affini, con le relative attrezzature ed accessori, è subordinata al parere tecnico favorevole dell’ente proprietario della strada nel rispetto delle norme vigenti”.
È dunque l’ente proprietario delle strade ed autostrade, in accordo con altre Autorità amministrative eventualmente competenti, a determinare le modalità di installazione ed esercizio degli impianti di distribuzione e delle altre aree di servizio lungo autostrade e raccordi autostradali, posto che questi rientrano tra le pertinenze stradali, e sotto il profilo tecnico devono essere autorizzate dall’ente proprietario della strada. Il parere di ANAS si pone dunque non soltanto come condizione per la concessione amministrativa (quale parere vincolante endoprocedimentale), ma deve altresì contenere tutte le condizioni e le modalità di realizzazione dell’impianto di distribuzione (quale parere tecnico), nonché i parametri tecnici di coordinamento e raccordo tra la stazione di servizio e la viabilità stradale e autostradale. Ciò significa altresì, non è superfluo precisarlo, che è l’ente proprietario della strada a stabilire, sotto il profilo tecnico, anche il numero e il tipo di servizi all’utenza che debbono essere presenti all’interno della stazione di rifornimento.
Inoltre, aggiunge il successivo art. 26 del Codice della strada che “1. Le autorizzazioni di cui al presente titolo sono rilasciate dall’ente proprietario della strada o da altro ente da quest’ultimo delegato o dall’ente concessionario della strada in conformità alle relative convenzioni … 2. Le autorizzazioni e le concessioni di cui al presente titolo sono di competenza dell’ente proprietario della strada e per le strade in concessione si provvede in conformità alle relative convenzioni”.
Pertanto, quello che era apparso come un incidente procedimentale dinanzi ad ANAS assume carattere di autonomo procedimento, a sé stante e fondamentale al rilascio della concessione per l’installazione dell’impianto, di cui il successivo passaggio dinanzi al competente dipartimento regionale costituisce mera ed automatica propagazione. Inoltre, assumendo le caratteristiche di parere vincolante, de facto determina il contenuto integrale del provvedimento amministrativo regionale di concessione.
Va da ultimo precisato che, secondo la giurisprudenza attualmente dominante, risulta altresì necessaria la conformità dell’impianto di distribuzione al Piano Regolatore Generale di zona, poiché “La localizzazione degli impianti di distribuzione dei carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici, essendo gli stessi ricompresi fra le opere catalogabili come opere di urbanizzazione secondaria ed infrastrutture complementari al servizio della circolazione stradale”. Pertanto, si rende altresì necessaria l’autorizzazione del Comune per l’installazione e per l’esercizio di simili impianti, poiché la distribuzione dei carburanti è questione in grado di influire su una pletora di interessi pubblici, anche di competenza comunale, quali la pubblica sicurezza della comunità locale. Infatti, “Ai fini dell’installazione e dell’esercizio di impianti di distribuzione dei carburanti, è necessario che venga rilasciata dal Comune un’autorizzazione, resa in conformità non solo alle disposizioni del piano regolatore, ma anche alle prescrizioni fiscali ed a quelle riguardanti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale”. A conferma di ciò, la giurisprudenza aggiunge che vige “il dettato dell’art. 1 comma 2, d.lgs. n. 32/1998, in base al quale l’autorizzazione degli impianti di distributori di carburanti è subordinata alla verifica della conformità alle disposizioni del Piano Regolatore, alle prescrizioni fiscali e a quelle concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alle disposizioni per la tutela dei beni storici e artistici, nonché alle norme di indirizzo programmatico delle Regioni”.
Inoltre, posto che “L’intervento consistente in un ampliamento volumetrico e funzionale, progettato in corso d’opera rispetto ad un impianto di distribuzione dei carburanti precedentemente autorizzato, non può essere considerato ammissibile in quanto abbisogna di uno specifico permesso di costruire per nuova costruzione”, si può concludere affermando che l’autorizzazione comunale assume la natura di titolo edilizio, da rilasciare nella forma del permesso di costruire laddove l’impianto non sia già stato previsto negli strumenti urbanistici sopra richiamati. V’è da dire che, in effetti, il rilascio di un permesso di costruire è un’eventualità piuttosto remota, posto che le aree che ANAS destina all’installazione di stazioni di rifornimento sono, oltre che adiacenti alla carreggiata autostradale, anche preventivamente individuate nei P.R.G. come zone di pertinenza autostradale.
A questo punto, sotto il profilo più strettamente processuale, occorre verificare se l’eventuale parere negativo di ANAS possa considerarsi immediatamente impugnabile e se, inoltre, determinando di fatto il rigetto della domanda dinanzi alla Regione, debba essere impugnato congiuntamente al provvedimento regionale ovvero autonomamente.
Sul punto, pare opportuno ricordare che normalmente la giurisprudenza esclude l’autonoma impugnabilità dell’atto endoprocedimentale, in quanto non dotato di immediata efficacia lesiva. L’interesse giuridico del privato viene di regola leso soltanto al momento dell’adozione della decisione amministrativa e dunque con il provvedimento che conclude il procedimento, che pertanto è il solo atto impugnabile. A tale regola fa eccezione l’atto che, pur endoprocedimentale, abbia carattere decisorio e, anzi, assuma efficacia determinante per la conclusione del procedimento e l’ottenimento da parte del privato del bene della vita.
Infatti, come ampiamente affermatosi in giurisprudenza, “la regola secondo la quale l’atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile (la lesione della sfera giuridica del soggetto destinatario dello stesso essendo normalmente imputabile all’atto che conclude il procedimento) incontra un’eccezione nel caso di atti di natura vincolata (pareri o proposte), idonei come tali ad imprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva, di atti interlocutori, idonei a cagionare un arresto procedimentale capace di frustrare l’aspirazione dell’istante ad un celere soddisfacimento dell’interesse pretensivo prospettato, e di atti soprassessori, che, rinviando ad un avvenimento futuro ed incerto nell’an e nel quando il soddisfacimento dell’interesse pretensivo fatto valere dal privato, determinano un arresto a tempo indeterminato del procedimento che lo stesso privato ha attivato a sua istanza idonei, come tali, ad imprimere un indirizzo ineludibile alla determinazione conclusiva”.
Più esplicitamente, di recente, “I pareri sono atti non provvedimentali, come tali valutativi e strumentali alla emanazione di un determinato provvedimento. Gli atti non provvedimentali non sono direttamente impugnabili, perché come tali insuscettibili di produrre effetti lesivi nelle situazioni giuridiche facenti capo a terzi. Fanno eccezione gli atti endoprocedimentali allorquando assumono carattere di immediata lesività, come nel caso di pareri vincolanti negativi, che non lasciano all’interessato alcun dubbio sul contenuto e sull’esito della decisione finale (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania – Napoli, sez. IV, n. 2467/2006”.
Addirittura, in una risalente ma non contraddetta pronuncia in materia di installazione di stabilimenti di stoccaggio e imbottigliamento di gas, “Gli atti previsti … sono definiti “nulla osta o benestare” e, pertanto, non hanno mera natura di pareri obbligatori ma non vincolanti, bensì hanno natura provvedimentale e, quando sono negativi, troncano il procedimento e rendono impossibile l’adozione dell’atto finale di autorizzazione all’impianto o alla gestione del deposito, con la conseguenza di essere, quindi, immediatamente lesivi ed impugnabili “ex se””. Suggerisce tale pronuncia che l’atto di competenza di ANAS, poiché denominato “nulla osta” o “benestare”, sia sostanzialmente esorbitante dall’alveo dei semplici pareri tecnici, piuttosto rappresentando un nomen legislativo atto espressamente a conferire a tali atti natura provvedimentale. Ipotesi questa che, pur suggestiva, non è stata poi riprodotta dalla giurisprudenza successiva, ma che ha un suo valore se si considera che il parere ANAS non costituisce stricto sensu un atto endoprocedimentale del procedimento dinanzi alla Regione, ma addirittura il provvedimento “finale” di un procedimento autonomo.
Proprio in tema di pareri vincolanti rilasciati dall’ANAS, è infine intervenuta una recente pronuncia secondo cui “La citata Delib. G.R. n. 72-2681 del 2001 subordina il rilascio della concessione al previo assenso dell’Anas, facendo di questo un passaggio vincolante ai fini del positivo della procedura. Non a caso, la sospensione del procedimento indotta dal parere negativo dell’Anas, come e più di un arresto procedimentale (che in ogni caso sarebbe lesivo), ha rappresentato nel caso di specie la sostanziale conclusione negativa del medesimo procedimento e come tale deve qui intendersi quale atto munito del requisito della lesività, in relazione al quale sussiste l’onere di immediata impugnazione (si veda Cons. St., sez. IV, 28 marzo 2012, n. 1829)”.
Sicché, il parere negativo di ANAS al rilascio di concessioni e autorizzazioni in materia stradale e autostradale, a prescindere che poi sopravvenga un provvedimento di rigetto della domanda da parte della competente Regione ovvero il procedimento si arresti semplicemente, comporta di fatto la conclusione negativa di tale procedimento, posto che il soddisfacimento del bene della vita è subordinato all’assenso della stessa ANAS.
Pertanto, determinando inevitabilmente il rigetto della domanda di concessione e la negazione del bene della vita perseguito, il parere negativo ANAS ben potrebbe considerarsi avente natura provvedimentale, immediatamente lesivo e pertanto dotato di autonoma impugnabilità.
Pare opportuno aggiungere infine che il regime concessorio della distribuzione dei carburanti non eccepisce alla regola concorsuale per la selezione del contraente gestore del servizio di distribuzione del carburante. Di regola, i lotti che ANAS bandisce a gara per l’individuazione di un contraente concessionario privato, al quale lasciare la gestione della distribuzione di idrocarburi nelle singole stazioni di servizio, hanno un’estensione territoriale amplissima.
Con la conseguenza che, usualmente, ENI S.p.A. e le altre imprese petrolifere, concessionarie della distribuzione da parte del concedente ANAS per interi lotti provinciali o regionali, non governano direttamente ogni singola stazione di servizio del lotto, ma ne affidano la gestione a loro volta a piccole imprese. Lo schema contrattuale (atipico) maggiormente utilizzato è il seguente: il concessionario petroliere concede a sua volta, in una sorta di comodato gratuito, le singole stazioni di servizio a imprese rivenditrici di carburanti, le quali si impegnano a gestire la stazione e i suoi numerosi servizi (di rifornimento di carburante, ristorazione, bar, lavaggio auto, ecc.) e a far rifornimento degli idrocarburi in via esclusiva presso il concessionario petroliere. Ciò consente il rispetto della par condicio concorrenziale di gara per la selezione del concessionario privato, e al contempo l’esternalizzazione e l’apertura della gestione delle singole infrastrutture a piccole ditte private.