Ogni diritto si estingue per prescrizione quando ricorrono due requisiti:
- il mancato esercizio del diritto da parte del titolare per il lasso di tempo stabilito dalla legge;
- l’eccezione sollevata dalla parte interessata ad ottenere la dichiarazione di estinzione del diritto[1].
Laddove il legislatore non stabilisca un termine specifico di prescrizione e non ci si trovi in presenza di diritti indisponibili, imprescrittibili o sottoposti a un termine di prescrizione più lungo[2], il termine di prescrizione ordinaria è di dieci anni (art. 2946 c.c.), contrariamente a quanto previsto nel codice civile del 1865, in cui il termine di prescrizione ordinaria era di trent’anni (art. 2935)
Il termine decennale è applicabile anche qualora un diritto, sottoposto a un termine di prescrizione più breve, venga riconosciuto con sentenza di condanna passata in giudicato (art. 2953 c.c.)[3], dove nel concetto di sentenza devono essere ricomprese non solo le sentenze vere e proprie ma anche i decreti ingiuntivi definitivamente esecutivi e i lodi arbitrali dichiarati esecutivi con decreto dell’autorità giudiziaria e devono invece essere escluse le pronunce di semplice accertamento[4].
Nel caso di condanna in futuro, la norma deve ritenersi applicabile qualora la pronuncia accerti un diritto attuale ad una prestazione da eseguirsi in futuro, con decorrenza dalla scadenza del termine stabilito per l’esecuzione. La norma è invece inapplicabile, ed è dunque applicabile l’eventuale termine più breve proprio del diritto, nel caso in cui la pronuncia riguardi diritti a prestazioni non ancora sorti, non potendo il giudicato spiegare effetti su diritti non attuali[5].
Il termine di prescrizione decennale si applica anche al risarcimento del danno da eccessiva durata del processo di cui alla legge Pinto, dal momento che essa prescinde dall’accertamento di un fatto illecito e costituisce un’obbligazione ex lege, anche se, di fatto, tale termine non avrà mai rilevanza pratica: infatti, tenuto conto che la legge pone un termine semestrale di proponibilità dell’azione decorrente dal momento in cui la decisione nel processo la cui durata sia ritenuta eccessiva è divenuta definitiva, il termine di prescrizione non inizierà a decorrere prima del decorso di tale termine semestrale di decadenza, mentre decorso tale termine l’azione non sarà più proponibile, rilevando dunque solo l’avvenuto decorso del termine di decadenza[6].
I diritti reali di godimento su cosa altrui si prescrivono per non uso ventennale (artt. 954, 3° co., 970, 1014, n. 1, 1026, 1073, 1° co., c.c.).
La prescrizione del risarcimento del danno da illecito extracontrattuale
Il diritto al risarcimento del danno derivante da illecito extracontrattuale si prescrive in cinque anni (art. 2947, 1° co., c.c.). Tale riduzione del termine è giustificata dal fatto che si tratta di fatti collegati a situazioni e comportamenti d’indole più fugace o passeggera[7] ed è limitata al solo diritto al risarcimento del danno, lasciando impregiudicata la possibilità di ricorrere ad altre azioni in conseguenza del fatto illecito, le quali resteranno soggette ai termini di prescrizione e decadenza loro specificamente applicabili[8].
Rientrano in questa fattispecie[9]:
- il diritto al risarcimento del danno spettante all’acquirente di un immobile, poi alienato ad un terzo primo trascrivente dallo stesso avente causa;
- l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicurazione per il danno derivante dalla circolazione dei veicoli;
- il diritto di surrogazione dell’assicurazione nei confronti del responsabile del sinistro ex art. 1916;
- il risarcimento del danno in forma specifica;
- il diritto alla riduzione in pristino per la violazione di norme edilizie;
- il diritto all’indennità spettante a chi abbia compiuto il fatto dannoso in stato di necessità ex art. 2045 c.c.;
- l’azione di regresso del danneggiato che abbia adempiuto per l’intero il debito risarcitorio nei confronti dei condebitori solidali;
- il risarcimento del danno derivante da illecito concorrenziale;
- il diritto al risarcimento del danno derivante da occupazione appropriativa.
A seguito della l. 24 dell’8 marzo 2017 (cd. “Legge Gelli-Bianco”), essendo qualificata come extracontrattuale la responsabilità del medico operante presso una struttura sanitaria, la relativa prescrizione sottostà al termine quinquennale, mentre resta decennale il termine di prescrizione della struttura sanitaria e quello del medico che abbia assunto un’obbligazione contrattuale nei confronti del paziente (art. 7).
Il dies a quo coincide con il giorno in cui il fatto si è verificato, intendendosi per fatto non solo l’azione o l’omissione del colpevole ma l’evento lesivo considerato nel suo complesso, comprendendovi dunque anche il verificarsi del danno[10].
In particolare, per quanto riguarda la prescrizione del diritto al risarcimento del danno per la contrazione di patologie, e in generale per i cd. danni lungolatenti, che si manifestano, cioè, a distanza di anni dalla condotta illecita, si scontrano l’opinione di chi fa leva sul criterio di obiettività, basato sul mero accertamento del trascorrere del tempo e quella di chi fa leva sul criterio di conoscibilità, basato sul parametro della normale diligenza da parte del danneggiato. Nel caso dei danni post-trasfusionali, prevale l’opinione di chi ritiene che il termine di prescrizione decorra dall’accertamento della riconducibilità della patologia alle trasfusioni praticate, essendo questo il momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile e riconoscibile usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto delle conoscenze scientifiche[11]. Così, sicuramente il termine inizia a decorrere non oltre il momento in cui il danneggiato presenta la domanda amministrativa di indennizzo (e non dal momento in cui la commissione medica ospedaliera fornisce il responso di cui all’art. 4 l. 210/1992), perché con tale domanda egli dimostra di avere conoscenza della possibile sussistenza del nesso di causalità fra le trasfusioni e la patologia da cui è affetta[12], mentre si ritiene che la prescrizione non decorra qualora il paziente si sia attivato diligentemente ma non abbia ricevuto chiarimenti in merito alla responsabilità altrui[13].
Discusso è il problema se il passaggio in giudicato della sentenza generica al risarcimento del danno o della sentenza penale che condanni l’imputato a risarcire i danni determini l’assoggettamento del diritto al risarcimento al termine di prescrizione ordinario. Coloro che rifiutano tale soluzione affermano che la sentenza di condanna generica ha natura essenzialmente cautelare, essendo finalizzata ad iscrivere l’ipoteca giudiziale sui beni del debitore e non costituendo, di per sé, titolo esecutivo[14]. In realtà, però, non può negarsi la natura di sentenza di condanna anche alla condanna generica, poiché la sentenza di liquidazione costituisce solo la determinazione quantitativa di un diritto già accertato, che concorre con la sentenza di condanna generica all’esecuzione forzata, e comunque il fatto che il giudice decida solo sull’an e non sul quantum non può mutare la natura della sentenza stessa[15].
La prescrizione del risarcimento del danno da circolazione di veicoli
Se il danno è prodotto da circolazione di veicolo il diritto al risarcimento si prescrive in due anni (art. 2947, 2° co., c.c.). La tesi più restrittiva ritiene che sia necessario un rapporto di causalità e non di mera occasionalità; altra tesi, invece, ritiene che la norma sia applicabile anche quando il danno non derivi dal movimento del veicolo ma, ad esempio dall’omissione di soccorso del conducente[16]. Non sono stati considerati veicoli e non è stata ritenuta dunque applicabile la norma in questione la cabina di una funivia, gli sci, i carrelli elettrici in movimento sulle banchine di una stazione ferroviaria e gli aerei[17]. La norma è stata invece ritenuta applicabile alla circolazione di natanti e imbarcazioni da diporto[18].
La prescrizione del risarcimento del danno da reato
Qualora il fatto (sia esso fonte di responsabilità contrattuale che extracontrattuale[19]) costituisca reato, si prescrive nello stesso termine di prescrizione del reato (art. 2947, 3° co., c.c.), anche qualora non sia stata esercitata l’azione penale[20], come definitivamente chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 27337 del 18 novembre 2008[21] valorizzando il dato letterale della norma, a tenore della quale “se il fatto è considerato dalla legge come reato” non consente la diversa interpretazione (che però era diventata prevalente dal 2002) secondo cui tale maggior termine sarebbe da porre in relazione con la procedibilità del reato; d’altra parte, la presentazione della querela, costituendo una condizione di procedibilità del reato e non una condizione di punibilità, riguarda esclusivamente l’aspetto processualistico e non quello sostanziale, e comunque l’ordinamento è ormai orientato al principio di autonomia del processo civile da quello penale, per cui il giudice civile può procedere autonomamente all’accertamento dei fatti, senza che il processo civile sia necessariamente vincolato alle sorti del processo penale[22].
La legge ha voluto così equiparare la sorte della pretesa punitiva del privato danneggiato alla pretesa punitiva dello Stato, evitando così che il condannato in sede penale resti esente dall’obbligo di risarcimento a causa dell’avvenuta più breve prescrizione civile: tale regola vale anche quando il termine di prescrizione del reato supera il termine ordinario di prescrizione decennale o il reato sia imprescrittibile[23].
Comunque, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, rientra in azione il termine di prescrizione quinquennale o biennale, decorrente dalla data di estinzione del reato o da quella in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile (art. 2947, 3° co., c.c.). Dato che la causa estintiva del reato è dichiarata con sentenza, la norma, parlando di sentenza irrevocabile, intende fare riferimento, oltre che alle sentenze e ai decreti penali di condanna, alle sentenze di proscioglimento per causa diversa dall’estinzione del reato (ma non al provvedimento di archiviazione)[24].
Questo regime, che di regola consente al danneggiato di restare, per tutta la durata del procedimento penale, in uno stato di attesa, rimanendo al riparo dal decorso del termine di prescrizione, lascia escluso, oltre al caso di archiviazione, solo quello in cui il procedimento penale si chiuda per prescrizione senza che vi sia stata costituzione di parte civile, fermo restando il diritto al risarcimento del danno qualora il termine di prescrizione del diritto al risarcimento sia più lungo di quello di prescrizione del reato o qualora il danneggiato abbia autonomamente provveduto ad atti civilistici interruttivi della prescrizione, potendo così accadere che il diritto civilistico al risarcimento del danno non risulti prescritto nonostante l’avvenuto intervento della prescrizione penalistica[25].
Nel caso di sentenza nel giudizio penale, interviene nuovamente il termine di prescrizione quinquennale o biennale ma, qualora la sentenza preveda anche il risarcimento dei danni in conseguenza dell’avvenuta costituzione di parte civile, il termine di prescrizione è quello generale decennale previsto dall’art. 2953[26].
Bisogna sottolineare che la norma si applica anche ai responsabili indiretti[27]. Non si applica, però, per quegli eventi che non costituiscono reato derivanti dal medesimo fatto che ha dato luogo ad eventi di reato[28].
Le prescrizioni quinquennali
Il codice prevede poi una serie di prescrizioni quinquennali (art. 2948 c.c., cfr. art. 2144 c.c. del 1865):
- 1) le annualità delle rendite perpetue o vitalizie;
- 1-bis) il capitale dei titoli di Stato emessi al portatore;
- 2) le annualità delle pensioni alimentari;
- 3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni;
- 4) gli interessi e tutto ciò che deve pagarsi ad anno o in termini più brevi (ma, a seguito di C. Cost., 10 giugno 1966, n. 63, la prescrizione del diritto alla retribuzione non decorre nel corso del rapporto di lavoro);
- 5) le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.
Si tratta, dunque, essenzialmente di prestazioni di dare di natura periodica.
Ci si è chiesti se il termine di prescrizione quinquennale valga solo per prestazioni a periodicità annuale o infrannuale o anche per quelle ricorrenti a periodi più lunghi dell’anno: dal momento che il requisito della periodicità annuale o infrannuale è esplicitamente previsto come condizione per l’applicabilità della norma, si ritiene che esso sia necessario per gli interessi e per tutte le prestazioni periodiche, fatta eccezione per le altre specificamente indicate negli altri numeri dell’articolo (comprendendovi anche le pensioni alimentari, dato che in questo caso il termine annualità è dovuto al fatto che esse di regola ricorrono a periodi annuali, senza però che tale periodicità sia da considerarsi necessaria per l’applicazione della norma sulla prescrizione)[29].
Nelle annualità delle rendite perpetue o vitalizie sono comprese le singole rate delle rendite (a prescindere dall’onerosità o dalla gratuità e dalla modalità della loro costituzione) e non il diritto complessivo alla rendita, che invece è soggetto al termine ordinario decennale[30].
Anche l’ipotesi di cui al n. 2 comprende le singole rate di qualsiasi pensione alimentare, a prescindere dalla modalità di costituzione[31].
Per quanto riguarda l’ipotesi del n. 3, essa comprende i canoni di qualsiasi prezzo di locazione in denaro o natura di immobili o mobili, ma non i canoni di mezzadria, avendo la stessa una regolamentazione completamente diversa dalla locazione, né tutto ciò che il conduttore debba al locatore a titolo diverso da quello di corrispettivo (ad esempio il risarcimento del danno per risoluzione del contratto per inadempimento o per ritardata restituzione della cosa locata)[32].
A proposito degli interessi, non è di ostacolo alla prescrizione la loro illiquidità. La loro fonte può essere sia legale che convenzionale: in quest’ultimo caso, il termine di prescrizione decorre dalle singole scadenze fissate convenzionalmente, mentre nel primo caso essi maturano giorno per giorno e, dunque, si deve ritenere che vi sia una data di scadenza che si ripete quotidianamente. Nel caso di interessi capitalizzati, cessa per ciò stesso l’applicazione della prescrizione quinquennale, alla quale saranno invece soggetti gli interessi maturati su quelli trasformatisi in capitale[33].
Per quanto riguarda “ciò che deve pagarsi ad anno o in termini più brevi”, deve trattarsi comunque di prestazioni aventi caratteristiche ontologiche similari a quelle delle altre categorie di prestazioni periodiche, ad esempio perché costituiscono accessorio di una prestazione principale (come i canoni enfiteutici o superficiari) o per prestazioni periodiche che derivano da un unico rapporto giuridico (come i contributi dovuti dagli associati all’associazione e i canoni di abbonamento per le forniture di acqua, gas, elettricità e telefonia), escludendo dunque:
- l’obbligo di restituire a rate un capitale, essendo così ogni rata soggetta a prescrizione ordinaria;
- quello di restituzione dei frutti della cosa altrui posseduta in mala fede, costituendo gli stessi parte della cosa e potendo essere richiesti con la stessa azione di rivendicazione;
- l’azione di rivalsa nei confronti dei condebitori spettante al creditore per alimenti che abbia pagato;
- l’azione per la ripetizione di somme indebitamente pagate a titolo di canoni periodici[34].
E’ invece discusso se, nel caso di quote di ammortamento di un debito, debbano applicarsi termini di prescrizione diversi per la parte relativa al capitale e per quella relativa agli interessi oppure il solo termine ordinario o il solo termine speciale quinquennale[35].
Infine, le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro comprendono l’indennità di preavviso nel caso di recesso senza preavviso, l’indennità spettante al lavoratore che recede per giusta causa, il trattamento di fine rapporto, l’indennità spettante in caso di morte del prestatore di lavoro ai congiunti superstiti e il termine decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro[36].
E’ previsto un termine quinquennale di prescrizione anche per i diritti derivanti dai rapporti sociali e per l’azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori (art. 2949 c.c.).
Per quanto riguarda i primi, deve trattarsi di rapporti al cui sorgere è essenziale il carattere sociale dell’ente, per cui non sorgerebbero se si trattasse di persone fisiche o di enti senza struttura sociale o, ancora, società irregolari o di fatto[37].
Le prescrizioni brevi
Sono previsti, poi, alcuni termini brevi di prescrizione.
In particolare, si prescrivono in un anno (decorrente dalla conclusione dell’affare[38] o, nel caso in cui la stessa gli sia dolosamente occultata, dal momento della conoscenza[39]) il diritto del mediatore al pagamento della provvigione (art. 2950 c.c.), a prescindere dal fatto che essa sia stabilita in una somma fissa, a percentuale o con la previsione di un sovrapprezzo[40], con l’esclusione, dunque, di eventuali altre prestazioni a cui il mediatore abbia diritto, come il rimborso delle spese o il risarcimento dei danni, con decorrenza dalla data di conclusione dell’affare, perché è da questo momento che sorge il diritto alla provvigione[41].
Stesso termine (identico per committente, mittente e destinatario[42]) è previsto per i diritti derivanti dai contratti di spedizione e trasporto (compreso quello a titolo gratuito o amichevole e quello misto via terra e via mare o via terra e via aria ma escluso quello via mare o via aria, essendo soggetto alle disposizioni specifiche del codice della navigazione[43]), con decorrenza, per quest’ultimo[44], dall’arrivo a destinazione della persona o dal giorno del sinistro o da quello in cui sarebbe dovuta avvenire la riconsegna della cosa al luogo di destinazione; un’eccezione è prevista nel caso in cui il trasporto (e la disposizione non si applica al contratto di spedizione[45]) abbia inizio o termine fuori dall’Europa, nel qual caso il termine è elevato a diciotto mesi (art. 2951 c.c.). Regole particolari sono previste per il trasporto ferroviario[46].
In materia di assicurazione sono previsti termini di prescrizione diversi (art. 2952 c.c.).
Il diritto al pagamento delle rate di premio si prescrive in un anno dalle singole scadenze.
Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione si prescrivono in due anno dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda, ad esclusione del contratto di assicurazione sulla vita i cui diritti si prescrivono in dieci anni.
E’ discusso se possano considerarsi “diritti derivanti dal contratto[47]:
- l’azione di annullamento;
- la ripetizione dell’indebito;
- il patto di gestione della lite.
La norma non trova invece applicazione[48]:
- per gli accordi transattivi o novativi conclusi fra assicuratore e assicurato;
- per l’azione di rivalsa dell’assicuratore nei confronti del terzo responsabile del danno;
- per il diritto al risarcimento del danno per mancato perfezionamento dell’assicurazione a causa del comportamento colposo dell’assicuratore.
Nell’assicurazione della responsabilità civile il termine decorre dal giorno in cui il terzo ha richiesto il risarcimento all’assicurato o ha promosso l’azione contro di lui.
La comunicazione all’assicuratore della richiesta del terzo danneggiato o dell’azione da questo proposta sospende il corso della prescrizione finché il credito del danneggiato non sia divenuto liquido ed esigibile oppure il diritto del terzo danneggiato non sia prescritto.
La stessa disciplina vale per il contratto di riassicurazione, ma è discusso se sia applicabile alle società mutue assicuratrici[49].
Anche per le assicurazioni marittime ed aeronautiche l’art. 547 cod. nav. prevede un termine di prescrizione annuale ma facendo salvo il disposto dell’art. 2952 c.c. con alcune precisazioni. In primo luogo, per la prescrizione del diritto al risarcimento dell’assicurato verso l’assicuratore, il termine decorre dalla data del sinistro ovvero da quella in cui l’assicurato provi di averne avuto notizia, e, in caso di presunzione di perdita della nave, dal giorno in cui questa è stata cancellata dal registro d’iscrizione. In secondo luogo, l’esercizio dell’azione per ottenere l’indennità, mediante abbandono delle cose assicurate, interrompe la prescrizione dell’azione per il conseguimento dell’indennità d’avaria, dipendente dallo stesso contratto e relativa allo stesso sinistro.
Si ritiene che le previsioni relative a termini brevi non abbiano carattere speciale e siano quindi suscettibili di applicazione analogica[50].
Le prescrizioni presuntive
Vi sono poi le prescrizioni presuntive, dette anche prescrizioni improprie[51] (il cui elenco è da tutti considerarsi tassativo[52]), che riguardano diritti di credito relativi alle più comuni relazioni commerciali della vita quotidiana[53], che, di regola, vengono esercitati dal titolare immediatamente o comunque entro un breve lasso di tempo dalla nascita del rapporto obbligatorio[54]: per questa ragione, trascorso un certo periodo di tempo, vi è una presunzione relativa di adempimento della prestazione da parte del debitore (ferma restando l’operatività eventuale della prescrizione estintiva quando ne decorra il termine[55]).
La giurisprudenza (al contrario della dottrina) esclude la possibilità di cumulare prescrizione presuntiva e prescrizione estintiva, basandosi la prima su una presunzione di avvenuto pagamento e la seconda essendo di regola utilizzata per non adempiere all’obbligazione, per cui le due eccezioni di prescrizione non potranno essere proposte contemporaneamente e non potrà essere proposta per la prima volta in appello l’eccezione di prescrizione estintiva qualora sia stata proposta in primo grado e respinta l’eccezione di prescrizione presuntiva. Qualora, poi, il convenuto sollevi l’eccezione di prescrizione senza precisare se si tratti di prescrizione estintiva o presuntiva, il giudice dovrà prendere in esame la sola prescrizione estintiva[56].
In realtà l’idea secondo cui l’operatività della prescrizione presuntiva sia necessariamente legata all’esistenza del debito lascia dei problemi aperti. Pensiamo al caso in cui il debitore adduca di aver pagato solo una parte del debito, contestando il resto: per quale motivo dovrebbe rinunciare a far valere la prescrizione presuntiva per la parte del debito che ritiene di aver pagato[57]? Eppure la giurisprudenza è salda nell’affermare tale posizione, pur riconoscendo la possibilità di ricorrere alla prescrizione presuntiva solo per alcuni dei rapporti di credito in discussione qualora si tratti, appunto, di rapporti distinti (Cass. 19 ottobre 1993, n. 10332[58]).
E’ discusso se di queste prescrizioni costituisca elemento essenziale l’oralità (come sembrava essere nella versione del codice civile francese del 1804[59]), nel senso che si tratterebbe di casi in cui si è soliti soddisfare il debito, oltre che prontamente, senza formalità scritte, ma parte della dottrina sottolinea che tale requisito non è previsto dalla legge[60]. La giurisprudenza è ondivaga[61], poiché è la stessa Suprema Corte, da un lato, ad aver precisato che la prescrizione annuale dei crediti dei commercianti per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa commercio opera anche qualora siano state compiute delle formalità di documentazione (Cass. 15 dicembre 2013, n. 19183)[62] e, dall’altro, ad aver ritenuto che la stipula per iscritto o la previsione di dilazione o frazionamento del pagamento escluda che ci si trovi in presenza di una vendita al minuto, ma che non sia sufficiente a tal fine la mera sottoscrizione di un buono di consegna (Cass. 8 maggio 1995, n. 5008[63]) né l’iscrizione della compravendita nelle scritture contabili (Cass. 13 gennaio 2017, n. 763[64]).
In particolare il diritto degli albergatori e degli osti (e di tutti coloro che danno alloggio con o senza pensione) per l’alloggio e per il vitto si prescrive in sei mesi (art. 2954 c.c., cfr. art. 2138 c.c. del 1865). Albergatori e osti sono coloro che per professione danno alloggio e/o somministrano bevande al pubblico (eventualmente anche in assenza delle prescritte autorizzazioni[65]). Il requisito della professionalità non è invece richiesto per coloro che danno alloggio a pagamento con o senza pensione, a condizione, però, che la prestazione, pur occasionale, sia accompagnata da servizi accessori analoghi a quelli dell’alloggio in albergo, con l’esclusione, dunque, dell’operatività della norma nel caso di locazione di camere ammobiliate[66].
Si prescrive invece in un anno (art. 2955 c.c., cfr. art. 2139 c.c. del 1865) il diritto:
- degli insegnanti per la retribuzione delle lezioni impartite a mesi, giorni od ore;
- dei prestatori di lavoro (subordinato[67]) per le retribuzioni (comprendenti anche le maggiorazioni per il lavoro straordinario, festivo o notturno, le indennità per ferie non godute e ogni altro elemento accessorio, ma con l’esclusione di quanto costituisca mero rimborso spese[68]) corrisposte per periodi non superiori al mese;
- di coloro che tengono convitto o casa di educazioni e d’istruzione per il prezzo della pensione e dell’istruzione (incluse dunque le spese per carta, libri e altre somministrazioni fatte agli allievi[69]);
- degli ufficiali giudiziari per il compenso degli atti compiuti nella loro qualità (ma non per le relative spese, non essendo l’ufficiale giudiziario tenuto ad anticiparle[70]);
- dei commercianti per il prezzo delle merci vendute a chi non ne fa commercio (dovendosi far riferimento non alla qualifica oggettiva dell’acquirente ma alla natura oggettiva del contratto, dedotta dalle finalità economiche dell’acquirente e dalla destinazione della merce all’uso proprio dello stesso e della sua famiglia[71]);
- dei farmacisti per il prezzo dei medicinali, qualora la vendita sia effettuata al consumatore e non ad altri farmacisti o a un commerciante di prodotti farmaceutici[72].
Si prescrive, infine, in tre anni (art. 2956 c.c., cfr. art. 2140 del c.c. del 1865) il diritto:
- dei prestatori di lavoro (subordinato[73]) per le retribuzioni corrisposte per periodi superiori al mese;
- dei professionisti (discutendosi se vi rientrino anche coloro che esercitano una professione intellettuale per la quale non sia prevista l’iscrizione ad un albo[74]) per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle relative spese (qualora l’incarico non sia stato conferito con atto scritto[75]),;
- dei notai per gli atti del loro ministero (compreso il rimborso delle spese[76])
- degli insegnanti per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese.
Sono stati considerati esclusi dall’operatività delle prescrizioni presuntive[77]:
- le prestazioni effettuate da docenti universitari nell’ambito dell’attività di ricerca;
- il diritto di credito per le anticipazioni fatte dall’amministratore di condominio.
Il termine decorre dalla scadenza del diritto se si tratta di retribuzione periodica e dal compimento della prestazione negli altri casi. Nel caso degli avvocati, in particolare, non si guarda al compimento dei singoli atti difensivi ma alla data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che definisce il giudizio, dalla conciliazione delle parti, dalla revoca del mandato o, per gli affari non terminati, dall’ultima prestazione professionale (art. 2957 c.c.). Inoltre, qualora sia stato stabilito convenzionalmente o risulti dagli usi un termine di pagamento, la prescrizione decorre a partire da tale termine[78].
Nel caso di somministrazioni o prestazioni continuate (art. 2958 c.c.) il termine decorre dalle singole attività svolte se in sé definite e autonome, altrimenti dalla prestazione finale complessiva[79].
La particolarità della prescrizione presuntiva consiste nel fatto che, qualora la stessa venga eccepita in giudizio, si potranno presentare due situazioni. Qualora il debitore riconosca il proprio debito, l’eccezione di prescrizione sarà rigettata (art. 2959 c.c.): non è però sufficiente un’ammissione stragiudiziale[80]. In caso contrario, il creditore potrà soltanto deferire il giuramento decisorio al debitore (art. 2960 c.c.). Si ritiene, però, che siano utilizzabili anche i risultati della confessione ex art. 2730 c.c. resa spontaneamente dal debitore[81] o addirittura qualsiasi deduzione formulata dal difensore o l’impostazione difensiva da questi adottata, ritenendo incompatibili con la dichiarazione di avvalersi della prescrizione presuntiva quelle volte a negare il fatto costitutivo, a eccepirne l’invalidità o l’inefficacia, ad affermare che altri sia il soggetto tenuto all’adempimento o di aver adempiuto ad una prestazione esistente di contenuto diverso o ridotto o a contestare l’esattezza dei soggetti allegati dall’attore[82]. Sono invece considerate compatibili con l’eccezione di prescrizione presuntiva, oltre all’eccezione di adempimento, le affermazioni che implicano l’estinzione dell’obbligazione[83].
Una prescrizione presuntiva triennale (e biennale per gli ufficiali giudiziari), che sostituisce la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2143 c.c. del 1865, è stabilita altresì per la restituzione degli incartamenti relativi alle liti decise o altrimenti terminate per cancellieri, arbitri, avvocati e patrocinatori legali (art. 2961 c.c.). Essa riguarda solo la custodia dei documenti e non l’obbligo di restituirli in forza del diritto di proprietà[84].
[1] L. Bruscuglia, Prescrizione e decadenza, in U. Breccia – L. Bruscuglia – F. D. Busnelli – F. Giardina – A. Giusti – M. L. Loi – E. Navarretta – M. Paladini – D. Poletti – M. Zana, Diritto Privato – Parte Seconda, UTET, Torino 2004, 1212 s.
[2] Azzariti – Scarpello, Prescrizione e decadenza, in G. A. Micheli – G. Azzariti – G. Scarpello, Esecuzione forzata – Prescrizione e decadenza, II ed., Zanichelli – Il Foro Italiano, Bologna – Roma 1977, 320 s.; A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, X ed., Giuffré, Milano 1978, 143
[3] AA. VV., Istituzioni di diritto privato (diritto civile), VIII ed., Simone, Roma 2001, 205; Bruscuglia, cit., 1217
[4] Azzariti – Scarpello, cit., 321; A. Zoppini, Commento all’art. 2953, in P. Rescigno (a cura di), Codice civile – Tomo II – Libri V – VI, V ed., Giuffré, Milano 2003, 3749
[5] Azzariti – Scarpello, cit., 321
[6] D. Chindemi, Legge Pinto e termine di prescrizione, in Resp. civ. prev., 2010, 1297 ss.
[7] G. Azzariti – G. Scarpello, cit., 290
[8] Azzariti – Scarpello, cit., 292; A. Zoppini, Commento all’art. 2947, in Rescigno, cit., 3742
[9] Zoppini, cit., 3742 s.
[10] Azzariti – Scarpello, cit., 292; Zoppini, cit., 3742
[11] G. V. Agostinone, in nota a Cass. 8644/2016, in Foro it., 2016, I, 2440
[12] Cass. 8644/2016, cit., 2438
[13] G. V. Agostinone, in nota a Cass. 8644/2016, in Foro it., 2016, I, 2440
[14] Azzariti – Scarpello, cit., 322 s.
[15] Azzariti – Scarpello, cit., 324 s.
[16] Zoppini, ultimo cit., 3743
[17] Zoppini, ultimo cit., 3743
[18] G. Pavarin – M. Mantovani, Commento all’art. 2947, in G. Cian – A. Trabucchi, Commentario breve al codice civile, II ed., CEDAM, Padova 1984, 1945
[19] Cfr. Cass. 24988/2014, su cui M. Bona, La prescrizione più lunga prevista per il reato si applica anche alle azioni contrattuali contro i “responsabili indiretti”, in Resp. civ. Prev., 2015, 457 ss.
[20] Zoppini, ultimo cit., 3743
[21] Fra le sentenze successive che si pongono sulla stessa linea, cfr. Cass. 7543/2012, in http://www.comparazionedirittocivile.it/prova/files/ng_prescrizione_20120515.pdf
[22] su cui v. M. Bona, Reato e prescrizione dell’azione risarcitoria: con il revirement delle Sezioni Unite il termine più lungo trova applicazione anche in assenza di querela, in Resp. civ. Prev., 2009, 837 ss.
[23] Azzariti – Scarpello, cit., 293 s.
[24] Azzariti – Scarpello, cit., 295 s.
[25] Azzariti – Scarpello, cit., 295 ss.
[26] Azzariti – Scarpello, cit., 298
[27] Bona, ultimo cit., 457 ss.
[28] Zoppini, ultimo cit., 3743
[29] Azzariti – Scarpello, cit., 298 s.
[30] Azzariti – Scarpello, cit., 299; A. Zoppini, Commento all’art. 2948, in Rescigno, cit., 3742
[31] Azzariti – Scarpello, cit., 299
[32] Azzariti – Scarpello, cit., 300
[33] Azzariti – Scarpello, cit., 300 s.
[34] Azzariti – Scarpello, cit., 300 s.; Zoppini, ultimo cit., 3745
[35] Azzariti – Scarpello, cit., 301 ss.
[36] Azzariti – Scarpello, cit., 304 s.
[37] Azzariti – Scarpello, cit., 305; A. Zoppini, Commento all’art. 2949, in Rescigno, cit., 3746
[38] A. Zoppini, Commento all’art. 2950, in Rescigno, cit., 3746
[39] Cass. 24444/2011, in Corr. Giur., 2012, 24 ss., con nota di V. Carbone
[40] A. Zoppini, ultimo cit., 3746
[41] Azzariti – Scarpello, cit., 311
[42] Azzariti – Scarpello, cit., 313
[43] Azzariti – Scarpello, cit., 314 s.; A. Zoppini, Commento all’art. 2951, in Rescigno, cit., 3747
[44] Azzariti – Scarpello, cit., 313 s.
[45] Azzariti – Scarpello, cit., 313
[46] Azzariti – Scarpello, cit., 316 s.
[47] A. Zoppini, Commento all’art. 2952, in Rescigno, cit., 3748
[48] Zoppini, ultimo cit., 3748
[49] Zoppini, ultimo cit., 1348 (contra, Azzariti – Scarpello, cit., 319 s.)
[50] A. Zoppini, Commento all’art. 2946, in Rescigno, cit., 3741
[51] A. Genovese, Prescrizione presuntiva e crediti professionali nell’elaborazione giurisprudenziale, in Giust. Civ., 2010, 39 ss.
[52] Leban, cit., 686
[53] S. Barone, Riflessioni sull’eccezione di prescrizione presuntiva e sulla sua attualità, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 214 ss.
[54] Bruscuglia, cit., 1223; D. Leban, Artt. 2934-2969, in P. Cendon (a cura di), Commentario al codice civile – Artt. 2907-2969 – Tutela giurisdizionale – Esecuzione forzata – Prescrizione e decadenza, Giuffré, Milano 2008, 682 s.; Torrente – Schlesinger, cit., 148; F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, IX ed., Jovene, Napoli 2002, 119
[55] Bruscuglia, cit., 1223
[56] Barone, cit., 214 ss.; Leban, cit., 684 s.; Genovese, cit., 39 ss.
[57] Barone, cit., 214 ss.
[58] con nota di C. Cecere, in Giur. It, 1995, I, 88
[59] Barone, cit., 214 ss.
[60] Per questa seconda tesi, Genovese, cit., 39 ss.
[61] cfr. A. Zoppini, Commento all’art. 2954, in Rescigno, cit., 3749
[62] Leban, cit., 683 s.
[63] Leban, cit., 694
[64] in Foro it.,2017, I, 514
[65] Azzariti – Scarpello, cit., 326 s.; Leban, cit. 687
[66] Azzariti – Scarpello, cit., 326 s.; Zoppini, ultimo cit., 3749 s.. Afferma invece che il requisito è controverso Leban, cit., 687
[67] Azzariti – Scarpello, cit., 328
[68] Leban, cit. 692
[69] Leban, cit., 693
[70] Leban, cit., 693
[71] Leban, cit., 694
[72] G. Pavarin – M. Mantovani, Commento all’art. 2955, in Cian – Trabucchi, cit., 1952
[73] Azzariti – Scarpello, cit., 328
[74] Leban, cit., 699. Afferma che la norma faccia riferimento ai soli professionisti di cui all’art. 2233 c.c. A. Zoppini, Commento all’art. 2956, in Rescigno, cit., 3751; contra, Genovese, cit., 39 ss.
[75] In dottrina, Leban, cit., 700; in giurisprudenza, Cass. 763/2017, cit., 513 ss.
[76] Zoppini, ultimo cit., 3751
[77] Genovese, cit., 39 ss.
[78] Azzariti – Scarpello, cit., 333
[79] Bruscuglia, cit., 1222
[80] A. Zoppini, Commento all’art. 2959, in Rescigno, cit., 3752
[81] Bruscuglia, cit., 1223
[82] Zoppini, ultimo cit., 3752
[83] Zoppini, ultimo cit., 3753
[84] A. Zoppini, Commento all’art. 2961, in Rescigno, cit., 3754